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SOTTIL HDGetty

L'Udinese, la Fiorentina e le 'sliding doors' a Catania: la partita dei Sottil

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Per comprendere al meglio quanto simbolismo ci sia in una nascita bisognerebbe scomodare il filosofo, e sociologo, spagnolo José Ortega y Gasset, secondo cui l’atto del nascere è la prima, vera, presa di coscienza del nostro stare nel mondo, ed esistere, come “Nostridad”, che è una parola che in italiano non esiste. Senza dilungarci troppo: quando veniamo al mondo smettiamo immediatamente di essere singoli individui, ma entriamo a far parte del “nostro” mondo, abitato da un insieme di altre persone che compongono, appunto, la “Nostridad”.

Il nostro legame con “l’altro” si fa quindi sin da subito fitto, tant’è che si deve subito, per Ortega y Gasset, parlare di “Nosotros”, inteso come “Nos”, noi, e “otros”, gli altri. Nascere, insomma, è un evento prevalentemente simbolico: nel caso dei Sottil questo simbolismo, per diversi motivi, è piuttosto significativo.

Ci sono due intrecci che occorre citare per comprendere al meglio i motivi che riescono a sorvolare sulla banalità del confronto “padre-figlio” che si consumerà, in campo, alla Dacia Arena in Udinese-Fiorentina nel prossimo turno di Serie A. Il primo riguarda proprio la nascita di Riccardo Sottil.

Andrea aveva appena concluso i suoi tre anni all’Atalanta quando suo figlio ha smesso di essere “potenza” e diventa “Nostridad”, per dirla alla Ortega y Gasset, ma non è qui che sta il simbolismo. Il fatto è che in quell’estate del 1999 dalla Dea il difensore si trasferisce all’Udinese. E no, non può essere un caso.

Non può essere un caso che il primo confronto tra i due, da quando è iniziata la carriera da calciatore professionista di Riccardo, cioè nel 2018, avvenga proprio adesso che Andrea è tornato in Friuli, ma da allenatore.

È il senso primo della nascita, quello che conosciamo noi: il mondo che si rinnova, la storia che si ripete guidata dai suoi cicli per nulla casuali, pur in maniera diversa. In quel caso a metà strada: per l’attuale tecnico dei bianconeri la tappa Atalanta si è trovata esattamente in mezzo tra quella all’Udinese, come detto, e quella alla Fiorentina. Non una squadra qualunque.

Un altro aspetto carico di simbolismo è, ovviamente, consegnato dal colore viola: per molti il colore della magia, del mistero. Per altri, invece, quello della metamorfosi e della transizione: messi uno di fronte all’altro, Andrea e Riccardo Sottil sembrano, effettivamente, due gocce d’acqua. Nessuno non riuscirebbe a indovinare non solo il legame, ma il grado di parentela: dal punto di vista calcistico, però, sono uno la metamorfosi dell’altro. Andrea nasce difensore, roccioso come pochi, forte, anzi, fortissimo di testa: Riccardo è un attaccante, nemesi perfetta.

La “transizione” spiega anche i diversi momenti “mancati” dal caso: come quando non si sono beccati per qualche mese a Pescara, in una stagione che avrebbe potuto vederli insieme anche altrove. Ma ci arriviamo. Quella al Delfino è stata un’opportunità per entrambi, tutto sommato: per Riccardo, che a gennaio del 2019, dopo aver fatto il suo esordio da professionista in Serie A con la Fiorentina, si trasferisce in Abruzzo siglando il suo primo goal da “pro” contro il Verona, a fine aprile. E per Andrea, che dopo l’esperienza al Catania guiderà, nel 2020, ilPescara a una complicatissima salvezza, subentrando a Nicola Legrottaglie.

Ecco, Catania è l’altro punto intriso di simbolismo che lega i due, indissolubilmente. Un po’ perché Riccardo a Catania ci è cresciuto, nel periodo in cui suo padre, Andrea, difendeva i colori rossazzurri, un po’ perché nel 2018 avrebbero potuto trovarsi entrambi al posto giusto, al momento giusto.

È l’estate della promozione in Serie B sfiorata ai Playoff e poi mancata per un ripescaggio mai confermato, quella dello “scambio di panchine” tra Cristiano Lucarelli, andato nella sua Livorno, e lo stesso Sottil, quest’ultimo chiamato, dopo il caos, a condurre il club etneo in cadetteria. Non ci riuscirà, ma le responsabilità sono più complesse.

La Serie C parte dopo, in ogni caso: il Catania si trova a dover fare un mercato “a metà”, non conoscendo la categoria d’appartenenza e tra i giocatori presenti sul taccuino di Pietro Lo Monaco e Christian Argurio spunta anche Riccardo Sottil.

Un intreccio mancato: l’ennesimo. Si è discusso di un prestito con la Fiorentina, poi si è fermato tutto: distante, Andrea allontana il peso di una situazione che, probabilmente, avrebbe messo in difficoltà entrambi. Non se ne fa nulla, insomma.

"Se vorrei allenare Riccardo? È una bellissima cosa, ma è una situazione problematica per la gestione dello spogliatoio. Mi piacerebbe", ha spiegato Andrea a La Gazzetta dello Sport, diverse settimane fa.

Ma il futuro è indecifrabile: a Catania, tra l’altro, Riccardo Sottil ha fatto il suo esordio con la maglia della Nazionale Under 21, contro la Moldavia, nel settembre del 2019, confermando un certo simbolismo del “percorso” di padre e figlio, che si troveranno di fronte alla Dacia Arena. Lì, a Udine, dove Andrea si è trasferito nelle settimane successive alla nascita di Riccardo, che ha smesso di essere singolarità, diventando “Nostridad”. La stessa che, sul campo, riemergerà nel primo confronto in gara ufficiale tra i due (in A era già successo ai Di Francesco in un Roma-Bologna). La sfida dei Sottil.

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