
Ecco, diciamo che se sei stato appena acquistato dall'Ajax per 12 milioni, maggior investimento fatto dall' Inter nell'estate del 2003, arrivare e sentirsi dire dal proprio tecnico che non ti conosce... beh, non è il massimo. Sono gli inciampi della carriera di Andy van der Meyde, che di problemi ne ha conosciuti ben altri, al punto da far sembrare questo episodio quasi banale.
Classe '79 nato ad Arnhem in Olanda, Van der Meyde è un'ala destra molto talentuosa che si fa un nome all' Ajax nel biennio 2001-2003. Una squadra, quella allenata da Ronald Koeman, che annovera tra le proprie fila gente come Chivu, Sneijder, Van der Vaart, Litmanen, Ibrahimovic. I lancieri piazzano il Double Eredivisie-Coppa nazionale nel 2002, mentre nella stagione successiva arrivano secondi in campionato per un solo punto dietro il PSV e raggiungono i quarti di Champions League. Van der Meyde è protagonista assoluto e mette assieme numeri che parlano da soli: 20 goal e ben 28 assist nel biennio, con un crescendo che lo mette nel mirino di Marco Branca , che a fine anno lo porta all'Inter.
In nerazzurro seguirà un altro biennio purtroppo non esattamente uguale al precedente. Hector Cuper, reduce dal buon secondo posto in campionato dietro la Juventus, dura sulla panchina soltanto fino a ottobre, nonostante la storica vittoria di Champions in casa dell' Arsenal ad Highbury, stadio fino a quel momento mai violato da una squadra italiana. Nel roboante 0-3 finale si ritaglia uno scatto memorabile anche Van der Meyde, autore di un fantastico goal a volo che piega le mani di Lehmann. Resterà il punto più alto della sua avventura milanese, visto che sia con Zaccheroni - subentrato in corsa a Cuper - sia con Mancini, arrivato nell'estate del 2004, non riuscirà a mostrare quanto sciorinato ad Amsterdam.
L'esterno olandese chiuderà le due stagioni all'Inter con appena 4 reti totali, mettendo comunque in bacheca una Coppa Italia nel 2005, prima di trasferirsi all'Everton, dove tuttavia le cose andranno peggio. Dell'esperienza in nerazzurro - oltre alla caratteristica esultanza con immaginario fucile puntato, che gli valse fin dai tempi dell'Ajax il soprannome di Dutch Sniper , ovvero il cecchino olandese - resta questo quadretto ai microfoni Mediaset.
"Non mi aveva comprato Cuper, lo aveva fatto il Ds Branca. E anche con lui son successe delle cose... Dopo una partita in cui io ed altri eravamo rimasti in panchina, nello spogliatoio scoppiò un vero e proprio casino, con l'allenatore in mezzo e i giocatori che insultavano Branca : Non sei tu a dover fare la formazione!".
Getty ImagesIn realtà, secondo quanto scritto da Van der Meyde nella sua autobiografia pubblicata nel 2012, l'avventura interista fin dall'inizio non era nata con lo spirito giusto.
"L'Ajax è stata l'unica squadra in cui mi sono divertito. Poi un giorno arrivò l'offerta importante dell'Inter. Accettai, nonostante Koeman non mi ritenesse ancora pronto per l'estero. Dopo una settimana a Milano, telefonai al team manager dell'Ajax David Endt implorandolo di riportarmi a casa. I soldi possono anche tenerseli, gli dissi. Mi consumava la nostalgia. Fu come lasciare un negozio di paese per una multinazionale. Tutto estremamente professionale, un giro di soldi pazzesco, il presidente che dopo ogni vittoria allungava ai giocatori 50mila euro a testa".
Fin qui è la classica vicenda di un talento che sul campo non mantiene le promesse e scivola indietro nelle scelte dei suoi allenatori, passando dall'essere una delle ali pure più devastanti d'Europa a giocatore in declino già a 26 anni. Ma questa è solo una piccola parte della storia, che per Van der Meyde scrive i capitoli più succosi fuori dal campo, alle voci sesso, alcol, droga, gioco d'azzardo, depressione, pillole. In una parola, eccessi, qualcosa peraltro inciso nel DNA familiare: " Mio padre era un alcolizzato e un giocatore incallito, con lui ho rotto ogni rapporto, tanto che quando entrai nelle giovanili dell'Ajax chiesi di giocare con il cognome di mia madre. Mi dissero di no ".
Secondo quanto racconterà lui stesso, il problema con l'alcol si palesò per la prima volta durante la seconda stagione nerazzurra, quando con Mancini scivolò definitivamente in panchina. Ma se pensate a eccessi 'normali', per quanto paradossale sia l'ossimoro, neanche vi avvicinate. A Milano infatti la sua prima moglie Diana aveva una grande passione per gli animali: ma non il gattino...
"Avevo uno zoo nel giardino di casa: cavalli, cani, zebre, pappagalli, tartarughe. Diana era la vera malata. Per lei rifiutai un trasferimento al Monaco: a Montecarlo ci sono solo appartamenti, mi disse, dove li mettiamo i nostri animali? Una sera scesi in garage, al buio, intravidi una sagoma imponente e udii suoni strani. Aveva comprato un cammello ...".
Nell'estate del 2005 dunque Van der Meyde rifiuta il Monaco per mancanza di spazi dove mettere tutto il bestiario e va a Liverpool per giocare nell' Everton, mentre la famiglia (nel frattempo sono nate due figlie) resta a Milano. È un disastro. Con Moyes gioca pochissimo e anche la sfortuna ci mette del suo, con un infortunio appena arrivato e poi un altro che lo mette fuori per mesi e lo fa ricadere nell'alcol. Mette assieme 10 gare il primo anno, 8 il secondo, poi addirittura finisce nella squadra riserve e per due anni esce di fatto dai radar del calcio. In mezzo c'è di tutto, con le dipendenze personali che si mangiano la vita dell'olandese e l'incontro con una spogliarellista che pone fine al matrimonio, visto che Diana assolda un investigatore privato e scopre la tresca.
Getty"All'Everton mi proposero uno stipendio di 37mila euro a settimana, più del doppio di quello che percepivo all'Inter - racconta nella sua autobiografia intitolata 'Nessuna Pietà' - Ci andai di corsa. La prima cosa che feci fu comprare una Ferrari e andare a sbronzarmi al News Bar, uno dei locali più in voga di Liverpool. La mia giornata terminò in uno strip-club. Andavo pazzo per le spogliarelliste. Lì conobbi Lisa e me ne innamorai subito. Nel suo mondo bere e sniffare cocaina era una cosa all'ordine del giorno. Ero fuori controllo, non riuscivo a dormire se non prendendo pillole. Era roba pesante, di quella da prendere con la prescrizione del medico. Quindi le rubavo dallo studio del medico del club. L'ho fatto per più di due anni. Poi è arrivata la cocaina, insieme a Bacardi, vino e feste in quantità. Capii che dovevo andarmene da Liverpool, o sarei morto ".
In una circostanza Van der Meyde viene anche ricoverato in ospedale dopo una notte in cui ha avuto problemi respiratori. Secondo la versione della compagna qualcuno avrebbe versato droga a sua insaputa nelle bevande alcoliche... Nel marzo 2010, dopo un paio d'anni buttati e la fine del contratto con l'Everton l'estate prima, Andy trova l'aiuto del tecnico del PSV Rutten che gli dà una chance per qualche mese, ma a Eindhoven non gioca un solo minuto, se non un'amichevole. Ad appena 29 anni è letteralmente un catorcio e dopo un altro tentativo di ripartire coi dilettanti del WKE, appende le scarpette al chiodo nel 2012.
Lì parte una risalita sul piano personale che comincia dall'autobiografia, in cui si toglie il peso di tutti i suoi demoni, e poi lo vede rimettere assieme la sua vita con una nuova compagna, Melissa, da cui ha altre due figlie. Nel mentre, nel 2014, arbitra la Coppa del Mondo in Lingerie, competizione il cui nome spiega esattamente di cosa si tratti...
-Poi diventa conduttore di un programma televisivo, partecipa a un reality show ed oggi ha una serie molto seguita sul suo canale YouTube , dove intrattiene altri calciatori nella sua auto ( ha partecipato Lukaku , tra gli altri). Recentemente sui social ha mostrato la sua trasformazione fisica massiccia, con tanto di allenamenti in guantoni da pugile. Insomma Van der Meyde non si sta annoiando neanche adesso. Perchè va bene ripulirsi dalle cose brutte, ma stiamo sempre parlando del vecchio Andy, del quale resta scolpita la sua filosofia alla voce donne...
" Il mio motto era: sempre e ovunque, fosse un'igienista dentale, una segretaria dell'Ajax, una ragazza conosciuta a un semaforo ".


