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The Last IbraGetty/Goal

The Last Ibra (?): la promessa, l'ostacolo, il rinnovo. Cosa succede ora con Zlatan

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Esistono i calciatori e poi esiste Zlatan Ibrahimovic. Qualcosa di diversamente eccezionale, una tipologia di atleta mai visto nella storia di questo sport. Per caratteristiche tecniche, carisma e leadership. Lo si ama o lo si odia, niente mezze misure, ma c'è una cosa sulla quale non ci possono essere pareri differenti. Ossia che Ibra ha sempre determinato, impattato e inciso in qualunque club abbia deciso di andare.

Ibra ha sempre avuto il dono di cambiare il corso delle cose. Cambiare la mentalità e i giocatori attorno a sè. Ed è quello che ha fatto nel momento esatto in cui è tornato al Milan. L'ha definita sin da subito la "sfida più difficile" ed era proprio quello il motivo per il quale l'aveva accettata. Non aveva bisogno di passerelle finali, la MLS gli era già bastata. E quando Mino Raiola gli ha detto che era "troppo facile smettere negli Stati Uniti" nella testa di Zlatan è scattato qualcosa.

"Mihajlović si è ammalato. Gli ho parlato, mi ha detto di venire a Bologna. Gli ho detto che sarei andato anche gratis. Poi il Milan ha perso 5-0 con l’Atalanta, hanno iniziato a contattarmi. Non si trattava di contratti. Si trattava di ottenere la massima adrenalina. Allora ho chiesto a Mino chi avesse più bisogno di me, ha semplicemente risposto Milan. Gli ho detto ‘Va bene, chiama il Milan!’”.

Era gennaio 2020. Poco più di un mese dopo il mondo sarebbe stato stravolto dal Covid. Quella stagione di Serie A è finita ad agosto, con Ibra capace di segnare 10 goal in 18 presenze, non abbastanza per riportare però il Milan in Champions. Per questo motivo, quando ha detto che con lui dal primo giorno avrebbero vinto lo Scudetto, più di qualcuno l'ha presa a ridere. Zlatan invece era come sempre maledettamente serio.

"Non so cosa sia accaduto per sette anni, ma io sono venuto per cambiare questa situazione. E mi sembra chiaro che se non c'è stabilità nel club, non può esserci nemmeno in campo".

Parole forti, parole che solo Ibra poteva dire. Parole alle quali hanno subito fatto seguito i fatti. Il primo passo è stato il secondo posto in classifica e il ritorno in Champions League. Ibra in tutto questo ne ha messi in fila 15 in 19 presenze. Gli infortuni a 39 anni hanno cominciato a farsi vivi con più insistenza, ma in compenso la crescita esponenziale del Milan era sotto gli occhi di tutti. Una crescità diventata maturità e successivamente consapevolezza di poter vedere tutti insieme le cose con gli occhi di Ibra. Di poter credere di vincere lo Scudetto.

Nella prima parte di stagione Zlatan ha mostrato a tutti la via. E lo ha continuato a fare anche quando non poteva essere in campo. Perché nel frattempo gli anni diventavano 40 e i problemi aumentavano. Ibra si è seduto accanto a Pioli e a volte si è alzato anche al posto suo per dire a chi cosa fare. Lo sapeva sin dall'inizio, sin dalla sua seconda firma sul contratto in rossonero, che poteva essere protagonista e decisivo anche così. O meglio, che doveva esserlo. Semplicemente facendo parte del Milan.

E così a febbraio, mentre cominciavano a rincorrersi le voci sul suo futuro, ha fatto una promessa.

"Non mollo fin quando non vinco con questa squadra".

Bene, è successo, Ce l'ha fatta. Ha vinto con il Milan e ha vinto lo Scudetto. E adesso che si fa? Pioli, dal canto suo, una mezza risposta l'aveva data già contro l'Atalanta, lasciando in panchina Ibrahimovic per tutta la partita. In caso di addio, quella sarebbe potuta essere la sua ultima presenza a San Siro. L'ultimo saluto ai suoi tifosi. Ma evidentemente il tecnico rossonero non ha mai preso in considerazione questa ipotesi.

All'inizio della prossima stagione Ibra avrà 41 anni e il Milan un attaccante in più in rosa, Divock Origi. Lasciare da eroe con lo Scudetto in tasca sarebbe l'epilogo più scontato, il più logico. Ma con Zlatan nulla è mai scontato o tantomeno logico.

Il rinnovo col Milan per un'altra stagione con ingaggio legato alle presenze è praticamente solo da firmare. Non è un problema per la società, né tantomeno per Pioli, che si è aperto parecchio sul futuro di Ibra durante l'intervista post Scudetto.

"Ho parlato con Zlatan, era deluso per non aver giocato contro l'Atalanta, ma io non ho mai pensato che quella potesse essere la sua ultima partita a San Siro. Gli ho detto di continuare a giocare e lui mi ha risposto che ci sta pensando".

Avere uno come Ibra nello spogliatoio è un plus sotto tutti gli aspetti. Se sta bene ha dimostrato di poter ancora essere decisivo. In caso contrario l'Ibra visto quest'anno, quello al servizio della squadra e dei compagni, quello che spacca il vetro del pullman per incitare i tifosi anche quando sa che non giocherà è un qualcosa di difficile a cui rinunciare.

Ibrahimovic PSGoal

"Tranquilli ragazzi, non smetto", ha detto Ibra ai tifosi e soprattutto ai compagni nello spogliatoio in un discorso durante i festeggiamenti. Il suo obiettivo è quello. Si sente bene e vuole continuare a giocare. Del resto ancora oggi, a quasi 41 anni, Zlatan è al top nei test atletici e nei tiri in allenamento. C'è solo un ostacolo, un piccolo grande problema legato al suo ginocchio sinistro.

Ibra potrebbe decidere di operarsi per andare avanti almeno un altro anno. L'ha detto anche dopo il Sassuolo: "Prima devo fare delle cose per stare bene". Il rinnovo a questo punto dipende da lui. Sarà lui a decidere, come sempre del resto.

Parliamo di uno che entra in campo alla cerimonia di premiazione dello Scudetto fumando un sigaro. Parliamo di Zlatan.

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