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Dai treni persi ai trofei con l'Italia: Alessandro Potenza, l'italiano "Campione d'India"

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Alla fine dell’estate del 2015 Alessandro Potenza riceve una chiamata inaspettata da un suo ex compagno di squadra: in realtà, in campo, i due non hanno mai giocato insieme. Hanno condiviso allenamenti, la preparazione alle gare e la maglia dell’Inter, costruendo un buon rapporto. Si sono affrontati da avversari, questo sì: in ogni caso, dopo una stagione al Foggia, Alessandro Potenza riceve la chiamata di Marco Materazzi.

Dal 2014 il difensore campione del Mondo del 2006 è giocatore-allenatore del Chennaiyin Football Club, in India, tra l’altro con buoni risultati: conclude primo la stagione regolare (nell’anno della fondazione del club), ma perde in semifinale al ritorno per un goal di Pearson, in forza al Kerala Blasters, al 117’. Ci è andato vicinissimo: non è l’unico italiano in squadra, comunque. Con lui c’è anche Alessandro Nesta: sì, insomma, avrete capito. Un segno del destino: la coppia della “staffetta” in Germania, di una delle più clamorose sliding doors della storia del calcio. Negli anni successivi si aggiungerà, tra gli altri, anche Manuele Blasi: di quel gruppo farà parte anche Elano. Com’è noto, però, l’ambizioso progetto del calcio indiano non decollerà mai.

“Dal punto di vista professionale è stata una bellissima esperienza. Ero alla fine della mia carriera e l’aspetto che mi aveva colpito di più era la differenza sociale che c’era in quel Paese: ho visto cose dell’altro mondo”, racconta a Il Posticipo.

Potenza ha 30 anni, ma manca dalla Serie A dalla stagione 2012/13, praticamente mai vissuta: reduce da un infortunio al ginocchio, in quel campionato, il quinto con la maglia del Catania, scende in campo solo in due occasioni. Contro il Siena per cinquanta minuti e contro la Fiorentina, nel giorno che, almeno finora, verrà ricordato come il punto più alto vissuto dalla formazione rossazzurra in massima serie: lo scontro diretto per la zona Europa League risolto all’89’ da un colpo di testa di Lucas Castro.

Potenza Malouda Chennaiyin Getty

Appena avrà messo piede a Chennai si sarà accorto del tempio Kapaleeshwarar, uno dei più rappresentativi della zona: un’opera architettonica straordinaria. Un insieme di forme e colori indescrivibile: aiutatevi con alcune foto, attraverso una ricerca veloce. A parole, non si potrebbe. Avrà pensato di essere dall’altra parte del mondo, davvero. Con il Chennaiyin vince il campionato, pur non scendendo in campo in finale con il Goa allenato da Zico: la partita è spettacolare. La formazione di Materazzi va in vantaggio con Pelissari, ma viene rimontata all’87’ da Fernandes e Jofre: sembra finita, ma al 90’ un’autorete di Kattimani, il portiere del Goa, riporta il parziale sul 2-2. Al 92’ Mendoza risolve la questione: 2-3 e titolo agli “italiani”.

Non è, comunque, un titolo che conta poco per Alessandro Potenza: l’ultimo della sua carriera che terminerà un anno più tardi con la Casertana. Gli altri sono trofei pesanti: per raccontarli, però, occorre fare un passo indietro:

Come accennato, la carriera professionistica del difensore inizia nell’Inter di Hector Cuper, ma l’esordio in Serie A arriva nel gennaio del 2004 con l’Ancona al Castellani di Empoli, pochi giorni prima di trasferirsi al Parma. Senza far l’elenco delle squadre nelle quali si è distinto, possiamo certamente citare la Fiorentina, squadra che lo accoglie dopo l’esperienza in Liga, al Mallorca, tra l’altro con grandi aspettative. Nella formazione di Cesare Prandelli divide il ruolo con Tomas Ujfalusi, cosa che non lo rende troppo felice.

“Avevo fatto per due anni il secondo di Ujfalusi: quando è partito ho detto alla società e a Prandelli che volevo essere titolare, loro pretendevano che mi giocassi il posto”.

Complice l’arrivo di Luciano Zauri, Potenza chiede la cessione al club viola, proprio nella stagione in cui avrebbe esordito, verosimilmente, in Champions League: la vita è fatta di scelte e di treni da prendere al volo.

“Caratterialmente non sono mai stato un uomo dolce. Me la prendevo se non giocavo: il mio rapporto con alcuni mister è stato di odio e amore. Alcuni treni, poi, sono passati”, spiega a Il Posticipo.
Alessandro Potenza Ronaldinho Milan Catania Serie A 201011 Getty

Si rifarà al Catania, dopo un’esperienza al Genoa, mettendo a segno il suo secondo goal in Serie A alla terza gara in terra etnea, al Massimino contro la Reggina: un tocco ravvicinato sugli sviluppi di calcio piazzato, importante soprattutto dal punto di vista psicologico. Corre verso la panchina di Walter Zenga e abbraccia tutti: scenderà in campo per sessantasette volte con la maglia rossazzurra diventando uno dei giocatori più apprezzati dalla piazza per il suo spirito di sacrificio, spesso superiore alle qualità fisiche (soprattutto per via dei numerosi infortuni) e tecniche.

Si diceva dei trofei, però. Nonostante un inizio senza troppa costanza tra Inter, Ancona e Parma, Alessandro Potenza guadagna un posto stabile nelle giovanili della Nazionale italiana. Con l’Under 19 gioca gli Europei del 2003 in Liechtenstein, battendo il Portogallo in finale, con una squadra in cui figuravano Aquilani, Chiellini, Padoin, Palladino, Pazzini e Lodi, suo futuro compagno al Catania, che con la fascia da capitano al braccio alzerà la coppa.

Alessandro Potenza Giorgio Chiellini Italy Under 21 2006Getty

Un anno dopo fa parte del gruppo di Claudio Gentile che vince gli Europei Under 21 in Germania nel 2004, in una lista con cinque futuri Campioni del Mondo: Marco Amelia, Cristian Zaccardo, Andrea Barzagli, Daniele De Rossi e Alberto Gilardino. Gli altri nomi? Facciamo così, citiamo la formazione titolare della finale contro Serbia e Montenegro. Amelia in porta, Bonera, Moretti, Barzagli, Mesto e Bovo in difesa, De Rossi, Palombo e Donadel in mediana dietro a Sculli e Gilardino. In panchina ci sono, tra gli altri, Caracciolo e D’Agostino: tutti giocatori che avrebbero fatto parte stabilmente delle squadre di Serie A negli anni successivi.

Potenza in quella competizione non scenderà mai in campo, vero, ma vivrà un’emozione indescrivibile: così come quando nel maggio del 2006, da Campione d’Europa in carica, agli Europei Under 21 in Portogallo segnerà la sua prima rete, contro la Danimarca. Lui terzino destro: Chiellini terzino sinistro.

L’esperienza non finirà benissimo: l’Italia non supererà la fase a gironi, ma rimarrà impressa nella memoria del difensore “spigoloso”. Uno che ha sempre messo la grinta in tutto: nelle entrate in scivolata e nei contrasti, chiaramente nelle discese sulla fascia e nei rapporti con gli allenatori. Col viso scavato e il carattere da duro.

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