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Anderson FiorentinaGetty Images

La strana carriera di Anderson: dal Golden Boy al ritiro a soli 31 anni

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La storia del calcio è piena di talenti mai affermati, giocatori mai 'esplosi' o lentamente finiti nel dimenticatoio dopo un avvio folgorante. Tra le carriere più strane degli ultimi anni c'è sicuramente quella di Anderson, brasiliano scoperto da Sir Alex Ferguson tra mille aspettative per poi appendere le scarpe al chiodo a soli 31 anni.

Tanti lo ricorderanno nella nostra Serie A con la maglia della Fiorentina, in quella che fu una breve e fallimentare avventura: il centrocampista brasiliano arrivò in Toscana nel gennaio 2014 in prestito dai Red Devils a caccia di un rilancio che non arrivò mai, con un bilancio finale di sole otto apparizioni in maglia viola.

E dire che nel 2007 quel trequartista brasiliano aveva incantato l'Europa con la maglia del Porto, a tal punto da convincere un osservatore di primissimo livello come Ferguson, che fece spendere 30 milioni al suo United per strapparlo ai portoghesi.

Al suo primo anno in Inghilterra Anderson venne premiato con il Golden Boy, il prestigioso trofeo che viene assegnato al miglior giovane under 21 militante nella massima serie di un campionato europeo, entrando di fatto in un albo d'oro che vede in archivio nomi illustri del calibro di Rooney, Messi, Aguero, Pogba, Sterling e Mbappè.

Anderson Manchester UnitedGetty

A differenza degli altri però la carriera di Anderson prese una piega ben diversa: non mancarono le presenze in campo e i trofei con lo United, ma il centrocampista sudamericano non riuscì mai ad affermarsi su alti livelli, andando presto incontro a una preoccupante discesa di rendimento a causa anche dei numerosi fastidi al ginocchio. Ma anche di una smodata passione per il cibo, come raccontato dall'ex compagno Rafael nella sua autobiografia insieme al gemello Fabio.

"Quando eravamo sul pullman della squadra e passavamo in una stazione di servizio sull’autostrada lui avrebbe iniziato a urlare ‘McDonald’s, McDonald’s’. Avrebbe mangiato qualsiasi cosa si fosse trovato davanti. Non è un caso che il suo momento di forma migliore sia stato quando ha giocato diverse partite di fila perché in quel modo non riusciva a mangiare così tanto. Se si fosse comportato da professionista sarebbe stato uno dei migliori calciatori del mondo".

Il palmares del classe '88 resta comunque di tutto rispetto, merito o fortuna di essersi trovato nel posto giusto al momento giusto: due campionati portoghesi, una Coppa di Portogallo, una Supercoppa portoghese, 4 Premier League, 5 Community Shield e 2 Coppe di Lega inglese; una Champions League e un Mondiale per Club. Con la maglia del Brasile si è tolto anche la soddisfazione di vincere una Copa America nel 2007.

Sul rettangolo di gioco però la carriera di Anderson disegnò una parabola del tutto discendente: stagione dopo stagione il livello delle sue prestazioni scese vertiginosamente, fino a costringere lo United a cederlo in prestito alla Fiorentina, dove l'impatto fu disastroso. Inevitabile a quel punto il rientro in patria, dove però non riuscì a ritrovare la migliore condizione: un inesorabile declino che lo portò alla decisione di ritirarsi a soli 31 anni, complici anche i tanti infortuni che continuavano a non dargli pace.

Una carriera vissuta a mille all'ora, con il punto massimo riconducibile a quel penalty segnato nella lotteria dei rigori della finale di Champions League 2007-2008 contro il Chelsea.

Poi una discesa amara culminata con l'addio al calcio altrettanto prematuro: esattamente undici anni dopo la vittoria di quel Golden Boy che presentava all'Europa il nuovo talento brasiliano. Tanti trofei in pochissimi anni, senza mai essere vero protagonista: la strana vita calcistica di Anderson, ora vice-allenatore in Turchia all'Adana Demirspor di Vincenzo Montella, dove ha chiuso la carriera. Un vincente 'oggetto misterioso'.

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