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Storie di Calciomercato - Lewandowski all’ombra della Lanterna, quando fu bocciato da Preziosi

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45 milioni di euro più 5 di bonus e una clausola da 500 milioni di euro, per paura che qualcuno possa andare a rubare il gioiello tanto inseguito e tanto desiderato. Un secondo posto alla graduatoria del Pallone d’oro nel 2021, superato solo da Lionel Messi e per due anni di fila miglior attaccante dell’anno per France Football. E se volessimo, per raccontare Robert Lewandowski, potremmo continuare per molto ancora, soprattutto per elencare tutti i trofei conquistati nei suoi otto anni con il Bayern Monaco, dei gol segnati e di quanto con la nazionale polacca abbia provato a scrivere la storia di un intero Paese, trascinandola sulle proprie spalle. E pensare che tutto questo, nel 2010, prima che Robert potesse diventare il fenomenale attaccante che è stato e che continua a essere, avrebbe potuto avere un altro esito, un’altra storia, un’altra vicenda. Per condurlo dalle fredde cime della Baviera alle calde coste della Lanterna genovese.

Nel 2010 Robert Lewandowski è un giocatore del Lech Poznan e ad appena 21 anni sta attirando su di sé l’attenzione di tutta Europa. Ha già debuttato in Europa League e nonostante quel fisico esile riesce ad avere le movenze di un grande bomber: deve solo mettere più massa per riuscire a essere una vera e propria roccia in mezzo all’area di rigore, poi sarà un vero fenomeno. A Poznan stabiliscono il prezzo, che è accessibile per chiunque: si parla di 4,5 milioni di euro, per riuscire ad aggiudicarsi quello che diventerà, statene certi, un vero e proprio affare. E in quegli anni chi si diverte a scovare talenti qui e lì è Fabrizio Preziosi, figlio del più noto Enrico, presidente e patron del Genoa. Supportato da Stefano Capozucca, direttore sportivo del Grifone, i due decidono di provare a concretizzare quell’intuizione. Questa è la storia di come, nel 2010, Robert Lewandowski sfiorò il trasferimento al Genoa.

C’era Rodrigo Palacio a guidare il Grifone quell’anno e l’allenatore è Gian Piero Gasperini, che però durante l’anno lascerà la panchina a Davide Ballardini. C’è Domenico Criscito – ma lui c’è ancora adesso – c’è Eduardo in porta e ci sono Kucka, Miguel Veloso, Mattia Destro, Emiliano Moretti e Stefano Sturaro. Nomi che in Serie A ci sono stati per molto tempo. Manca davvero solo Robert. A marzo il primo approccio per portarlo in Italia, direttamente a Poznan, e poi l’agente del giocatore lo accompagna a Genova per le visite mediche: tutte superate brillantemente e strette di mano che significano, nel gergo dei gentiluomini, che oramai è tutto fatto. Manca solo la firma e la storia potrà cambiare. Lewandowski si presenta ad alcuni compagni di squadra, giovanissimo, e assiste a un derby contro la Sampdoria.

Lewandowski GenoaGetty/Goal

La stampa inizia a parlare dell’affare, si vocifera che il Genoa ha siglato un grande colpo, ma la società preferisce smentire, per non dare adito a illazioni e voci. Una scelta inaspettata, curiosa, che frena tutto, nonostante l’affare fosse davvero concluso, come confermato successivamente anche da Cezary Kucharski, oltre che da Gian Piero Gasperini, che conferma di aver visto il giocatore, di avergli stretto la mano e di avergli dato il benvenuto. Ciò che accadde su quella tribuna del Luigi Ferraris durante il derby con la Sampdoria non è dato sapersi. Pare che Preziosi in qualche modo non fosse rimasto soddisfatto del fisico gracile del giocatore, al quale – come già detto – serviva effettivamente metter su un po’ di massa. Per altri, invece, il Lech finì per alzare il prezzo dell’affare, notando il buzz mediatico che si stava sviluppando intorno al giocatore, per un annuncio molto più potente di quanto ci si aspettasse in patria.

Insomma, alla fine Preziosi, convinto dal proprio fiuto e andando contro a quanto indicato dal figlio, decise di non concludere l’accordo e di rimandare Lewandowski a casa prima che potesse firmare il proprio contratto col Genoa. Al suo posto la società si riversò con prepotenza su Luca Toni, il cui fisico era simile al polacco, ma che fisicamente era più formato, oltre ad avere un’esperienza dalla sua che gli aveva già permesso di ben figurare con Palermo, Fiorentina e Bayern Monaco, oltre a essersi messo in tasca il titolo di campione del mondo con l’Italia. Il costo fu, tra l’altro, lo stesso perché dalla Baviera chiesero appena quattro milioni di euro per il giocatore che aveva trascorso gli ultimi sei mesi in prestito alla Roma: l’ingaggio assicurato a Toni fu di altrettanti 4 milioni di euro a stagione, diventando il più pagato nella storia del club. Preziosi, a fine stagione, non ne fu altrettanto soddisfatto, dandogli un 3 in pagella, come i gol che aveva segnato in campionato.

Lewandowski, invece, nell’estate del 2010 sfumato il Genoa si trasferì in Germania, al Borussia Dortmund, per gli stessi 4 milioni di euro che costò Toni al Genoa e che il Lech aveva, più o meno, chiesto al Grifone. Si trattò, all’epoca, della cifra più alta incassata da un club polacco per un singolo trasferimento. A Dortmund Lewandowski trova Jurgen Klopp, col quale nasce una grande sintonia e inanellano dei buoni risultati sportivi, portando la squadra a una semifinale di Champions League contro il Real Madrid, due Bundesliga, una Coppa di Germania e una Supercoppa di Germania. Dopo quattro anni, a parametro zero, si accasa al Bayern Monaco, soddisfacendo quella regolarità storica che tanto ci piace e che ci affascina. Anche se, a posteriori, rimane sempre il fascino di poter conoscere cosa passò per la testa di Preziosi quel giorno e perché quell’anticipazione della stampa scatenò una tale reazione da spingere il Genoa a rimandare Robert Lewandowski al Lech Poznan, facendo sfumare quello che sarebbe stato un affare da annali del calcio.

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