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Gianluca Vialli ItalyGetty Images

Vialli 'avvisa' la Juventus: "Quest'anno sarà più dura vincere"

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Nella nuova Italia targata Roberto Mancini c'è anche una figura dall'importanza elevata per la forza e il carisma che è in grado di trasmettere a tutto il gruppo: Gianluca Vialli ricopre il ruolo di capo-delegazione azzurra, voluto fortemente dal presidente federale Gabriele Gravina.

Un ritorno in grande stile dopo aver affrontato a testa alta la malattia che l'ha colpito e cambiato, una rinascita in piena regola di cui non possiamo che essere felici. Intervistato da 'La Gazzetta dello Sport', Vialli è tornato indietro con la mente al 1992, ai momenti immediatamente successivi al ko in finale di Coppa dei Campioni della sua Sampdoria contro il Barcellona: dopo il fischio finale ci fu spazio per le lacrime.

"Sì, dopo la finale di Champions a Wembley contro il Barcellona, con un goal di Koeman a pochissimo dalla fine. Sapevo che sarebbe stata la mia ultima partita in blucerchiato e quindi c’era, dal punto di vista emozionale, un doppio carico. Anche Roberto (Mancini, ndr) era molto deluso e nello spogliatoio, quando tutti se n’erano andati, abbiamo cominciato a piangere. Boskov entrò e ci disse: 'Uomini non piangono, quando perdono partita'. Ma io non ci ho mai trovato niente di cui vergognarsi".

In passato fu richiesto dal Milan di Berlusconi a cui disse no: troppo forte il legame con la Sampdoria per poter accettare la corte del 'Cavaliere'.

"Ero alla Samp da due anni, ero talmente coinvolto nel progetto per cui non mi sembrava bello lasciare. Poi vivevo bene, ero pieno di amici, appunto i ragazzi della Samp, sole, mare, si mangiava bene. Il Milan era il nuovo Milan di Berlusconi, lo guardavamo con ammirazione. Però se sei innamorato di una ragazza, ne viene un’altra, fai fatica... In effetti non so se sia un paragone calzante, io a volte non ho fatto così fatica... Però ero troppo preso dalla Samp, la ragazza di allora".

Quest'anno la Juventus non avrà vita facile nella corsa per lo Scudetto: le rivali sono più forti e la sensazione che il dominio bianconero in Italia stia scricchiolando è palpabile.

"Credo che quest’anno sia difficile per la Juve. Ma questo al di là del cambiamento di allenatore. È quasi fisiologico, dopo nove anni, che gli altri abbiano trovato le contromisure e che tu possa sentirti un po’ appagato. Anche se il senso di appagamento alla Juve, io ne so qualcosa, non esiste, non è previsto. Alla Juve devi allenarti come se non avessi mai vinto una partita e devi giocare come se non ne avessi mai persa una. Però le altre adesso credo siano pronte a competere. Non so chi lo vincerà, ma credo che quest’anno le altre, oltre ad essersi rafforzate, forse sentiranno meno di prima che il campionato è scontato lo vinca la Juve. Sarà più aperto".

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