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Sandro Tonali: il ragazzo che non sarà mai (per sua fortuna) Andrea Pirlo

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Solo con pochi calciatori nella storia, oltre che per Diego Armando Maradona, si è avuta e si ha l’ossessione di trovarne un erede, qualcuno che ne ricordasse le movenze, l’intelligenza, il talento. Se con D10S, alla fine, dopo svariati tentativi sbiaditi e andati male – Ortega, Aimar, persino qualcuno davvero improbabile come Buonanotte – si è arrivati alla definitiva consacrazione di Leo Messi da Rosario come unico discendente certificato, per altri il rebus è ancora irrisolto, lontano dalla soluzione.

E allora i paragoni continuano, si inseguono, talvolta si forzano pur di strillare al mondo:“Eccolo, è lui! Lo abbiamo trovato!”.

Andrea Pirlo è una delle divinità pagane che il popolo cerca ancora di riscoprire tra i piedi delle nuove generazioni di calciatori. Con uno, in particolare, ci si era lanciati nel paragone: Sandro Tonali.

I tratti distintivi erano tanti, forse anche inquietanti. Origini della provincia lombarda, stessa trafila giovanile con il Brescia, identica collocazione in campo, davanti alla difesa e piedi sopraffini già presenti nella confezione fin dalla fabbrica. La spaventosa coincidenza continuava poi nelle espressioni facciali, lombrosianamente pacati, viso lungo, occhi all’apparenza disinteressati, capelli a celare in parte la timidezza dei modi, dimessi, garbati, educati.

La verità, però, viene sempre a bussare alla porta di chi azzarda troppo. E chi ha guardato per davvero giocare Sandro Tonali, a differenza di chi si era fermato alle concordanze basilari, ha capito che aveva di fronte un calciatore diverso da Andrea Pirlo, che dell’ex Inter, Milan e Juventus, Tonali aveva solo la testa alta e un lancio lungo millimetrico, ma la classe donata dal destino era messa a servizio per scopi diversi.

Pirlo lo ricordiamo tutti, inutile soffermarci. Tre sole parole: benedetto dal Signore. Per Tonali il discorso è differente. Non è Pirlo, non lo sarà mai, ma non è nemmeno Gattuso. Cioè, mi spiego, non è un regista sopraffino né un distruttore di gioco. Tonali è Tonali, uno dei pochi calciatori che è in grado di recuperare un pallone mettendosi con il corpo tra la palla e l’avversario e, invece di fare fallo, scippare il pallone e metterlo al posto giusto con i giri giusti.

E dire che la scorsa stagione, la prima in rossonero, Sandro aveva faticato e, com’è logico e consequenziale che sia in un paese (certe volte arretrato) che per indole penalizza e quasi colpevolizza i propri talenti, dal calcio alla cultura, sono piovute critiche su critiche, sentenze in Cassazione per un talento che, a detta di molti, non era quello che si era visto a Brescia.

Ma si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio, cantava Fabrizio De André, e quest’anno Sandro ha zittito in un solo mese i precedenti dodici di dubbi e malelingue. In primis quelle dei suoi tifosi che adesso lo adorano, rimasti estasiati dalla forma atletica e psicologica: perché la sua maturazione è prima di tutto mentale.

La forza di un giocatore di calcio non è nei polpacci, ma come per Sansone (non quello del Bologna, un altro…) era nei capelli, per gli atleti di questo sport è nella testa. Tonali ha deciso, nel suo cervello, di prendersi il Milan, la squadra del suo cuore, l’occasione per far esplodere una carriera e diventare davvero grande. E lo ha proprio stabilito lui, aiutato di certo da Pioli, esteta della gioventù e mecenate dei piccoli talenti milanisti.

Lo ha imposto a sé stesso, sarà per l’amore della maglia di cui è tifoso e che oggi rappresenta, o sarà perché infine contro la bravura primordiale, quella che ha Sandro e pochi altri, cioè la capacità di giocare a calcio in maniera del tuto naturale, non ci si può mai mettere contro. Non lo so.

Quello che so è ciò che vediamo tutti ogni partita del Milan: un giocatore in mezzo al campo che ne conta quasi per due. Uno stadio che rumoreggiava (anche se il pubblico non c’era, i dubbi arrivavano comunque nella testa di Sandro) e che adesso lo venera. Un numero 8, che è un numero 5, che è anche un po’ un 10, che si chiama Tonali e che, per sua fortuna, non sarà mai Pirlo.

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