GOALNella gloriosa storia del Barcellona un solo italiano è riuscito a sedersi sulla panchina blaugrana. Sandro Puppo, ex calciatore dell'Inter con cui vinse uno Scudetto senza mai giocare, resterà in Catalogna solo una stagione senza conquistare alcun trofeo ma lasciando comunque un segno importante.
Puppo, che in carriera allena anche la Juventus, è un personaggio decisamente atipico per il mondo del calcio. Viaggiatore, intellettuale, plurilaureato, amante della musica classica e capace di parlare ben sei lingue.
MEDAGLIA D'ORO OLIMPICA, LO SCUDETTO CON L'INTER
Nato a Piacenza nel 1918, trascorre gli anni dell'adolescenza a Shanghai al seguito del padre violinista. Proprio in Cina il giovane Sandro inizia a giocare a calcio e quando rientra nella sua Piacenza fa già parte della prima squadra a soli sedici anni.
Le cose vanno talmente bene che strappa la convocazione in Nazionale, con cui partecipa alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Puppo non scende mai in campo ma vince comunque la medaglia d'oro, l'unica nella storia della Nazionale azzurra conquistata battendo l'Austria in finale ai tempi supplementari.
Nella stagione successiva, a soli 19 anni, arriva la grande occasione con la chiamata dell'Inter. Puppo, centrocampista di ruolo, non gioca mai ma vince il primo e unico Scudetto della sua carriera da calciatore. Conquisterà anche due Coppe Italia, una con l'Inter e l'altra col Venezia. Debutta in nerazzurro solo l'anno dopo prima della cessione in prestito in Laguna dove gioca con continuità insieme a campioni che scriveranno la storia del nostro calcio come Loik e Valentino Mazzola, protagonisti col Grande Torino.
Dopo il ritorno al Venezia si trasferisce alla Roma dove di fatto, a causa di un infortunio, finisce la sua carriera da calciatore.
L'IMPRESA CON LA TURCHIA, I CAMPIONATI COL BESIKTAS
Puppo però resta nel mondo del pallone accomodandosi in panchina. Prima vicino casa (Piacenza, Venezia, Rovereto) finché non arriva una chiamata destinata a cambiare la sua carriera e la storia: quella della Nazionale turca. 71 anni prima di Vincenzo Montella, insomma, c'è lui. Il primo a sedersi sulla panchina della selezione di Istanbul.
Puppo accetta e per la prima volta centra la qualificazione alle Olimpiadi, che si disputano a Helsinki nel 1952. Un anno dopo gli viene affidata anche la panchina del Besiktas, diventando così il secondo italiano ad occupare l'incarico dopo Giuseppe Meazza. Vince due campionati ponendo le basi di una crescita continua che culminerà con la prima partecipazione di un club turco alla Coppa dei Campioni nel 1958 sotto la guida di un altro tecnico italiano, Leandro Remondini.
Il vero miracolo però è quello compiuto nel 1954, quando Puppo centra la qualificazione ai Mondiali eliminando la ben più quotata Spagna. Dopo la pesante sconfitta per 4-1 subita fuori casa, la Turchia vince il ritorno. La bella finisce 2-2 ma il sorteggio, effettuato da un ragazzo italiano, Luigi Franco Gamma, premia i turchi che volano in Svizzera. Inseriti nel girone con la Germania Ovest e l'altra esordiente Corea del Sud, sfiorano l'impresa ma stavolta perdono lo spareggio con i tedeschi e tornano a casa.
LA CHIAMATA DEL BARCELLONA, GLI ANNI ALLA JUVE
In Spagna qualcuno si ricorda di Puppo. A volerlo fortemente sulla panchina del Barcellona è l'allora presidente Francesc Miró-Sans. Il compito è quello di mettere in riga uno spogliatoio decisamente irrequieto e cercare di contrastare il dominio del Real Madrid di Alfredo Di Stefano. Compito che riuscirà in parte, dato che Puppo resta in blaugrana solo una stagione, chiudendo al secondo posto proprio dietro ai Blancos. Non abbastanza per conquistare i cuori dei tifosi.
Il tecnico italiano, che suona benissimo violino e pianoforte, è un ospite fisso delle esibizioni operistiche al Liceo di Barcellona e ha il merito di rinnovare profondamente la rosa: fuori tra gli altri le leggende Biosca e Basora, dentro il mediano uruguayano Dagoberto Moll e soprattutto il diciannovenne regista Luis Suarez, che col Barcellona vincerà due campionati, due Coppe di Spagna, due Coppe delle Fiere e un Pallone d’Oro prima di fare le fortune dell'Inter.
La presentazione delnuovo Barçaal pubblico avviene il 2 settembre 1954 contro lo Stoccarda, risultato finale 3-1. Quello col Real Madrid sarà un vero testa a testa, ma alla fine i blaugrana chiuderanno dietro a -5, mentre in Coppa del Re vengono eliminati in semifinale dall'Athletic Bilbao. Puppo quindi saluta e torna in Italia. In totale ha guidato ilBarcellona in 34 partite ufficiali, con un bilancio di 18 vittorie, 9 pareggi e 7 sconfitte
Ad attenderlo, d'altronde, c'è un'altra panchina prestigiosa. La Juventus infatti affida a Puppo la rifondazione dopo l'addio alla presidenza di Gianni Agnelli. La società bianconera, affidata momentaneamente a un triumvirato composto da Enrico Craveri, Luigi Cravetto e Marcello Giustiniani, aveva chiuso la stagione precedente al settimo posto.
L'obiettivo è quello di puntare sui giovani e contenere i costi. La squadra, denominata dei 'puppanti' proprio per la tenera età dei componenti oltre che per il cognome dell'allenatore, è formata intorno al totem Giampiero Boniperti da tanti ragazzi poco più che ventenni come il portiere Giuseppe Vavassori, il difensore Enzo Robotti, i terzini Giuseppe Corradi e Bruno Garzena, i centrocampisti Umberto Colombo, Flavio Emoli e Antonio Montico, e addirittura il diciassettenne Gino Stacchini.
Puppo, che fa debuttare anche il futuro giornalista Angelo Caroli, resta sulla panchina della Signora quasi due stagioni veleggiando sempre a metà classifica, fino all'esonero a cinque giornate dal termine quando la Juventus, nell'aprile del 1957, sembra rischiare addirittura una clamorosa retrocessione.
Solo un anno dopo, sotto la guida del tecnico serbo Brocic, i bianconeri avrebbero vinto il decimo Scudetto della loro storia con un altro Agnelli (Umberto) alla presidenza e trascinati in campo da due che avrebbero scritto pagine importanti: John Charles e Omar Sivori.
GLI ULTIMI ANNI DI CARRIERA E IL RICONOSCIMENTO DELLA FIFA
Puppo, invece, scende di categoria. Il meglio della sua carriera da allenatore è ormai finito. Mestrina, Siracusa, Venezia, Triestina, Piacenza con in mezzo un'altra parentesi in Turchia. Finché nel 1967, a neanche 50 anni, abbandona definitivamente la panchina ma non il mondo del calcio, seppure con qualche divagazione.
Nel 1968 accetta un importante incarico nella principale azienda della sua città natale, l’Astra, produttrice di veicoli commerciali e all’epoca guidata da un ex presidente del Piacenza.
Nel 1970 fu inserito dalla FIFA nel gruppo di studio tecnico della Federazione internazionale prima dei Mondiali messicani, assieme ad altri tre maestri del calcio mondiale come Dettmar Cramer, Ron Greenwood e Walter Winterbottom. Ulteriore segnale di come Puppo sia stato un precursore anche a livello tattico.
Nel 1974 pubblicò a Piacenza il volume “Calcio: quo vadis”, un saggio in cui esponeva l’evoluzione del gioco del calcio dalle origini fino al 1970. Piacenza dove Puppo si spegnerà nel 1986 e dove ancora oggi gli sono intitolati i campi di due piccole società locali. Riconoscimento più meritato per chi, ancora oggi, resta l'unico italiano ad aver allenato il Barcellona.
