Arrivare a giocare fino alla soglia dei 40 anni è un privilegio che in pochi possono concedersi, soprattutto se l'obiettivo resta quello di mantenere più o meno lo stesso livello d'eccellenza fino alla fine: nel caso di Diego Forlan potremmo parlare di due carriere, con la prima a regalargli le soddisfazioni maggiori e la seconda utile più che altro per girare il mondo, in posti dove il calcio non è al primo posto nelle preferenze della gente. Il 2011 è l'anno spartiacque, l'anno zero, il fulcro tra un 'prima' fatto di successi personali e di squadra e un 'dopo' costellato da passerelle più che da eventi allenanti, con l'esperienza all'Inter a recitare il ruolo del canto del cigno spietato e irriconoscente verso una storia che avrebbe meritato un finale ben diverso.
E pensare che i primi passi Forlan li muove sui campi da tennis, con una racchetta in mano, strumento ben presto abbandonato nonostante ottime premesse per un avvenire di livello. L'avvicinamento al mondo del calcio avviene a causa di un evento bruttissimo che segnerà per sempre la sua vita, ossia l'incidente occorso alla sorella Alejandra, rimasta paralizzata: il giovane Diego capisce subito che l'ingaggio di un tennista non sarebbe bastato per permettersi le cure e decide di passare dalla pallina al pallone, continuando la tradizione di famiglia (sia il padre che il nonno sono stati calciatori).
Sport diverso ma stessa musica, considerato che anche nel calcio Forlan si fa valere grazie ad un non banale feeling con il goal nelle giovanili di Danubio e Penarol. Per un attimo sogna anche il trasferimento in Europa al Nancy, che gli concede un provino: l'esito non è dei migliori e per il 19enne di belle speranze si aprono le porte dell'Independiente, una delle società storiche dell'Argentina. Dall'Uruguay si porta dietro la fama di goleador e anche un soprannome particolare, 'Cacha', che in spagnolo vuol dire 'manico' ed è il diminuitivo di Cachavacha, una strega dei cartoni animati molto nota nei Paesi latini con cui condivide il naso adunco e una chioma importante. Proprio come una strega compie il suo incantesimo a suon di reti (40 in tre anni e mezzo) che gli valgono il tanto desiderato sbarco nel vecchio continente con qualche anno di ritardo.
GettyLa chiamata è di quelle che non si possono rifiutare e proviene direttamente dal Sir più famoso del mondo del calcio, quell'Alex Ferguson che di solito prende pochi granchi quando punta con decisione su un giocatore. Tendenza che rischia di essere smentita ben presto dallo zero alla voce 'goal segnati' nei primi sei mesi inglesi di Forlan, non il ruolino migliore per approcciare con sicurezza ad un calcio completamente all'opposto di quanto si vede in Sudamerica. L'ambientamento prosegue tra mille ostacoli e la Premier League 2002/2003 vinta da comprimario, senza dimenticare il rapporto non eccelso con alcuni componenti della rosa del Manchester United: tra questi un giovanissimo Cristiano Ronaldo, descritto come un narcisista da Forlan nel corso di un'intervista rilasciata al 'Daily Mirror'.
"Ronaldo era una persona egoista nello spogliatoio, non come Beckham. Voleva sempre essere vicino ad uno specchio, passava l'intera giornata a guardarsi allo specchio. Beckham era più naturale. Cristiano si cambiava davanti allo specchio, era 'tremendo'... è tutto più costruito. Beckham usciva spettinato e stava comunque bene, CR7 non l’ho mai visto spettinato".
Il soggiorno inglese si trascina senza troppi sussulti (fatta eccezione per il rigore decisivo trasformato nella lotteria del Community Shield contro l'Arsenal nel 2003) e l'addio è inevitabile: meglio cambiare aria, stavolta in Spagna, per risvegliare l'antico ardore latino 'raffreddato' dal grigiore d'Oltremanica. L'occasione si chiama Villarreal, dove l'allenatore è Manuel Pellegrini, ossia colui che farà le fortune di Forlan mettendolo al centro del progetto del 'Submarino Amarillo': l'uruguaiano lo ripagherà con un bottino di reti assolutamente eccellente (25 alla fine del campionato 2004/2005), valevole il trofeo di 'Pichichi' della Liga e la Scarpa d'Oro, vinta a pari merito con Thierry Henry. Una rincorsa terminata alla grande con cinque marcature nelle ultime due giornate di campionato, sorpassando un top player come Eto'o (fermo a 24).
Ma è nella Champions League 2005/2006 che il miracolo europeo del Villarreal rischia di regalare un titolo di giornale a caratteri cubitali: il percorso degli spagnoli si interrompe in semifinale per mano dell'Arsenal e dell'errore dal dischetto di Juan Roman Riquelme, che segnando avrebbe regalato i tempi supplementari ai suoi. Forlan, dal canto suo, si 'limita' a 3 goal nella competizione (di cui uno all'Inter a San Siro nell'andata dei quarti di finale), chiudendo la stagione con numeri realizzativi minori, rivisti verso l'alto nel 2006/2007.
A 27 anni, Forlan può dirsi un calciatore maturo, uno dei bomber più letali e affidabili presenti sul panorama europeo: l'Atletico Madrid mette sul piatto 21 milioni di euro per aggiudicarselo, scelta col senno di poi più che azzeccata in virtù dell'apporto determinante offerto dall'uruguaiano in funzione del ritorno in Champions dei 'Colchoneros' dopo oltre dieci anni. Il cinismo sottoporta raggiunge l'apice nel 2009, altro anno indimenticabile a livello personale: le reti in Liga sono addirittura 32 e, come quattro anni prima, arriva il doppio trionfo per il trofeo 'Pichichi' e la Scarpa d'Oro, stavolta conquistata in solitaria davanti al rivale Eto'o con cui il nome di Forlan è legato a doppio filo come vedremo.
Getty ImagesPer dare un senso a tutti questi goal, però, è necessario un trofeo di squadra, meglio ancora se europeo: la Liga, infatti, è una questione a due tra Barcellona e Real Madrid e a Forlan e al suo Atletico non resta che la vetrina dell'Europa League, accolta con iniziale diffidenza dopo il terzo posto maturato nel girone di Champions. I 'Colchoneros' non sanno ancora che quella 'disgrazia' si tramuterà nella fortuna più inestimabile di tutte e, trascinati dal tandem Forlan-Agüero, arrivano fino alla finale di Amburgo contro un'altra sorpresa della competizione, il Fulham giustiziere della Juventus. Il pronostico è incerto, per entrambe le squadre la vittoria sarebbe un traguardo da mille e una notte: ma l'Atletico ha Forlan che timbra il cartellino dopo la mezz'ora, a cui replica quasi istantaneamente Davies. L'equilibrio si protrae fino al 90' e per assegnare la coppa servono gli extra-time, dove 'Cacha' dà il meglio di sé: con la zampata a quattro minuti dal termine consegna la coppa agli spagnoli, vittoriosi anche in finale di Supercoppa Europea ad agosto contro l'Inter campione di tutto.
Prima, però, ci sono i Mondiali da affrontare con l'Uruguay, chiamato a disputare un buon torneo dopo la delusione della mancata qualificazione nel 2006, ulteriore pressione su Forlan e compagni che rispondono presenti: il primo posto nel girone (che vede la clamorosa eliminazione della Francia di Domenech) regala l'ottavo con la Corea del Sud, domata grazie ad una doppietta di Suarez. Ma è ai quarti col Ghana che la rassegna iridata della 'Celeste' prende una piega inaspettata: Forlan pareggia la rete di Muntari mentre, allo scadere dei tempi supplementari, Suarez si sostituisce al portiere parando sulla linea un colpo di testa avversario e concedendo ad Asamoah Gyan la chance irripetibile di portare una nazionale africana in semifinale per la prima volta nella storia. L'ex Udinese, avvolto dall'emozione, colpisce la traversa e prolunga l'incredibile sfida ai calci di rigore: Forlan segna il suo, il 'Loco' Abreu suggella il ritorno in semifinale dopo 36 anni con un pazzo pallonetto che getta nello sconforto i ghanesi.
La 'Celeste' sogna il colpo grosso per rinverdire i fasti del 1930 e 1950, quando portò a casa la coppa più ambita: tra essa e il sogno si contrappone l'Olanda di Sneijder, che alla fine la spunta per 3-2 in un match tiratissimo e impreziosito dalle gemme di Van Bronckhorst e proprio Forlan, autore di un gran tiro dalla distanza col mancino che piega le mani a Stekelenburg. L'Uruguay deve a questo punto accontentarsi della finalina per il terzo posto contro la Germania, persa col medesimo risultato: Forlan fa il suo e segna la quinta rete della sua competizione, proprio come Müller, Sneijder e Villa. L'incredibile attaccamento alla maglia (certificato dalla fascia di capitano al braccio) è la discriminante che permette al 'Cacha' di conquistare il Pallone d'Oro dei Mondiali, riservato al miglior giocatore del torneo. L'altro Pallone d'Oro, quello più prestigioso, non arriva ma il piazzamento finale è più che onorevole: quinto posto con il 7,61% dei voti, alle spalle del vincitore Messi e di Iniesta, Xavi e Sneijder.
GettyL'Uruguay continua ad essere fonte di immense soddisfazioni per Forlan che, un anno più tardi, è protagonista nel trionfo in Copa America atteso da 16 anni: un premio per il cammino, sempre in crescendo, della squadra allenata dal 'Maestro' Tabarez che, dopo aver terminato al secondo posto il girone iniziale, fa fuori ai quarti l'Argentina padrona di casa in una drammatica partita conclusa ai calci di rigore. In semifinale è il turno del Perù che cade sotto i colpi di uno scatenato Suarez, prima dell'ultimo atto che vede l'Uruguay affrontare la sorpresa Paraguay a Buenos Aires: l'incontro è a senso unico e il dominio uruguaiano è sotto tutti i punti di vista. Finisce 3-0, con Forlan che realizza gli unici suoi due goal della competizione nella partita più importante di tutte. Questo può essere catalogato come l'ultimo grande appuntamento che ha visto il miglior Forlan, prima del rapido declino.
Di questo declino non si accorge l'Inter che, nell'agosto 2011, lo sceglie per sostituire Eto'o, reduce dalla firma di un contratto faraonico con i russi dell'Anzhi: dal camerunense Forlan eredita anche il numero di maglia (il 9) ma non le fortune, purtroppo per lui. L'avventura milanese, infatti, inizia con un giallo: 'El Cacha' ha già disputato un turno preliminare di Europa League con l'Atletico Madrid (contro il modesto Strømsgodset) e Forlan è sceso in campo dal primo minuto in entrambe le sfide di andata e ritorno. Il regolamento dice che un giocatore può giocare con un altro club nella fase a gironi di una coppa europea a patto che l'ex squadra non si qualifichi per la rispettiva fase a gruppi delle suddette. L'Atletico Madrid vola ai gironi di Europa League il 25 agosto, sei giorni più tardi l'Inter ufficializza l'acquisto di Forlan: che però non può giocare nei gironi di Champions, tra lo stupore generale dei tifosi che si domandano come possa essere possibile una svista del genere.
Questo intoppo di natura burocratica contribuisce ad accelerare il decadimento di Forlan che comunque bagna l'esordio interista con un goal nello sfortunato 4-3 di Palermo: il primo dei soli due goal in maglia nerazzurra (segnerà anche al Catania nel girone di ritorno), mentre in Champions giocherà le due sfide degli ottavi contro il Marsiglia, sbagliando una rete già fatta al 'Velodrome' e guadagnandosi il terribile appellativo di 'bidone' che mette la parola fine sull'esperienza italiana dopo appena una stagione, tormentata anche da un problema fisico rimediato con la nazionale ad ottobre.
A 33 anni, Forlan è ormai un giocatore che il meglio di sé lo ha già offerto, ragion per cui per lui non c'è più spazio nel calcio europeo: è il momento giusto per tornare in Sudamerica, tra i brasiliani dell'Internacional, dove ritrova una discreta confidenza con il goal che negli ultimi anni sembrava perduta. La carriera diventa quasi un pretesto che lo porta a girare il mondo: prima in Giappone, al Cerezo Osaka, poi in India al Mumbai City e addirittura ad Hong Kong al Kitchee, dove appende gli scarpini al chiodo nell'agosto 2019. In mezzo, un romantico ritorno in patria al Penarol, che nel 2020 gli affida la panchina con scarsi risultati. Attualmente Forlan ha accettato il compromesso di scendere di categoria, nella Segunda Division uruguaiana, dove guida il Club Atletico Atenas nel tentativo di farsi un nome come allenatore per allontanare quell'alone di negatività formatosi a causa degli ultimi anni vissuti lontano dalle luci dei riflettori del grande calcio.
