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Shevchenko, il re dell'est: il Pallone d'Oro e la seconda avventura al Milan

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"Ho scoperto un diamante" ripeteva continuamente il "colonnello" Valery Lobanovskyi ai propri assistenti tra la nebbia e il gelo delle lande ucraine: la leggenda del calcio sovietico di talenti ne aveva visti, ma quel ragazzino biondo lo aveva proprio stregato.

Quel ragazzino biondo rispondeva al nome di Andriy Shevchenko , che presto sarebbe diventato una leggenda del calcio mondiale con la maglia del Milan . Cresciuto a pane e disciplina nelle giovanili della Dinamo Kiev, il classe '76 ha sempre affermato che senza la preziosa e ferrea guida del suo maestro non sarebbe mai diventato quel fenomenale attaccante che tanto ha fatto sognare i tifosi rossoneri.

I primi segnali di un fisico granitico, del resto, furono dati proprio dalla celebre "salita della morte": un particolare esercizio fisico imposto da Lobanovskyi con ripetute al 16% di pendenza, durante il quale i giocatori arrivavano talmente stremati da avere conati di vomito. Sheva fu l'unico a non avere mai nessun tipo di problema.

Con la squadra ucraina Shevchenko si presenta incantando l'Europa: nella stagione 1997/98 stende il Barcellona al Camp Nou firmando una tripletta. E' il perfetto biglietto da visita di un predestinato che sarebbe entrato qualche anno più tardi nella storia della Champions League.

Andriy Shevchenko Champions League 1998/1999Getty

L'anno successivo si carica sulle spalle una sorprendente Dinamo Kiev portandola addirittura a sfiorare un miracolo sportivo in semifinale della massima competizione europea per club: Sheva diventa capocannoniere del torneo con 8 reti insieme a un 'mostro sacro' dell'epoca come Dwight Yorke, storico bomber del Manchester United.

Arrivano così le attenzioni del Milan, che lo porta in Italia nell'estate del 1999 e gli regala subito le chiavi del reparto offensivo. Velocità, potenza, tecnica e senso del goal vanno ad integrare un fisico d'acciaio: Sheva si mostrerà al mondo come uno degli attaccanti più completi che la storia di questo sport abbia mai conosciuto.

"Era la prima settimana di Sheva con noi. Nel giorno delle ripetute, alla fine dell'allenamento, ci stavamo dirigendo tutti negli spogliatoi. Andriy un po' titubante e con un italiano zoppicante mi chiese: 'Billy scusa quando inizia allenamenti?' Credevo che mi stesse prendendo in giro, ma poi ho capito che diceva sul serio quando sono uscito dagli spogliatoi dopo la doccia e lo vidi ancora ad allenarsi da solo...", svelò quasi incredulo qualche anno dopo il suo ex compagno Billy Costacurta.

Con il Diavolo vincerà praticamente tutto: Scudetto, Coppa Italia, Supercoppa Italiana, Champions League e Supercoppa Europea, arricchendo il proprio palmares con ben tre titoli di capocannoniere della Champions.

Shevchenko Milan Juventus 2002-2003Getty

Ma è proprio la notte di Manchester a svoltare la carriera del fuoriclasse ucraino, che trascina il Milan di Ancelotti sul tetto d'Europa siglando poi anche il rigore finale nel 'teatro dei sogni' in quella notte del 28 maggio 2003. Celebre ormai il suo ripetuto sguardo glaciale verso l'arbitro, immortalato dalle telecamere in primo piano prima di battere Buffon con l'ultimo penalty.

"Quello sguardo era uno sguardo sicuro, stavo aspettando il fischio dell’arbitro, lui ha fischiato e io non ho sentito. Poi stavo guardando un po’ l’arbitro e un po’ il portiere, ero molto concentrato. L’emozione c’è stata nei trenta metri di cammino fino al dischetto, ti passano tanti pensieri. Però quando sono arrivato lì ero concentrato, ero sicuro, e stavo aspettando solo il fischio".

L'anno successivo l'Europa gli riconosce il grande lavoro fatto nel corso della sua crescita: nel 2004 il Pallone d'Oro è suo e il suo nome è già scolpito negli archivi dei più grandi campioni rossoneri.

Ballon d'or 2004 ShevchenkoGetty

Un'avventura lunga sette anni, che si chiude però con una doccia gelata per i tifosi milanisti: nel 2006, poco prima che il calcio italiano affrontasse la bufera 'calciopoli', il numero 7 dice addio accettando il corteggiamento del Chelsea per motivi personali.

In Inghilterra esordisce a modo suo: va subito in goal alla prima in Community Shield ma il suo bacio alla maglia Blues scatena non poche polemiche nell'ambiente rossonero, ancora profondamente ferito dal divorzio con il proprio idolo.

I mesi passano ma Sheva non riesce ad ambientarsi in Premier League, complice anche una brutta serie di infortuni: Mourinho arriva addirittura al punto di schierarlo a centrocampo e il fuoriclasse ucraino è l'ombra di sé stesso.

Andriy Shevchenko ChelseaGetty

Nell'estate del 2008 arriva il clamoroso e romantico ritorno a casa, seppur soltanto in prestito: Sheva viene accolto nuovamente dai tifosi del Milan, ma la magia non è più la stessa. Il meraviglioso centravanti capace di infiammare San Siro è soltanto un lontano ricordo.

Con il numero 76 sulle spalle (la storica maglia numero 7 era già vestita da Alexandre Pato) arrivano soltanto due reti, una in Coppa Italia e una in Coppa Uefa, in 26 partite totali. Fisicamente meno brillante e spesso acciaccato da guai fisici: al termine della stagione la dirigenza rossonera lo lascia tornare al Chelsea, che lo girerà poi di nuovo alla Dinamo Kiev, dove vivrà gli ultimi tre anni della sua carriera chiudendo il cerchio di una carriera monumentale.

shevchenko.jpg

Nella mente del popolo rossonero restano però gli innumerevoli e indelebili ricordi di un attaccante impressionante, entrato di diritto tra le leggende del Milan e secondo miglior marcatore della storia del club con 175 reti alle spalle di Nordhal.

E pensare che suo padre, meccanico dell'esercito sovietico, aveva già disegnato un futuro da militare per suo figlio, ben lontano dai campi di calcio: l'osservatore della Dinamo Kiev lo convinse a fatica spiegandogli come il calcio lo avrebbe irrobustito proprio per la carriera militare.

D'altronde la disciplina del 'colonnello' Lobanovskyi richiamava a lunghi tratti proprio quella dell'esercito. Il resto è solo storia: per tutti i tifosi del Diavolo quel timido ragazzo biondo sarà sempre e per sempre semplicemente il ' Re dell'Est '.

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