GOALDai primi calci dati ad un pallone da bambino a Mulazzano al tetto del mondo. Quella di Giovanni Stroppa è stata una carriera fatta di tante gioie, di diversi infortuni, di partite giocate sui palcoscenici più importanti in assoluto al fianco di alcuni dei giocatori più forti di tutti i tempi, ma anche di tanta provincia. E’ stata una carriera fatta di tutto ciò che un giocatore può vivere. Una carriera che sarebbe potuta finire prima ancora di iniziare se solo a dodici anni avesse continuato a dare ascolto a quella vocina che gli aveva detto di lasciar perdere per evitare lo stress che il pallone può imporre quando la gente inizia ad aspettarsi da te sempre di più. Una carriera che per fortuna è iniziata ed è stata importante, perché alla fine la passione è stata più forte di tutto.
Che Stroppa avesse qualcosa di speciale lo si è capito fin da subito. Nessuno tra i ragazzini della sua età riusciva a stargli dietro e questo semplicemente perché era dotato di quella classe e quella proprietà di palleggio solitamente riservata solo ai più grandi. Quelli molto più grandi.
E’ ancora piccolo quando si inizia a spargere la voce che l’Inter lo voglia accogliere nel suo settore giovanile, ma in realtà il nerazzurro non lo vestirà mai ed anzi sarà il Milan a consentirgli di crescere e diventare uomo con il pallone tra i piedi. Sarà il Milan tra l’altro che lo porterà a vincere tutto ciò che un ragazzo può solo sognare.
Il suo esordio tra i grandi arriva quando sul club non si è ancora abbattuto quel ciclone, di nome Silvio Berlusconi, che cambierà per sempre il volto delle cose. Ha appena sedici anni ed è una delle stelle della formazione Allievi quando Nils Liedholm lo getta nella mischia in un’amichevole estiva contro il Brunico. E’ il Milan di Wilkins e Hateley, e lui all’88’ segna al debutto il goal del definitivo 11-0. Quello delle reti all’esordio sarà un vizio che lo accompagnerà per sempre.
L’anno successivo coinciderà con la promozione nella Primavera di Fabio Capello, quello dopo ancora sarà quello dell’ingresso in pianta ‘quasi’ stabile in prima squadra. Intanto al Milan iniziano ad arrivare i primi campioni promessi da un presidente, Berlusconi appunto, che ha in mente un progetto visionario secondo molti destinato a fallire e la cosa si traduce in meno possibilità di esordire tra i professionisti. Con le porte che conducono alla Serie A che risultano sbarrate, non c’è che da fare una cosa: i tornei giovanili ormai gli vanno stretti, ha dimostrato tutto ciò che poteva dimostrare e quindi accetta il trasferimento nella vicina Monza per mettersi concretamente in mostra.
Quelle vissute con i brianzoli sono due stagioni tra Serie C e Serie B fondamentali e le immagini delle sue gesta non sfuggono ad Arrigo Sacchi che decide di richiamarlo alla base per inserirlo in una rosa composta solo ed esclusivamente da campioni. Quello che Stroppa ritrova è un Milan molto diverso da quello che aveva imparato a conoscere. Il ‘Diavolo’, messe ormai definitivamente alle spalle alcune tra le annate più complicate della sua intera storia, è ormai tornato ad essere una realtà di caratura mondiale. E’ tornato ad essere una squadra che ha un obiettivo ben preciso: vincere tutto ciò che si può vincere e proponendo tra l’altro un calcio rivoluzionario.
Stroppa viene scelto, insieme a Simone, Pazzagli, Fuser, Massaro e Borgonovo, per rafforzare una squadra che nella stagione precedente è riuscita a vincere la Coppa Campioni e che da lì a poco si imporrà anche nella Coppa Intercontinentale battendo, al termine di un’autentica maratona, il Nacional di Medellin grazie ad una rete di Evani al 119’.
In quella rosa ci sta alla perfezione. Non è un titolare, ma ha la duttilità e soprattutto la qualità, per meritarsi il suo spazio. Esterno di destra dalle notevoli doti tecniche (di lui si dirà che in allenamento facesse vedere cose mirabolanti), viene inizialmente visto come il vice-Donadoni, ma può giocare anche sull’out opposto, oppure più accentrato o ancora in posizione di trequartista. E’ insomma un ragazzo che in qualunque momento può entrare e garantire un’ulteriore dose di forza e classe ad una squadra che ne ha già in abbondanza.
E’ il 27 agosto 1989 quando gli viene data fin da subito la possibilità di esordire in Serie A. Si gioca al Dino Manuzzi di Cesena e Stroppa ricambierà la fiducia concessagli aprendo le marcature al 7’ con un gran tiro sotto il sette. Altro goal al debutto e una prestazione che gli varrà le attenzioni di Gianni Brera che per lui conierà il soprannome di ‘Bassaiolo di Mulazzano’. E’ uno di quegli onori riservato a pochi, un qualcosa che da solo vale quasi come un trofeo.
La primissima fase di stagione lo vede grande protagonista e sempre in campo in campionato e, come se non bastasse, un paio di settimane dopo la prima nella massima serie, arriverà anche la prima in Coppa Campioni. Altro goal all’esordio questa volta nel 4-0 all’HJK Helsinki.
Di Stroppa si inizia ormai a parlare come di una realtà e alla fine di un’annata culminata con il trionfo Supercoppa Europea, Coppa Intercontinentale e Coppa Campioni, saranno ben 30 le presenze complessive. A 22 anni è insomma già un giocatore capace di dare un contributo importante.
Wikipedia‘Giovannino’, come viene chiamato da molti a Milano, intanto cresce e impara dalle stelle di casa a Milanello e, mentre le settimane e le partite scivolano via, si avvicina a grandi passi l’appuntamento con la storia.
In quanto campione d’Europa in carica, il Milan si è guadagnato il diritto di volare di nuovo a Tokyo in dicembre per giocarsi la Coppa Intercontinentale. L’avversario è di quelli quasi a sorpresa, ovvero l’Olimpia Asunción, compagine paraguaiana che a undici anni dal primo (e sin lì unico trionfo) in Copa Libertadores è riuscita nell’impresa di laurearsi campione del Sudamerica.
Sulla carta la partita è di quelle senza storia e nessuno riesce a vedere in che modo i Milan di Sacchi possa solo lontanamente essere impensierito. La differenza tecnica tra le due squadre è effettivamente incolmabile, ma la marcia di avvicinamento al match è stata di quelle complicate. I rossoneri devono rinunciare ad Ancelotti e ad Evani (l’eroe dell’edizione precedente) e, come se non bastasse, Gullit non è al meglio a causa di problemi ad un ginocchio, Van Basten pochi giorni prima ha rimediato una fastidiosa botta in una sfida di campionato contro il Lecce e anche Rijkaard viene dato in condizioni non perfette.
Per ovviare alle assenze a centrocampo, Sacchi decide di affidarsi ad Angelo Carbone e Stroppa, ai quali viene affidato il compito di garantire sostanza sugli esterni e soprattutto di dare supporto alle due punte: Gullit e Van Basten.
E’ il 9 dicembre quando Milan ed Olimpia scendono in campo allo stadio Nazionale di Tokyo agli ordini del signor José Roberto Wright (ovvero il miglior arbitro al mondo all’epoca) e bastano pochi minuti per capire che tipo di partita sarà. Dovranno essere i rossoneri a dettare il gioco, mentre gli avversari si limiteranno a difendersi per poi sperare soprattutto nelle giocate del loro numero 10: Luis Monzon.
I meneghini, che al 25’ hanno perso Maldini per una frattura alla clavicola, attaccano facendo valere la propria maggior qualità ma il goal non arriva. Bisogna attendere il 43’ per sbloccare il risultato e per rendere il discorso totalmente in discesa: Gullit sfida due avversari sulla destra, invece di scaricare la sfera con un gioco di gambe si garantisce quella frazione di secondo che gli consente di mettere al centro dell’area un pallone che Rijkaard spinge in rete con un poderoso colpo di testa. Da lì in poi non ci sarà più storia.
Al 62’ il momento più importante dell’intera carriera di Stroppa: passaggio filtrante per Van Basten che scappa via al suo marcatore, penetra in area dalla destra, mette a sedere il portiere Almeida con una finta e calcia di sinistro a botta sicura. Il pallone sembra indirizzato verso la porta spalancata, ma un difensore lo devia miracolosamente sul palo, proprio lì dove c’è Stroppa che ha seguito l’azione e non deve fare altro che toccare la sfera quel tanto che basta per fargli varcare la linea.
E’ un tocco di quelli semplici, ma è quello che basta per garantirgli a soli 23 anni un posto nella storia di uno dei club più importanti al mondo. In quella frazione di secondo si racchiudono i calci ad un pallone dati a Mulazzano, gli anni nel settore giovanile, le stagioni al Monza, l’inseguimento ad un ruolo da protagonista nonostante una concorrenza spietate. E’ una frazione di secondo inseguita da una vita.
Pochi minuti più tardi arriverà anche il 3-0 firmato ancora da Rijkaard dopo una giocata sontuosa di Van Basten (sarà lo stesso palo a negare al Cigno di Utrecht la gioia di uno goal che avrebbe meritato) e di lì in poi sarà solo una lunga attesa fino al 90’. Il Milan, per il secondo anno consecutivo si laureerà campione del mondo.
Stroppa anni dopo ricorderà quel momento come il più bello di una vita da calciatore che di lì a poco, quasi in maniera sorprendente, lo porterà lontano dal Milan.
Si trasferirà alla Lazio, dove troverà più spazio, poi si riscoprirà leader a Foggia, dove nell’annata 1993-1994 sarà protagonista di una stagione così importante da meritarsi l’approdo in Nazionale. Lì ritroverà Arrigo Sacchi, il tecnico che dopo avergli concesso la possibilità di esibirsi sui più importanti palcoscenici, gli concederà anche la gioia (meritata) di quattro partite in Azzurro.
Stroppa tornerà al Milan nel 1994, quando a rivolerlo con sé sarà Fabio Capello, il suo allenatore ai tempi della Primavera, ma la seconda in rossonero, sebbene condita da un’altra Supercoppa Europea (la terza messa bacheca) e da una Supercoppa Italiana, non sarà gratificante come la prima.
Sarà in provincia che il ‘Bassaiolo di Mulazzano’ darà il meglio di sé e dimostrerà di essere più forte anche dei tanti infortuni patiti. Sempre protagonista, lontano da quei riflettori che forse gli hanno impedito di raggiungere quelle vette che, per qualità tecniche, avrebbe potuto raggiungere.
“Al Milan sono stato anche chiuso. Prima c’era Donadoni, poi Savicevic, mentre in Nazionale mi sono trovato davanti Baggio e Zola. Forse non ho creduto nelle mie possibilità, ma anche se fra alti e bassi ho sempre giocato in Serie A, accanto a grandi campioni”.
Non sarà stato un protagonista assoluto e probabilmente è sempre stato un passo indietro ai migliori, ma Stroppa con il Milan si è comunque tolto la soddisfazione di vincere qualcosa come sette trofei in ottantacinque partite giocate. Come dire praticamente uno ogni dodici gare. Non male per chi a dodici anni voleva smettere di giocare.




