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Salih Ucan RomaGetty Images

Salih Ucan: il talento indolente della Roma, meteora in Serie A

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Amore a prima vista. Amore costruito nel tempo. Gli occhi a forma di cuore, lo stesso che batte. Colpo di fulmine. La prova del tempo. Fuoco istantaneo e consapevolezza di aver trovato la persona giusta, attesa per capire se sia la scelta opportuna, tra mille dubbi. Due parti opposte, legate alle relazioni. Utilizzabili in quello che tra il 2013 e il 2016 è successo nella Capitale Caput Mundi, Roma. L'uomo adibito al mercato, all'innamorarsi con cognizione di causa, Walter Sabatini, osserva l'Europa League, un viale di stelle luminose che si accendono improvvisamente. Poi, una nuova viene accesa e lui, guardandolo dritto negli occhi rimane folgorato. Punta Salih Ucan, rimanendo folgorato. Quella folgorazione che i fans della Lupa aspetteranno invano, per un biennio.

Marmaris, città natale, poi Bucaspor e 2010, a 18 anni, stessi colori, ma grado diverso, più alto, nella megalopoli Istanbul, città dai mille sapori, cento culture, dieci squadre di livello (arrotondiamo, và). Ucan approda al Fenerbahce, cespuglio di capelli in testa, senza quei baffetti futuri che lo renderanno ancora più caratteristico. Il momento clou, la chiave di volta dell'innamoramento sabatiniano è in Champions. Forse, chissà, conta il fatto che il buon Walter veda la Lazio, rivale cittadina, in difficoltà contro quel ragazzino che trotta, riparte, cambia gioco. Centrocampista dinamico, trequartista, mento troppo su. Di quelli della completa sicurezza in sé stesso. Corre poco da una parte all'altra, quasi svogliato, segno, sembra di enorme convinzione nelle proprie qualità. Forse sì, forse no. No, decisamente.

Perchè spoiler, Ucan ha avuto da madre natura Eupalla dea del calcio, grandi capacità tecniche, senza però mai coltivarle appieno. Sembra stancarsi del calcio un minuto dopo l'ingresso in campo, ma in quei 59 secondi Sabatini se ne innamora e dopo diversi mesi di preparazione all'assalto, compie una delle sue mosse, di quelle attue a portare nel proprio club un giovane giocatore pronto ad esplodere e valere dieci volte tanto. I nomi si sprecano, così come il talento di Salih.

In pompa magna, nuovo idolo turco, nell'estate 2014, la Roma lo acquista dal Fenerbahce con la formula del prestito oneroso annuale, estendibile di un ulteriore anno, a fronte di un corrispettivo di 4,75 milioni di euro. Il riscatto scatterà a 11, una cifra decisamente importante per l'epoca, ancora lontana anni luce dall'esplosione monetaria in arrivo. In panchina siede Rudi Garcia, che può contare su un centrocampo di tutto rispetto, leggasi Nainggolan, Pjanic, Keita, Strootman. La concorrenza è folta, ma nessuno chieda a Salih Ucan l'immediata esplosione. Fatto sta che Sabatini ci crede, la Roma pure, il tecnico francese deve.

Deve, ma non riuscirà a fargli trovare spazio duraturo nella sua Roma, causa sconosciuta. Spieghiamo. Il centrocampo giallorosso assomiglia all'unione degli Avenegers, il crossover perfetto, è un ulteriore nome, l'ultimo arrivato, stona con l'equilibrio creato. Eppure non è questo il motivo principale. Perchè Ucan può giocare in diversi ruoli, ma non sembra essere in grado di fare completamente il suo. Punto numero, la lingua italiana. Parla una lingua dura, deve mettersi sotto con lo studio, ma nella sua era capitolina non riuscirà mai a farsi capire dai compagni, in allenamento e in partita. Un punto cardine nel suo essere più che flop, meteora:

"Non parlo l'italiano e ci adattiamo a parlare un po' in inglese e a gesti, imparando la lingua il rapporto migliorerà. Vorrei ringraziare Sabatini e Garcia che si sono dati molto da fare per il mio arrivo a Roma".

Durante la conferenza di presentazione, Ucan non è spaventato, consapevole di essere duttile e quindi di avere le porte aperte:

"Nel centrocampo della Roma ci sono giocatori molto importanti, sono sicuro che ogni partita questi giocatori porteranno la squadra al successo. Io mi vedo come un centrocampista che può giocare in più ruoli. Sono un giocatore di buone possibilità e la qualità che mi piace di più in me stesso è quella di fare passaggi in grado di mandare in goal, mi piace giocare in verticale. Ho cominciato a giocare a 18 anni e in tutte le squadre in cui ho giocato c'erano giocatori di grande esperienza e sono riuscito a dimostrare le mie qualità. Anche qui ci sono giocatori di grande esperienza e il mio obiettivo è di adattarmi al gioco e farlo bene".

Traduttore in sala di regia, risposte non proprio banali ma neanche così interessanti, anche a fronte di domande base per un giovane nuovo arrivato:

"Al Fenerbahçe ho affrontato delle partite molto importanti, sia in campionato che in Europa, dato il successo che ho avuto sin dal primo anno Sabatini mi ha voluto, dato il successo del primo anno sono stato richiesto nel secondo anno. Non vedo nessun errore in questa scelta. Ringrazio il mio mister, nel primo anno in Turchia ho giocato parecchio, il secondo anno c'è stato un cambio di mister e non ho avuto la fortuna di giocare molto, ma non mi lamento di questo fatto, per me inizia una nuova vita, ho un contratto di due anni con questa società, voglio lavorare sodo e riuscire a portare la Roma a un buon livello, sono felice di me stesso".

Ucan può inoltre contare su un grande precedente. Arriva dalla città dove i derby si giocano una giornata sì e l'altra pure, dunque quisquilie, quello contro la Lazio sarà solamente uno in più, l'unico stavolta:

"In ogni parte del mondo si giocano derby molto importanti, in Turchia ho vissuto quello con il Galatasaray. I derby provocano grandi emozioni e attendo questa partita con grande emozione".

A ottobre, tre mesi dopo il suo arrivo a Roma, arriva la prima possibilità. Sembra un tempo immenso nel mondo del calcio, e in effetti lo è, ma Ucan ha solamente vent'anni, non conosce l'italiano e le gerarchie sono chiare. Utopia pensare ad un ruolo da protagonista, ma anche da seconda linea, nelle ultime calde sere romane estive.

Al minuto 87, contro il Chievo, subentra a Nainggolan, in un match che la Roma ha già blindato sul 3-0. I tifosi lo applaudono, lui si dà da fare quanto può in quei pochi minuti, consapevole di non avere ansia da risultato. Un altro punto che forse spiega il no, croce, passiamo oltre, di Ucan in giallorosso. Non ha mai avuto responsabilità, non ha mai dovuto rispondere alle pressioni. Certo, per qualcuno era un Pogba turco, ma nel mondo esplodente dei social tutti sono 'nuovi qualcuno', parole nel vento dimenticate velocemente. Chi deve rispondere alle aspettative non risponde al nome di Salih, o al cognome di Ucan.

Salih Ucan RomaGetty Images

Lasciata la Roma, facciamo un passo in avanti, Ucan spiegherà semplicemente il suo biennio da vorrei ma non posso:

"È stato piuttosto difficile. Il mio svantaggio a quel tempo era che ero molto giovane. Se fossi stato lì all'età che ho adesso, le cose sarebbero state molto diverse. Mentre ero lì, Totti stava ancora giocando a calcio. C'era De Rossi, c'era Pjanic, c'era Mohamed Salah, c'era Dzeko, c'era Kevin Strootman. La squadra era davvero un gruppo di stelle. Ero troppo giovane tra loro. Il mister non mi ha dato molte possibilità. Contro il Cesena sono stato eletto come migliore in campo, ho fatto l'assist, ma poi l'allenatore non ha continuato a puntare su di me. Il mio più grande svantaggio era che ero molto giovane al tempo".

E' l'Ucan 27enne a dirlo, maturo e trascinato dal mondo del calcio, divorato da un pallone in cui è stato, almeno fino ad ora, solamente una comparsa con grandi qualità, mai espresso per cause anagrafiche, tecniche e sì, anche personali. Perchè le colpe possono essere anche degli altri, ma non solo. Troppo facile.

Gioca dieci gare con la Roma. Sei nella prima stagione, senza segnare o fornire assist, quattro nella seconda. Spalletti arriva al posto di Garcia e dalle poche opportunità della prima parte d'era giallorossa, queste diventano pochissime. Tra la prima gara contro il Chievo e la seconda passano cinque mesi. Nel 2015/2016 gioca 39 minuti in tre gare tra settembre e ottobre, con passerella finale, che nessuno si aspettava fosse poi, a posteriori, tale, contro l'Empoli il 17 ottobre, Da lì, panchina continua, inesorabile, totale tombale.

Spalletti non lo vede neanche con il telescopio Extremely Large Telescope, il più grande del globo. Quell'aria indolente, di chi ha, ma non riesce a goderne, non sembra proprio piacere a Spalletti. Vuole giocatori che diano l'anima e lo diano a vedere. Ucan è l'opposto. Ciondola da una parte all'altra, non sbuffa, non usa trucchetti mentali Jedi con gli avversari. Sembra avere voglia solamente della fine, e non del durante. Di mettere un match in più sulle gambe e non di goderne.

Lo capisce Spalletti, assimila quell'aria:

"Uçan ci aiuta a mettere qualità in allenamento. Deve migliorare dal punto di vista dell’intensità, della continuità caratteriale. Lui aveva dimostrato di poter stare in questa squadra, ma gli altri sono stati più bravi".

Ergo, mi dispiace Salih, ma , detto alla toscana, non fai proprio per me. E così, Ucan torna al suo vecchio Fenerbahce. Si ricicla al Sion, approda a sorpresa nuovamente in Serie A, voluto da Andreazzoli, che non ha dimenticato le sue qualità vedendolo da vicino alla Roma, deciso a dargli una nuova opportunità in Serie A, da giocatore maturo, senza Nainggolan o Pjanic da superare. Segnerà un goal, fornirà due assist, sprazzi indolenti di talento. Quello che in Turchia hanno sempre visto e sempre vedranno: estate 2021, viene scelto da svincolato, dal Besiktas campione in carica.

Chi è Ucan? Un giocatore indecifrabile. Schiacciato dalla concorrenza. Sicuramente. Consapevole di avere talento, senza volerlo sfruttare completamente, accontentandosi. Quasi sicuramente. Capace di sfruttare realmente quelle doti. Assolutamente no, peccato. Scelte, più destino, più modo di vedere il calcio. Peccato? Boh. Indolenza.

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