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Igor Simutenkov GFX

Simutenkov, il 'Piccolo Zar' passato per Reggiana e Bologna

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Minuto novantadue: Vincenzo Montella, sin lì autore di una grande prestazione impreziosita da una doppietta, perde palla sulla trequarti e il Bologna riparte. Lungo lancio a premiare la corsa di Igor Simutenkov che, tutto solo sull’out di destra, si accentra verso l’area della Sampdoria e, poco dopo esservi penetrato, viene a contatto con Nenad Sakic. Per il direttore di gara Alfredo Trentalange non ci sono dubbi: è calcio di rigore.

Sono tra gli attimi più intensi dell’intero campionato di Serie A 1998-1999. I blucerchiati infatti sono avanti 2-1 al Dall’Ara e in palio c’è molto più che un semplice punto. Il Bologna, che ha già eliminato nel corso della stagione la Samp prima dall’Intertoto e poi dalla Coppa Italia, non ha nulla da chiedere ad una partita che al massimo può consentirgli di congedarsi al meglio dal suo pubblico, dopo un’annata che l’ha visto grande protagonista in Europa, mentre per il Doria il discorso è completamente diverso.

La compagine guidata da Luciano Spalletti ha infatti bisogno di una vittoria per restare aggrappata a quella permanenza in Serie A da giocarsi poi all’ultima giornata. Qualunque altro risultato vorrebbe dire retrocessione in Serie B dopo diciassette anni scanditi da quattro Coppe Italia, una Supercoppa Italiana, una Coppa delle Coppe e soprattutto dallo storico Scudetto del 1991 targato Vialli, Mancini e Boskov.

La trasformazione del rigore spetterebbe all’ex Beppe Signori che però lascia l’incombenza a Klas Ingesson. Il gigante svedese, che ha già segnato al 27’ il goal del momentaneo 1-1, resta impassibile nonostante un clima rovente e le tante proteste blucerchiate che hanno preceduto la battuta e con il piattone destro spiazza Ferron. E’ la rete del 2-2, quella che condanna la Sampdoria alla Serie B. Incredibilmente, anche il 15 maggio del 1977 erano stati i felsinei alla penultima giornata a spedire i blucerchiati in serie cadetta.

Luciano Spalletti, al quale ad inizio stagione era stata affidata una squadra con ambizioni europee, dopo il triplice fischio finale non farà nulla per nascondere l’enorme delusione.

“E’ sicuramente il momento più difficile della mia breve carriera. Sto provando un’amarezza ed un dispiacere che non riesco ad abbinare a nulla, se non alla perdita dei genitori. Adesso c’è solo rabbia e avrei qualcosa da dire su quel calcio di rigore”.

Proprio quel rigore conquistato, del quale tra l’altro anni dopo l’arbitro Trentalange parlerà come di un errore di valutazione, ha alla fine rappresentato forse la traccia più evidente del passaggio di Igor Simutenkov in Italia. Lui che anni prima era arrivato dalla Russia preceduto dalla fama di punta estremamente prolifica, nel Belpaese solo di rado era riuscito a mostrare ciò di cui era realmente capace.

L’etichetta di vero e proprio bomber se l’era abbondantemente guadagnata nel corso dei due anni precedenti. Dopo aver infatti esordito nel calcio professionistico giovanissimo con la maglia della Dinamo Mosca, prima si era imposto all’attenzione di tutti nel 1993 realizzando a venti anni ben sedici goal in trentatré partite di campionato, poi si era confermato a livelli straordinari l’anno successivo, quando le ventuno reti in ventotto partite di Vysšaja Divizion, l’antenata della Prem'er-Liga, gli erano valse i titoli di capocannoniere del torneo, oltre che di miglior giocatore di Russia.

Quando nel novembre del 1994 la Reggiana decide di portarlo in Italia, lo fa con la certezza di essersi garantita un elemento potenzialmente in grado di fare la differenza. Quella che viene messa a disposizione di Enzo Ferrari, tecnico che intanto è subentrato a Pippo Marchioro dopo un inizio di stagione estremamente deludente, è una prima punta atipica, visto che più che sulla prestanza fisica può puntare soprattutto sulla tecnica e la velocità. Simutenkov, che a Reggio Emilia verrà presto ribattezzato ‘Il Piccolo Zar’, dovrà quindi essere nei pensieri della società il grimaldello capace di aprire spazi per i compagni e rivitalizzare un attacco che nelle prime dodici giornate di campionato si è rivelato semplicemente anemico.

Quella che trova il gioiellino russo è una squadra ultima in classifica in Serie A, che non è ancora riuscita a vincere una sola partita nel torneo, e che è considerata da molti la vera grande delusione del campionato. Può infatti contare su alcuni elementi di valore come Antonioli, De Agostini, Gregucci, Gambaro, De Napoli, Oliseh e soprattutto Paulo Futre, il fuoriclasse lusintano la cui qualità tecnica è pari solo a quell’enorme dose di sfortuna che gli ha impedito di imporsi come uno dei più forti giocatori della sua generazione.

Gettato subito nella mischia, Simutenkov trova il goal all’esordio nel match contro la Cremonese che vale la prima vittoria in campionato. E’ titolare anche nella sfida successiva vinta per 3-0 contro il Padova e poi a gennaio, nel giro di cinque giorni va per due volte in rete prima contro il Milan, in una sconfitta a San Siro, e poi in casa con il Torino decidendo la sfida.

La Reggiana sembra quindi aver finalmente ingranato la giusta marcia, quella che può portare ad una salvezza praticamente già insperata ma, proprio nel suo momento migliore, la squadra si bloccherà insieme al suo giovane bomber. Da lì in poi la ‘Regia’ non riuscirà più a trovare la strada e per un’altra affermazione bisognerà attendere fine maggio quando la retrocessione è realtà già da tempo, mentre Simutenkov ritroverà il goal solo all’ultima giornata.

Zvonimir Boban Igor Simutenkov Milan ReggianaGetty Images

Quella che si presenterà ai nastri di partenza della stagione successiva sarà, per forza di cose, una squadra rivoluzionata. La società si muove tanto in sede di mercato, decide di affidare la panchina ad un giovane Carlo Ancelotti, ma in attacco punta ancora sul ‘Piccolo Zar’, convinta che con le sue qualità in Serie B possa fare la differenza.

L’inizio di stagione non lascia presagire niente di buono, visto che la partenza è a dir poco deludente, ma alla fine la qualità della rosa verrà fuori. La Reggiana riuscirà a risalire fino ad un terzo posto finale che varrà la promozione. I goal di Simutenkov, il capocannoniere della squadra al pari di Pietro Strada, saranno otto.

Sarà questa la migliore stagione italiana dell’attaccante russo. In quella successiva infatti le sue sei reti in trenta partite non saranno sufficienti per evitare una retrocessione diventata matematica con ben quattro turni di anticipo, mentre la sua ultima in maglia granata sarà costellata da tanti problemi fisici e da appena due goal, l’ultimo dei quali, quello segnato il 26 aprile 1998 contro il Castel di Sangro, varrà la sua prima esultanza in casa dopo due anni di astinenza, oltre che l’ultima in assoluto a Reggio Emilia.

Quando saluterà, lo farà dopo venti marcature in novantasette partite, e la certezza di essere comunque riuscito ad entrare nel cuore della tifoseria.

“Reggio resterà per sempre la mia seconda casa, mia figlia Anastasia è nata lì. La stagione con Ancelotti, quella del ritorno in Serie A, fu splendida ed io segnai otto goal”.

Nell’estate del 1998 per settimane viene dato praticamente per certo il suo passaggio ai Duisburg, ma alla fine si accasa al Bologna, dove trova anche il connazionale Kolyvanov. In un attacco che prevede oltre all’ex Foggia anche Signori e Anderson non è facilissimo trovare spazio, ma il goal all’esordio in Coppa Italia sul campo della Reggina è di quelli che danno fiducia.

“Sono venuto a Bologna per recuperare il tempo perduto. Mi considero una seconda punta esterna e sono veloce, se Mazzone ha bisogno di un contropiedista, io faccio per lui. Voglio tornare nel giro della Nazionale e dimostrare di poter essere un giocatore giusto per la Serie A. Non posso più essere un’eterna promessa, adesso devo esplodere”.

Le possibilità per mettersi in mostra in rossoblù saranno poche e le presenze in campionato saranno solo quattordici, la penultima delle quali proprio nello storico match contro la Sampdoria. Sarà quello il suo ultimo campionato in Italia e sarà scandito da tre reti. Per lui si chiuderanno per sempre anche le porte di una Nazionale con la quale era riuscito a totalizzare venti presenze condite da nove goal, a dimostrazione del fatto che il meglio lo aveva già dato.

Ripartirà dalla Spagna, dove si toglierà poche soddisfazioni con il Tenerife e poi nel 2002 diventerà il primo giocatore russo a militare nella MLS americana, quando firmerà per quei K.C. Wizards che condurrà al trionfo in Lamar Hunt U.S. Open Cup nel 2004, vincendo il suo unico titolo in carriera, prima di essere rilasciato.

Ormai è ai margini del grande calcio ed è costantemente alle prese con gli infortuni quando nell’aprile del 2005 torna agli onori della cronaca. La Corte di Giustizia Europea infatti gli dà ragione accogliendo un ricorso che risaliva ai tempi del Tenerife con il quale aveva richiesto di poter essere equiparato ad un giocatore comunitario. Da quel momento in poi per molti sarà il ‘Bosman russo’, visto che quella vittoria ebbe l’effetto di una rivoluzione in ambito calcistico.

Chiusa la carriera ad appena 33 anni, dopo un’ultima parentesi in terza divisione con la Dinamo Voronez, intraprenderà la carriera da allenatore e nel 2009 la sua strada tornerà ad incrociarsi con quella di Luciano Spalletti.

Il tecnico toscano, trasferitosi in Russia per guidare lo Zenit San Pietroburgo, lo inserirà nel suo staff perché ampio conoscitore del calcio di quelle parti, oltre che perfetto padrone della lingua italiana.

Esattamente dieci anni prima, con quel rigore dubbio che si procurato in Bologna-Sampdoria, aveva dato una spinta ai blucerchiati verso il baratro, riservando a Spalletti una delle sue più cocenti delusioni da allenatore. Il grande potere del calcio è anche questo: non ci sono nemici, è il ‘Dio Pallone’ a decidere come e quando far sfiorare due destini.

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