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Sergio Almiron Juventus Livorno Serie AGetty

Dalle punizioni all'incrocio al Padel: Sergio Almiron, il "Gladiatore"

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Le sopracciglia inarcate verso il basso tradiscono una certa fretta di andar via, quasi fosse stato catapultato in mezzo a una folta platea di giornalisti da chissà quale mondo lontano proprio mentre stava sbrigando altre faccende quotidiane, o come se avesse scordato sui fornelli la cena: tant’è che la sua primissima conferenza stampa dal suo arrivo alla Juventus è un compendio di risposte monosillabiche e mezze smorfie, concluse anzitempo.

“Quello che voglio dire è che non ho tanta esperienza come i giocatori che sono già qua. Camoranesi, Trezeguet, Nedved: non ho detto che non sono all’altezza. Cercate di capirmi un pochettino perché è la prima conferenza stampa che faccio e sono un po’ nervoso. È la prima volta che parlo con così tanta gente davanti”.

È il primo anno dal ritorno della Juventus in Serie A dopo quello storico trascorso in B: sulla panchina bianconera siede Claudio Ranieri, che a maggio ha salvato il Parma da un’apparentemente inevitabile retrocessione. Sergio Bernardo Almiron, però, è dove meritava di essere: reduce da tre stagioni intense all’Empoli, con picchi altissimi e momenti di pura costanza a centrocampo. Tra questi una rete, due anni prima, siglata al Delle Alpi proprio a Gianluigi Buffon: ma va raccontata bene.

Al terzo minuto c’è un calcio di punizione per la formazione allenata da Gigi Cagni, suo grande maestro: un piazzato dai venticinque metri, da posizione centrale. Il lato curioso dell’episodio è che per un momento, un preciso istante, sia Buffon che Almiron sono stati equidistanti dal pallone. Solo che uno, ragionevolmente, era in porta: l’altro, invece, aveva scelto di far partite la propria rincorsa a ridosso della linea di centrocampo.

Sergio Almiron Juventus Livorno Serie AGetty

Quel che ne esce è un destro talmente forte da fare il giro e ingannare sia la barriera che il portiere che, di lì a poco, si sarebbe laureato campione del Mondo come uno dei giocatori più forti della competizione. Non valse a nulla: la Juventus ribaltò il risultato grazie a una doppietta di Fabio Cannavaro. La gloria per quella rete, comunque, rimane eterna.

A detta sua è la più bella mai realizzata in carriera. Lo ha ammesso dopo averne segnato un’altra splendida, ma questa volta all’Inter al Massimino, nel 2011. Bergessio raccoglie palla a centrocampo, poi la scarica ad Almiron che senza pensarci fa partire un destro a giro, all’incrocio, che batte Castellazzi. Imprendibile persino per chi lo stava guardando dalle tribune, credendo avesse calciato fuori: diluviava, non era mica semplice.

“Convinto sono andato convinto a calciare quella palla: non volevo sinceramente metterla lì”, ha spiegato in conferenza stampa a Torre del Grifo.

Non era una partita qualunque, quella contro i nerazzurri per Almiron: duplice, per significato. La conferma del buon momento di forma nel Catania di Vincenzo Montella, “il piccolo Barcellona”, e il riscatto personale contro un allenatore che lo ha fortemente voluto alla Juventus, salvo poi spedirlo in prestito in Francia, al Monaco, dopo pochi mesi.

Sergio Almiron Catania Inter Serie A 15102011 Getty

Incalzante, un giornalista, tornando alla sua presentazione stralunata al club bianconero, gli ha subito fatto comprendere al meglio aspettative e riguardi particolari sul suo conto.

“Io penso che ti faccia fare il titolare: ti ha preso per questo”.

Non ha tutti i torti: o meglio, non all’inizio. Ranieri conferma le indiscrezioni e lo schiera nelle prime quattro gare ufficiali della stagione della Juventus: in Coppa Italia e in Serie A. L’argentino, però, si fa male prima del match contro la Roma: il ritorno all’Olimpico dei bianconeri. Salta pure quello contro la Reggina, quindi subentra nel derby contro il Torino e scende in campo contro Fiorentina, Genoa e Napoli. Fine.

O meglio, quasi fine: ne giocherà altre tre tra dicembre e gennaio, ma da fine ottobre non vede praticamente più il campo, proprio alla vigilia della gara contro la sua ex squadra, l’Empoli. A gennaio la Juventus lo cede in prestito ai monegaschi, avverando le preoccupazioni sul suo conto celate dietro alla tensione del primo giorno in conferenza stampa. Ma forse, doveva andar così.

L'appuntamento, puntuale, con la vendetta sportiva passa ugualmente, due anni più tardi. Che poi è anche il crocevia perfetto nella carriera dello stesso Almiron: al San Nicola il Bari inaugura la settimana da incubo della Juve di Ciro Ferrara. I bianconeri perdono 3-1 contro i "Galletti" di Gian Piero Ventura: la terza rete la segna proprio lui, Almiron. Un destro bellissimo, rasoterra, da lontano che spiazza Buffon. Non esulta. Sette giorni più tardi la Juventus perderà all'Olimpico contro il Catania. Juventus-Bari-Catania: il triangolo perfetto di Sergio.

Bari Juventus Sergio Almiron Serie AGetty

Oggi sono già passati quattro anni da quando Almiron ha appeso gli scarpini al chiodo: vive stabilmente in Sicilia, dove si è trasferito nel 2011, quando ha accettato l’offerta del Catania al termine di una delle sue più importanti esperienze in Italia, al Bari. E, soprattutto, ha persino cambiato sport.

Svestita la maglia dell’Acireale, Almiron ha impugnato la “pala” da Padel, realizzando persino un centro sportivo dedicato ai piedi dell’Etna: la sua, però, è più di una passione fine a se stessa. Ha indossato i panni dell’imprenditore, aprendo una “Padel House” proprio nel periodo in cui l’Italia guardava al Padel come occasione di ritrovo importante, nel 2020, con un certo interesse. Intuizione non indifferente.

Nei suoi campi giocano alcuni tra i giocatori dei tornei FITPRA, il sistema globale del tennis amatoriale della Federazione Italiana Tennis. Insomma, ci sa fare: gioca quando può, si diverte e permette agli altri di divertirsi. Proprio come un altro argentino, Esteban "El Cuchu" Cambiasso: magari un giorno si ritroveranno contro a livello professionistico. Chissà.

L’espressione dubbiosa non l’ha mai abbandonata e presto ha lasciato spazio al concetto di “certezza”: Almiron sa quello che vuole. Lo sapeva anche prima, quando in campo garantiva, in mezzo, costanza, gamba e una buona dose di imprevedibilità: a Bari era "il Gladiatore" non per caso. E alla fine sì. Non avrà vinto i titoli di Camoranesi, Nedved e Trezeguet, ma in Serie A il suo segno lo ha lasciato. Di potenza, dalla distanza, con rincorse esagerate o a giro all’incrocio.

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