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Clarence Seedorf Filippo Inzaghi MilanGetty Images

Il Milan e la ‘Maledizione del 9’: tutto è partito dall’addio di Inzaghi

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Quarantaquattro goal segnati in nove stagioni, ovvero poco più meno di cinque per annata. Non sono le statistiche di una punta evidentemente non particolarmente prolifica, sono invece i numeri di tutti quei giocatori che negli ultimi anni hanno indossato la maglia numero 9 di una delle squadre più importanti del mondo: il Milan.

Il club meneghino nel corso della sua leggendaria storia, ha accolto alcuni tra i più grandi attaccanti di ogni tempo. Nordahl, Altafini, Van Basten e Weah, sono solo alcuni dei fuoriclasse che hanno contribuito a rendere iconici i colori rossoneri eppure, quando oggi si parla del Milan e del suo reparto offensivo, spesso viene pronunciata una di quelle parole che nessun giocatore, allenatore, dirigente e tifoso vorrebbe mai sentire: maledizione.

Quella con la quale si sta facendo in particolare i conti da anni in casa rossonera è la ‘Maledizione del 9’. Si tratta di un qualcosa che va ben oltre la sfortuna, di una situazione che in tanti hanno cercato di ribaltare senza successo. La cosa non è riuscita a Pato, che dopo i tanti goal realizzati al Milan, nella stagione 2012-2013 decide di abbandonare il suo 7 per indossare quella maglia sulla quale, ma lui ancora non può saperlo, pende una sorta di pesantissimo sortilegio. Il passaggio al 9 per lui vorrà dire appena due reti prima di un clamoroso addio.

Come lui non sono stati in grado di spezzare la 'maledizione' Alessandro Matri (1 goal in 18 partite), Fernando Torres (1 goal in 10 partite), Mattia Destro (3 goal in 15 partite), Luiz Adriano (6 goal in 29 partite), Gianluca Lapadula (8 goal in 29 partite), André Silva (10 goal in 40 partite) e non ci sono riusciti neppure Higuain, uno dei più grandi attaccanti al mondo che in rossonero si è dovuto accontentare di 8 reti in 22 presenze e Krzysztof Piatek, che pure con il Milan era partito forte realizzando 11 goal nelle sue prime 21 apparizioni, ma che poi ha deciso di sfidare la sorte e una volta preso il 9 ha visto la sua media realizzativa crollare e la qualità delle sue prestazioni abbassarsi al punto da rendere inevitabile una sua cessione.

Le cose non sono andate bene nemmeno per Mario Manduzkic che, approdato al Milan nel gennaio del 2021 dopo sei mesi di inattività per garantire alla squadra allenata da Pioli goal, esperienza e fisicità, ha visto la sua avventura all’ombra del Duomo scivolare via tra tanti inconvenienti di natura fisica e nessuna rete in 11 presenze (10 della quali in campionato).

Le statistiche parlano chiaro: coloro che negli ultimi anni hanno indossato al Milan quella che è la maglia che viene solitamente riservata ai bomber di razza, in un modo o nell’altro hanno fallito. Il prossimo che tenterà di sfatare il tabù sarà Olivier Giroud. Il centravanti transalipino, per storia e qualità sarà chiamato ad essere molto più di un vice Ibrahimovic, oltre che a fare molto meglio dei suoi predecessori.

Se il dare una spiegazione al perché di un qualcosa che fino a poche stagioni fa sarebbe stato difficile anche solo da immaginare è complicato, più semplice è invece individuare l'esatto momento nel quale il tutto è iniziato. C’è infatti una data ben precisa ed è tra l’altro marchiata a fuoco nel cuore di ogni tifoso rossonero: il 13 maggio 2012.

E’ l’ultima giornata di campionato, a San Siro arriva un Novara già matematicamente retrocesso. Anche il Milan ha poco da chiedere alla partita, visto che la Juventus ha già fatto suo lo Scudetto, ma quella che doveva essere una sfida di fine stagione come tante si trasforma in un evento che di fatto rappresenta la fine di un’era.

Gli ospiti passano in vantaggio con Garcia al 20’ e Flamini rimette il risultato in parità al 56’, poi al 67’ l’ovazione: Antonio Cassano lascia il posto a Filippo Inzaghi e il resto è storia.

Il numero 9 del Milan all’82’ si fionda su un pallone splendidamente offerto da Seedorf, stop a seguire di petto e gran destro con il quale fulmina Fontana. E’ la rete del 2-1, quella che vale i tre punti, la sua prima in quel campionato, la numero 126 in 300 partite esatte con la maglia rossonera addosso, l’ultima di un'incredibile carriera.

Inzaghi NovaraGetty

La successiva corsa sotto la curva racconta di un Inzaghi che ci teneva terribilmente a segnare quel goal. Due giorni prima aveva annunciato il suo addio al Milan e il miglior modo per congedarsi non poteva essere che quello. SuperPippo chiudeva così con un’esultanza, ma anche tra un fiume di lacrime, una storia lunga undici anni scandita da numeri che gli hanno permesso di meritarsi un posto tra i più grandi rossoneri di sempre.

“I miei compagni, lo stadio, questa società. E’ un qualcosa di magico. Mi sono fatto male a Torino ed ho pensato che fosse una sfortuna, invece oggi sono qui, ho giocato la mia trecentesima partita con il Milan davanti alla mia splendida famiglia ed ho anche segnato una rete. Ho visto i miei compagni, i tifosi, non ho parole. Sapevo che far goal oggi sarebbe stato fantastico, adesso però è dura. Sto benissimo, le gambe girano, sono tornato dopo un crociato, ma giocare lontano dal Milan per me sarebbe una cosa difficilissima”.

Parole d’amore quelle di Inzaghi, perché quella con il Milan è stata una storia d’amore. Un rapporto che va oltre i due Scudetti vinti, oltre le due Champions League messe in bacheca, oltre il Mondiale per Club, la Coppa Italia e le due Supercoppe Italiane. SuperPippo, nella Milano sponda rossonera, ha conquistato tutti con la sua scaltrezza, quella capacità innata di punire l’avversario e la voglia che lo portava sempre e comunque a dare tutto in campo. Tutte doti che sono proprie dei campioni e che lui aveva in abbondanza.

Quel 13 maggio 2012, insieme ad Inzaghi giocarono la loro ultima partita in rossonero anche Gattuso, Zambrotta, Nesta e Seedorf, uomini cardine di quello che forse sin qui è stato l’ultimo vero grande Milan. Da allora moltissime cose sono cambiate e si attende ancora quella scintilla che ‘faccia tornare tutto come prima’.

Inzaghi ha concluso la sua carriera da calcatore facendo ciò che gli è sempre venuto meglio, ovvero segnare, e nel lasciare per l’ultima volta quel campo sul quale tante gioie si era e aveva regalato, si è lasciato scappare una promessa, una delle tante mantenute.

“Tornerò in questa società, perché il Milan mi ha dato tutto e fra noi c’è un amore incredibile che non può finire”.

Inzaghi al Milan tornerà per allenare prima nel settore giovanile e poi la prima squadra. La sua seconda avventura in rossonero non è stata meravigliosa come la prima, ma nessuno potrà mai cancellare quanto fatto per quei colori ai quali il suo nome sarà per sempre legato. Inzaghi è stato per anni semplicemente sinonimo di goal in Italia e in Europa e il Diavolo è ancora in attesa di quel bomber che possa realmente raccogliere la sua eredità e mettere fine alla 'Maledizione del 9'. Che possa essere Olivier Giroud l'uomo giusto?

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