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La Masia Andres Iniesta Lionel Messi Xavi BarcelonaGetty/Goal composite

Storia, origini e segreti de La Masia, il cuore pulsante del Barcellona

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Domenica 24 ottobre, il Barcellona ha vinto di goleada il Clásico contro il Real Madrid. Per quanto riguarda il numero dei calciatori fatti in casa, se non altro. Undici contro cinque. Da una parte La Masia del Barça, con Iñaki Peña, Mingueza, Eric Garcia, Piqué, Jordi Alba, Alejandro Balde, Sergi Roberto, Gavi, Riqui Puig, Busquets e Ansu Fati. Dall'altra La Fábrica del Real, con i soli Nacho, Carvajal, Lucas Vazquez, Luis Lopez e Antonio Blanco. Però il campo ha emesso un verdetto diverso, se è vero che a vincere è stata la squadra di Carlo Ancelotti. Segno dei tempi che cambiano, pur rimanendo immutati da una quarantina d'anni a questa parte.

Quarantadue, per la precisione. Sono gli anni de La Masia, il fulcro di tutte le giovanili del Barcellona, inaugurato il 20 ottobre del 1979. Da una decina d'anni fa parte della Ciutat Esportiva Joan Gamper, il centro sportivo che ospita anche gli allenamenti della prima squadra. La sua costruzione risale addirittura al 1702, in realtà. Attorno alla metà del ventesimo secolo ospitava gli architetti che avrebbero costruito lo stadio. Dal 1957, anno in cui il Camp Nou ha preso effettivamente vita, si è trasformata nel quartier generale del Barça. E poco più di 20 anni più tardi, con l'espansione delle strutture del club sotto la presidenza di Josep Lluis Nuñez, è diventata ciò che è oggi: un marchio, un evidentissimo segno di riconoscimento.

“Un giocatore uscito da La Masia ha qualcosa di diverso dagli altri – ha detto Pep Guardiola – È quel plus che nasce dal fatto che competi con la maglia del Barcellona sin da quando eri bambino”.

Dal 2011 il nome completo de La Masia è La Masia-Centre de Formació Oriol Tort. Prende il nome di uno degli elementi forse meno conosciuti, ma più importanti, dell'intera storia del Barcellona: Oriol Tort, appunto. Nato nel 1929 e scomparso nel 1999, costretto ad abbandonare la carriera di calciatore ad appena 27 anni a causa di un infortunio all'anca, si è ben presto messo in testa un sogno: far diventare le giovanili del Barcellona un modello. Il club, dove aveva già lavorato come allenatore delle giovanili, gli ha dato l'opportunità di farlo dal 1978, nonostante ai tempi non fosse altro che un rappresentante farmaceutico.

Racconta il giornalista e scrittore catalano Genis Sinca che Tort, dopo il lavoro, “partiva per guardare le partite, in particolare gli under 13. Passava i fine settimana a non fare altro”. Qualche volta durante la stagione “assisteva dalle quindici alle venti partite di calcio” a weekend. È così che è diventato uno degli scout più preziosi della storia del calcio. È stato lui a scoprire un giovanissimo Pep Guardiola, da lui definito anni dopo “un saggio del calcio”. Quando Oriol è morto, nel 1999, Pep gli ha reso omaggio: “Da oggi il Barça è meno saggio”. Nel 2011, quando il Barcellona ha portato tre giocatori su quattro provenienti da La Masia (Messi, Xavi e Iniesta) ai primi posti della classifica del Pallone d'Oro, l'ex coordinatore delle giovanili Albert Benaiges lo ha ricordato durante la cerimonia: “Questo premio è per lui”.

“Oriol Tort è stata una figura straordinaria nel Barcellona – ha detto durante quella serata Vicente del Bosque, ex allenatore del Real Madrid ed ex commissario tecnico della Spagna – Era il classico personaggio anonimo che a livello popolare magari non diceva nulla, però è stato fondamentale. Qui ci sono tre giocatori (Messi, Xavi e Iniesta, ndr) e due allenatori (lo stesso del Bosque e Guardiola, seduto accanto a lui, ndr) cresciuti in casa. E indipendentemente dal fatto che uno giochi nel Barcellona e l'altro nel Real, questo deve essere un giorno di festa per tutti, perché è il trionfo della cantera”.

La Masia Andres Iniesta Lionel Messi Xavi BarcelonaGetty/Goal composite

Da quel 1979, La Masia del Barcellona si è strutturata sempre più con il passare degli anni. Con un principio base da tramandare ai posteri, nei secoli dei secoli: quello del possesso palla, del calcio come forma d'arte. Una filosofia che attraversa l'intero club, dai ragazzini alla prima squadra. E che ha raggiunto il suo primo apice con il Dream Team di Johan Crujiff, la macchina da guerra capace di conquistare la Liga per quattro volte di fila tra il 1991 e il 1994, più la Coppa dei Campioni di Wembley contro la Sampdoria. E che è rinata grazie a Pep Guardiola e all'altro Dream Team, quello capeggiato da Leo Messi.

E poi c'è stata la serata storica. Quella che non ha portato trofei, ma un senso d'orgoglio difficilmente quantificabile. Il 25 novembre del 2012, in una partita vinta per 4-0 in casa del Levante, il Barcellona giocato con 11 calciatori su 11 provenienti da La Masia. Lo ha fatto dal 14', minuto in cui il futuro interista Montoya è subentrato all'infortunato Dani Alves, al 75', quando Jordi Alba è stato sostituito da Adriano. Il progetto visionario di Louis van Gaal – molto criticato, ironia della sorte, per l'olandesizzazione sfrenata della rosa durante il suo periodo in panchina – si è concre

“Van Gaal diceva che il suo sogno era vedere in campo contemporaneamente 11 giocatori provenienti dal settore giovanile – ha ricordato Xavi dopo quella partita – Bene: gli mando un abbraccio, perché il suo sogno è diventato realtà. E questa è una prova ulteriore del lavoro svolto per molti anni. Chi lavora a La Masia sarà soddisfatto”.

Nel 2011, la Masia è stata spostata. L'hanno inserita nella Ciutat Esportiva Joan Gamper, l'hanno intitolata a Oriol Tort. E l'hanno inaugurata proprio il 20 ottobre, 31 anni dopo l'inizio di tutto. Come riferisce il Barcellona, il costo totale è stato di 11 milioni di euro. Un dato piuttosto significativo. Contiene stanze per quadruple, doppie e individuali, una palestra, una sala massaggi, un centro audiovisivo, aule studio e una cucina, oltre ai campi da calcio. Da agosto hanno iniziato a frequentarla anche nove ragazze, sulla spinta dei successi della formazione femminile del Barcellona, vincitrice nella scorsa stagione di Liga e Champions League.

Un paio d'anni fa è venuta alla luce una serie di parole proibite, termini che i ragazzi de La Masia non devono pronunciare mai e poi mai. “Pensare al contrario”, ad esempio, perché il Barcellona non può modificare la propria filosofia di gioco in base all'avversario che si ritrova di fronte. O “gioco reattivo”. O “verticalità”, la fretta di arrivare in porta il prima possibile, nemica del tiqui taca. O ancora “sofferenza” e “noia”. Perché quando si gioca a calcio ci si deve divertire.

Ma La Masia, che attualmente ospita 13 filiali del Barcellona e 700 tra ragazzi e ragazze dagli 11 ai 18 anni, dei quali 79 vivono a tempo pieno nella struttura, non è soltanto pallone. Non lo è mai stata. A renderla unica c'è anche tanto altro. Si parla di valori, innanzitutto. Il rispetto, l'umiltà, la comprensione di ciò che il Barça rappresenta nella Catalogna, in Spagna e nel mondo.Mès que un club, appunto. Più di un semplice club. Fino al raggiungimento della maggiore età non sono permessi tatuaggi, ma nemmeno piercing o tintura dei capelli. Niente smartphone a tavola. E lo studio deve andare di pari passo con il pallone.

Carles Puyol, uno dei nomi più illustri usciti da La Masia, ha ricordato che durante il suo biennio a La Masia “era un po' come essere negli scout. Quaranta ragazzi che condividevano quattro camere. E ognuno stava cercando di far sì che il proprio sogno diventasse realtà”.Sergi Roberto ha raccontato all'emittente ufficiale del Barcellona di quella volta in cui lui e altri compagni riprogrammarono l'allarme della sveglia di Adrià Carmona. Il poveretto sì svegliò, si alzò, si vestì di tutto punto per uscire, convinto che fossero le sette di mattina. E all'ingresso trovò il portiere di notte: “Ma dove vai a quest'ora?”. Era soltanto l'una. “All'inizio Adrià se la prese, ma ora ricordiamo sempre quell'episodio tra le risate”.

Puyol è uno di quelli che sono nati e cresciuti in Catalogna, rimanendovi poi per tutta la vita. Ma ci sono anche gli spagnoli scovati nel resto del paese e inseriti nel meccanismo tramite una serie di provini. E poi ci sono pure gli stranieri. Come Leo Messi, il più forte di tutti.“All'inizio, quando diceva 'hola', non lo sentivi neppure”, ha ricordato il suo ex compagno Robert Franch. “A noi insegnavano a giocare a uno o due tocchi, perché il pallone viaggiasse rapidamente – ha detto invece Marc Valiente, oggi allo Sporting Gijon – Ed ecco che dal nulla compare questo ragazzino capace di toccare la palla quattro o cinque volte con la stessa velocità con cui noi lo passavamo”.

Non arrivava nemmeno al metro e mezzo, Messi. Lo chiamavano “el Enano”. E a ben vedere è uno dei segni del cambiamento visto negli ultimi anni. Come ammesso nel marzo del 2017 a Goal da un allenatore delle giovanili, che ha chiesto di rimanere anonimo, “la visione del club è cambiata rispetto a prima. Adesso si cercano giocatori forti, non giocatori di talento, e ai provini alla Masia ora senti dire 'che peccato, è troppo piccolo'”. Il più restio a utilizzare i giocatori della cantera è stato Luis Enrique, che “è sempre stato riluttante, con le eccezioni di Rafinha e Sergi Roberto”, e ha preferito indurre la società ad acquistare André Gomes e Paco Alcacer, due sonori flop. Strano, se si considera che proprio lui ha chiamato e fatto esordire con la Spagna Gavi, diciassette anni.

Errori di valutazione che in realtà non sono mancati nemmeno nei decenni precedenti, nei quali più di un giocatore di talento usciva da La Masia, non trovava spazio in prima squadra e veniva ceduto. Salvo essere riacquistato anni più tardi, spesso a cifre esorbitanti. Gli esempi illustri non mancano: da Cesc Fabregas a Jordi Alba, da Gerard Piqué a Eric Garcia, l'ultimo della lista, lasciato partire troppo in fretta e ripreso dal Manchester City nell'estate del 2021.

Lo scenario, a quanto pare, sta però cambiando. La Masia è tornata al centro dei pensieri di un Barcellona sull'orlo del collasso economico. Lo testimoniano gli undici canterani convocati per il Clásico contro il Real Madrid. Lo testimoniano i quattro capitani stagionali fatti in casa (Busquets, Piqué, Jordi Alba e Sergi Roberto). E lo testimoniano soprattutto i recenti rinnovi da record di Pedri e Ansu Fati, esaltati dal club sui social network con l'hashtag #DreamTeen. Entrambi si sono visti inserire nel contratto una clausola rescissoria da record di un miliardo di euro. Ed entrambi rappresentano la via d'uscita dalle turbolenze. Non sarà un processo semplice. E non sarà breve. Ma il Barça, forse, è finalmente tornato a seguire la strada maestra della propria storia.

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