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Erik LamelaGoal

Tutte le contraddizioni di Lamela, un talento mai del tutto sbocciato

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Prendete un ragazzino, fisico minuto e folta chioma, e mettetelo a palleggiare di fronte all’obiettivo della telecamera. Chi vi viene in mente? Aggiungeteci un quartiere di Buenos Aires e la saracinesca abbassata di un negozio a fare da sfondo - colorita dalla dicitura “Diego 10 Capo” - e la risposta diventa pressoché scontata. La storia calcistica di Erik Lamela nasce proprio così, come in un film. Anno 2004, mese di settembre. La troupe televisiva di Trans World Sport realizza un reportage finalizzato alla ricerca dei tanti giovani talenti che bazzicano negli angoli più remoti della capitale argentina.

I riflettori finiscono inevitabilmente su questo ragazzino che di anni ne ha soltanto dodici, ma che già da cinque fa incetta di goal e trofei nelle giovanili del River Plate. Il video in questione – nel cui prosieguo lo si vede posare con la maglia dell’Argentina in una stanza piena zeppa di trofei e successivamente dilettarsi in un Barcellona-Lazio al caro e vecchio ISS Pro Evolution – fa del giovanissimo prodotto del vivaio platense un vero e proprio precursore. Un fenomeno social in un’epoca in cui i social non hanno ancora conosciuto il loro definitivo boom.

“Un giorno mi piacerebbe giocare in Inghilterra, in Francia o in Spagna – le sue parole nel corso del filmato - Preferirei in Spagna perché lì si parla la mia lingua. Penso di essere nato per giocare a calcio e il mio sogno è quello di vincere la Coppa del Mondo come Maradona. Lui aveva tutto: forza, velocità e tecnica. Un giocatore completo”

Il futuro in tasca e il mito in testa, insomma. Sono parole che fanno crescere l’hype mediatico attorno al Coco, soprannome nato dalla storpiatura del suo nome di battesimo da parte del fratello minore. Sul nativo di Carapachay inizia a intensificarsi l’interesse di parecchi club europei e, su tutti, pare che il Barcellona si sia spinto sino al punto di recapitare tra le mani della famiglia un’offerta simile a quella che ha condotto Leo Messi (e parentado al seguito) verso l’esodo da Rosario destinazione Catalogna. Se il sogno è sempre stato quello di ricalcare le orme del Pibe de Oro, il destino gli offre la possibilità di seguire le tracce della Pulce. La risposta, questa volta, scontata non lo è affatto. A stravolgere un copione che sembra già scritto arriva il secco rifiuto alla proposta catalana, griffato dalla ferrea volontà dei genitori e soprattutto dallo stesso River che di rinunciare così presto al proprio gioiellino in erba non ne vuole sapere.

È la prima sliding-door di una carriera che lo metterà di fronte ad altri importanti bivi. Preso atto del suo mancato appuntamento con il Vecchio Continente, la crescita tra i confini nazionali procede a passo spedito e sfocia nel tanto atteso esordio tra i big nel 2008. La sua unica stagione completa tra i grandi, però, riserva un finale drammatico: per la prima volta in 110 anni di storia il River Plate retrocede clamorosamente in Primera B Nacional, condannato dal doppio spareggio contro il Belgrano. Con Los Millonarios in B si apre ufficialmente la caccia alle sue stelle. E la più luminosa è manco a dirlo quella di Erik che, a questo punto, può finalmente abbracciare l’Europa con sette anni di ritardo. Ad assicurarselo nell’estate del 2011 è la Roma del nuovo corso targato Luis Enrique e dalla nuova proprietà americana. L’operazione è orchestrata da Walter Sabatini, uno che in fatto di talenti made in Sud America la spiega praticamente a tutti. Servono circa 17 milioni di euro per il nero su bianco e l’impatto con la nostra Serie A è di quelli che lasciano il segno: esordio contro il Palermo, sette minuti sul cronometro e sinistro magico all’incrocio dei pali. Il tutto sotto gli occhi di un compiaciuto Francesco Totti che applaude dalla tribuna, roba da predestinato.

Lamela PSGoal

La sua prima annata romanista è scandita da lampi di classe assoluta, intervallati da episodi decisamente sopra le righe: vedere per credere la clamorosa rissa con Osvaldo esplosa al termine della partita persa in casa dell’Udinese. Motivo del contendere, un mancato passaggio dell’ex River all’oriundo nel corso del match. Inevitabili le scintille in campo e i successivi strascichi all’interno spogliatoio dello Stadio Friuli.

“Sono più grande di te, e qui non siamo al River. Quando ti parlo mi devi rispondere”:l’attacco frontale del Pirata riportato da El Confidencial, a cui segue la piccata replica del giovane connazionale: “Chiudi la bocca e falla finita, non sei mica Maradona”.

Detonatore inevitabilmente azionato e reazione scomposta dello stesso Osvaldo, che colpisce in pieno volto il compagno di squadra, rimediando una sospensione di una decina di giorni da parte dei vertici societari. Il peggio, in realtà, deve ancora venire e nel doppio confronto con la Juventus il classe 1992 mostra il lato più controverso del proprio carattere, passando da vittima a “carnefice”: nella sfida di Coppa Italia si fa espellere per un colpo proibito ai danni di Chiellini, mentre in campionato va in scena lo scontro verbale con tanto di sputo rifilato a Lichtsteiner. Una follia che gli costerà ben tre giornate di squalifica. Per la definitiva consacrazione del Lamela calciatore, invece, si rivela cruciale l’approdo in panchina di Zdenek Zeman nella stagione seguente. Il calcio ultraoffensivo del boemo è un abito su misura che esalta le doti dell’argentino, libero di spaziare da destra nel trio d’attacco completato da Totti e Osvaldo. La miscela ha effetti esplosivi perché oltre a confermare una cifra tecnica dai margini inesplorati, ridefinisce le caratteristiche del numero 8 giallorosso, scopertosi autentica macchina da gol: 15 reti in 36 giornate di campionato, quasi tutte di sinistro – con il tiro a rientrare sul palo più lontano a fare da marchio di fabbrica - in quella che rimane ad oggi la stagione più prolifica della sua carriera.

 Se tutte le strade portano a Roma, per l’attaccante albiceleste è già tempo di muoversi in direzione opposta. La Serie A si palesa come trampolino di lancio ideale per spiccare il volo in direzione Premier League, dove ad attenderlo c’è un’altra ambiziosa formazione capitolina: il Tottenham.

"Non è stato facile cedere alcuni giocatori, ma soprattutto Lamela.- l’ammissione dello stesso Sabatini pochi anni più tardi -Quell'operazione mi ha ucciso. Ho voluto comprarlo per mandare un segnale forte a tutti gli altri club, non fu facile prenderlo, ma prendemmo un giocatore splendido. Venderlo è stato un dolore grande”.

A fare da filo conduttore alle varie fasi della sua carriera c’è però un’insanabile dicotomia di fondo tra cadute e risalite. A Londra ci arriva al top della sua espressione calcistica nonché da acquisto più oneroso della storia del club ma, puntualmente, la prima stagione si rivela un fiasco. Nove presenze in campionato e un solo goal, tra l’altro realizzato in Europa League contro la matricola moldava dello Sheriff Tiraspol. Poi il vuoto. A dicembre un infortunio alla schiena fa calare il sipario. Lamela sparisce dai radar e diviene persino oggetto di scherno da parte della sua stessa tifoseria che tappezza le strade di Londra con manifesti che lo ritraggono e ne denunciano la “scomparsa”, o come si direbbe dalle sue parti la desaparición.

Lost – l’apertura del testo integrale riportato dalla Gazzetta dello Sport - "Giovane animale domestico molto amato ma difficilmente allenabile, conosciuto come 'lo scarafaggio argentino'. Visto raramente. Trova difficile adattarsi al nuovo ambiente. Ultima apparizione: è stato visto aggirarsi in stato confusionale, con sguardo assente e confuso. Siamo disperati! Si prega di contattare il Tottenham Hotspur FC. Nessuna ricompensa. I soldi non crescono sugli alberi. E poi abbiamo anche uno stadio da ristrutturare. Cosa siamo noi, un ente di carità?"

Erik Lamela LostTwitter

Purtroppo per loro, ma soprattutto per lui, quell’infortunio non sarà l’ultimo: nel 2016 è un serio problema all’anca a metterlo fuori gioco, con tanto di doppio intervento chirurgico che lo terrà lontano dai campi per un anno intero. Nel mezzo, due stagioni estremamente positive alla voce continuità, grazie anche alla fiducia ripostagli dal connazionale Mauricio Pochettino, oggi tecnico del PSG. Con il Poch al timone, Lamela trova anche il primo goal in Premier League, datato 20 dicembre 2014 contro il Burnley. Il sopracitato problema all’anca – rimediato nella sfida di EFL contro il Liverpool – condiziona irrimediabilmente l’annata 2016-2017 e parte della 2017-2018. In aggiunta, l’aumento della concorrenza in un reparto completato dai vari Eriksen, Dele Alli, Son e Lucas Moura, rallenta un processo di consacrazione che sembrava finalmente incanalato sui binari congeniali. Un interminabile stop di 400 giorni che lo porterà a pieno regime soltanto alle porte del 2018.

Il Coco è chiamato all’ennesima risalita e, grazie anche ad una nuova collocazione tattica, raggiunge progressivamente il picco più alto del proprio rendimento Oltremanica. Ad ottobre arriva il primo goal in carriera in Champions League con il Barcellona a fare da vittima illustre, e il passaggio da esterno d’attacco a trequartista puro accentua il suo peso specifico all’interno delle dinamiche di gioco di casa Spurs. Quando c’è la fiducia, il resto non è altro che logica conseguenza:

“La forma dei giocatori a volte cambia – il pensiero di Pochettino riportato da Ultimo Uomo - La cosa più importante è stata dargli fiducia, credere in lui. La stagione precedente all'ultima per lui è stata difficile, ma gli abbiamo dimostrato pazienza, ci siamo occupati di lui”.

A fine 2019, però, Pochettino saluta dopo una partenza flop in campionato e il testimone finisce tra le mani di Josè Mourinho, che rimarrà in carica fino all'esonero datato aprile 2021. Il rapporto con lo Special One vive di fasi altalenanti e il primo effetto tangibile è riscontrabile nel drastico calo di minutaggio che lo relega al ruolo di comprimario. Tra voci di mercato - e presunti accostamenti alla casa madre River - la sua militanza in riva al Tamigi si chiuderà dopo otto stagioni consecutive a fronte di un bilancio sportivo che piange miseria: di trofei neanche l’ombra, eccezione fatta per la magrissima consolazione del goal capolavoro siglato contro l’Asteras Tripolis, premiato come la rete più bella dell’edizione 2014-2015 dell’Europa League: rabona mancina al limite dell’area e palla in buca d’angolo.

Archiviata l'esperienza in riva al Tamigi, l'estate del 2021 culminerà con il suo approdo in Liga - proprio quel campionato in cui sognava di giocare da bambino - per firmare con il Siviglia. Il suo sbarco in Andalusìa è maturato sulla base di uno scambio che ha portato lo spagnolo Bryan Gil a percorrere la tratta inversa. Dopo soli sei mesi, il classe 2001 verrà girato in prestito al Valencia.

E Lamela? Il suo debutto con il Siviglia è maturato lo scorso 15 agosto ed è stato impreziosito dalla doppietta all'esordio nel 3-0 contro il Rayo Vallecano. A 30 anni appena compiuti, 'El Coco' ha collezionato 16 presenze e 4 goal agli ordini di Lopetegui.

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