Pubblicità
Pubblicità
Klaas Jan Huntelaar MilanGetty Images

Un cuore a metà tra Schalke e Ajax: Huntelaar, il 'cacciatore' che ha fallito al Milan

Pubblicità
Archivio Storie

Ogni attaccante olandese negli ultimi trent’anni ha dovuto convivere con gli ovvi paragoni con chi dell’Olanda ha scritto la storia. C’è chi è riuscito a sostenere questo peso e raggiungere il top, come Robin van Persie o Ruud van Nistelrooy, e chi quel top lo ha spesso sfiorato, ma non è mai riuscito a raggiungerlo. Come Klaas-Jan Huntelaar. È diventato il miglior marcatore nella storia dello Schalke 04 dopo Klaus Fischer, con il quale ha conquistato anche una DFB-Pokal e disputato una semifinale di Champions League, ma non è mai riuscito ad affermarsi come uno dei migliori centravanti sul panorama internazionale. Nonostante delle premesse che potevano proiettarlo addirittura fino al top, quello che ha sfiorato nei sei mesi con il Real Madrid. O in un anno con il Milan.

Lo chiamavano ‘cacciatore’. Un soprannome che ha trovato riscontri nel modo in cui in area di rigore andava a caccia della palla. Inglesizzandolo, anche per un’assonanza con il suo nome. Internazionalmente noto come ‘Hunter’, per l’appunto. Cresciuto in Olanda, passato per il PSV e il De Grafschaap, i primi goal all’Heerenveen e con l’Olanda Under 21 (di cui è attualmente il recordman con 18 goal in 23 partite) e la chiamata dell’Ajax. Inevitabile. Capocannoniere di Euro Under 21 2006 ed Eredivisie nello stesso anno. Nel roster dei lancieri si impone segnando quasi un goal a partita. Quando se ne va, dopo due anni e mezzo di goal, il conto dice 105 in tre anni. Impossibile dire no alla chiamata del RealMadrid, a gennaio 2009.

Klaas-Jan Huntelaar Real MadridGetty Images

Era l’estate prima dell’arrivo di Kakà, Cristiano Ronaldo e Benzema, quella che ha riportato in voga il termine ‘Galacticos’. Era il Real Madrid di Juande Ramos subentrato a Schuster. L’attacco si componeva di van Nistelrooy, Higuain, Saviola, Robinho, poi Robben e Sneijder e van der Vaart. Il Madrid degli olandesi. Per la verità, nulla di memorabile. Secondo nella Liga, fuori agli ottavi di Champions League - che non ha potuto nemmeno giocare per colpa di un errore di registrazione della dirigenza, che ha preferito includere Lassana Diarra - prematura eliminazione in Copa del Rey. La squadra sarebbe passata alla storia più per le cessioni a fine anno: Robben al Bayern dove è diventato leggenda, Sneijder eroe del triplete all’Inter. E Huntelaar a cercare gloria al Milan, facendo il percorso inverso rispetto a Kakà.

Non aveva una media eccezionale: 8 goal in 20 presenze, in un Madrid che funzionava poco. 6 mesi poco memorabili, finito in una squadra tritagiocatori, ben diverso da quell’Ajax in cui era coccolato e messo al centro dell’attenzione. Sperava di ritrovare quelle sensazioni al Milan, che cercava un nuovo ‘nove’ da inserire nel reparto con Pato, Inzaghi e Borriello. Il famoso Milan di Leonardo, il primo post Ancelotti, il 4-2-fantasia con Ronaldinho ad aver massima libertà. L’inizio di una nuova era, con un davanti un nuovo acquisto.

“Milano è una città molto importante per noi olandesi”.

Era stato un testa a testa tra Huntelaar e Luis Adriano, bomber del Siviglia e del Brasile. Aveva vinto il ‘cacciatore’. Maglia numero 11 sulle spalle. Tante aspettative. L’inizio, però, a dir poco traumatico. Una serie di prestazioni di bassissimo livello. 4 goal nelle prime 7 partite per il Milan, nessuno per il ‘Cacciatore’, un corpo estraneo. Tra il 28 ottobre e il 25 novembre non gioca nemmeno un minuto. Solo panchina. Fisso. Nel girone di Champions League ne mette insieme tre. Di minuti, non di presenze. Alla prima con il Marsiglia. Poi, una volta seduto, non si è più alzato. Le voci di un prematuro addio iniziavano a circolare, alimentate anche da alcune uscite del calciatore che non aveva intenzioni di perdersi il Mondiale del 2010.

KLAAS JAN HUNTELAAR MILANGetty Images

Epifania. Catania, ennesima partita bloccata sullo 0-0. Entra Inzaghi, non è successo nulla. Entra Huntelaar nel finale, una mossa quasi frutto più della disperazione che altro. Eccolo, il lampo. Mancino vincente, con mezza papera del portiere Andujar. Tanto basta per ritrovare fiducia, ed è tutta nel secondo goal: pallonetto dal limite dell’area, giocata da urlo. 0-2 Milan, al Massimino l’olandese si è ritrovato.

“Dopo Catania a livello mentale è certamente cambiato - ha dichiarato Leonardo - le emozioni del goal sono il pane quotidiano per un attaccante e anche il modo in cui è arrivata la doppietta è stato strepitoso. Forse questo gli ha permesso di tornare alla sua normalità dopo un periodo difficile, dovuto al suo inserimento in un momento in cui il Milan non andava bene”.

La svolta per la verità non arriva. Solo qualche episodio, qualche goal qua e là. Una doppietta con l’Udinese, la grande chance in Champions League contro il Manchester United negli ottavi di finale, due volte titolare ma nessuna delle due andando in goal. Il bottino finale è comunque misero: 7 goal in 30 presenze. E un addio già scritto, destinazione Germania, Schalke 04. Anche perché in rossonero di lì a poco sarebbe arrivato Zlatan Ibrahimovic, insieme a Robinho. E il Milan avrebbe vinto lo Scudetto.

A Gelsenkirchen sembra cambiare tutto: 8 goal nelle prime 12, in coppia con l’altro nuovo acquisto del mercato estivo, un certo Raúl, quel Raúl con cui il ‘Cacciatore’ ha condiviso l’esperienza al Real Madrid. In Germania è tutto diverso. E il suo stato mentale lo testimonia, almeno all’inizio. La parte centrale della stagione è da dimenticare, tra goal mancati e infortuni, ma riesce a tornare in tempo per essere dominante nella finale di DFB-Pokal contro il Duisburg con una doppietta.

La seconda stagione è quella buona. Anzi, un po’ di più di buona. Un goal a partita di media, 48 in 48, cifra tonda. Ovviamente, capocannoniere della Bundesliga. Orgoglio per lo Schalke, che vede i rivali del Borussia Dortmund vincere. Soprattutto la sensazione di aver ritrovato un nuovo idolo, un attaccante che poteva essere un’icona del club, come è stato Klaus Fischer (terzo miglior realizzatore di sempre in Bundesliga e recordman dello Schalke).

Klaas-Jan Huntelaar FC Schalke Europa LeagueGetty

A Gelsenkirchen Huntelaar ci resta fino al 2017, quando decide di tornare all’Ajax per chiudere la sua carriera. In Germania è messo da parte dal nuovo allenatore Domenico Tedesco. In Olanda, però, i goal piovono a grappoli. Si ritaglia addosso il ruolo di ‘dodicesimo’, ma in tante occasioni parte anche da titolare. Anche se i trenta sono passati da un po’, il fiuto del goal è rimasto. Soprattutto a casa, all’Amsterdam Arena.

Nel dicembre 2020 prende la decisione di ritirarsi al termine della stagione, poi a gennaio cambia idea e accetta di provare a tornare allo Schalke 04 e provare a salvare il club da una situazione disperata, con l’ultimo posto in classifica. Il ritiro può aspettare. Lascia l’Ajax con una doppietta da subentrato nei minuti finali contro il Twente. Il ritorno in Germania non va benissimo. Un paio di goal, solo 9 presenze per colpa di problemi fisici, la voglia di giocare nuovamente. Sognava di fermarsi dopo aver salvato uno dei due club più importanti della sua vita, ha dovuto accettare la dura verità. Consapevole comunque di rimanere per sempre nel cuore dei tifosi dello Schalke: 128 goal non si dimenticano. Ordinaria amministrazione per chi in cacrriera ha scollinato quota 400.

Huntelaar, dopo un'esperienza amatoriale all'HC’03 di Drempt, la sua città natale, ha fatto ritorno all'Ajax in veste di scout internazionale e consulente tecnico sulla composizione della prima squadra e della Jong.

Pubblicità

ENJOYED THIS STORY?

Add GOAL.com as a preferred source on Google to see more of our reporting

0