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Ruud Van Nistelrooy, la macchina da goal con l’ossessione per la Champions League

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Prima di Lionel Messi e di Cristiano Ronaldo, quando le classifiche marcatori in Champions League vedevano alternarsi Raul e Filippo Inzaghi ai vertici, con una media gol di 0,58 reti a partita, per diventare uno dei più prolifici attaccanti d’Europa, c’era Rutgerus Johannes Martinus van Nistelrooy, per tutti noto come “Ruud”, il miglior centravanti che Alex Ferguson avesse mai visto con la maglia del Manchester United addosso, oggi allenatore enominato tecnico del PSV Eindhoven a partire dalla prossima estate.

Del calciatore olandese aveva poco, Ruud, che forse per questo ha saputo conquistare il palcoscenico internazionale e dare il meglio di sé in un continente che lo ha eletto tra i migliori della storia del calcio. Non solo uno dei più grandi attaccanti di sempre, ma uno dei campioni più completi, dal punto di vista della tecnica, che il calcio abbia potuto offrire alla storia recente. Più volte in grado di dimostrare di non essere solo un rapace d’aria, van Nistelrooy è stato un attaccante in grado di unire il dribbling alla corsa, a dei tocchi rapidi fino a farsi strada in area di rigore, il suo regno: non per questo è giusto limitarsi a dire che fosse un ottimo finalizzatore, perché certamente lo era, ma il modo in cui costruiva il suo percorso era altrettanto importante. Più di tanti altri, il gigante olandese ha avuto la fortuna, inoltre, di condividere gran parte della sua carriera con uno dei più grandi assist-man della storia recente del calcio, David Beckham, il che lo ha aiutato a diventare un finalizzatore di prima classe: un’intesa che ha fatto la fortuna di entrambi, nonché di sir Alex Ferguson.

La carriera di Ruud inizia, a tutti gli effetti, proprio al PSV: sebbene l’esordio nei professionisti risalga al 1993 con la maglia del Den Bosch, squadra nella quale aveva mosso i primi passi da giovanissimo. La squadra di Eindhoven lo preleva nel 1998 dall’Heerenveen, dove aveva iniziato a farsi notare: il prezzo del cartellino è di 6 milioni di euro, con l’obiettivo di portare al PSV un talento che non tarderà a farsi notare. In tre anni, d’altronde, Ruud riesce a segnare 75 gol, che permettono a portare 2 campionati e 2 supercoppe dei Paesi Bassi nella città di Eindhoven.

L’inevitabile risultato di questo glorioso biennio è l’attenzione riposta su van Nilstelrooy da parte dei grandi club europei, a partire dal Manchester United di sir Alex Ferguson. Dopo averlo acquistato per 6 milioni di euro, il PSV decide di cedere all’offerta da 28 milioni arrivata dai Red Devils e Ruud nel 2001 si trasferisce in Premier League. La cessione, tra l’altro, è figlia di un evento molto particolare: il centravanti di Oss era stato ceduto già nel 2000, dopo appena due anni al PSV, sempre allo United, ma poco dopo aver firmato il proprio contratto, Ruud si era rotto i legamenti crociati durante un allenamento. Ferguson non se l'era sentita di acquistare un giocatore rotto e che sarebbe stato fermo per quasi un anno, quindi aveva rinviato il tutto, di appena un anno.

Si tratta soltanto di un rinvio ininfluente per quella che sarà poi la carriera di van Nistelrooy, perché Ruud con la maglia del Manchester United, in quei 5 anni che sembrano un’eternità, come se fosse diventata una seconda pelle, diventa il centravanti che oggi conosciamo e ricordiamo tutti. In appena due stagioni e mezzo raggiunge quota 100 goal segnati, diventando il più veloce marcatore nella storia del Manchester a raggiungere tale cifra, laureandosi, tra l’altro, capocannoniere della Champions League nel 2002 e nel 2003, prima con 10 e poi con 14 gol. Ruud è una macchina da goal, in tutti i sensi, perché nella seconda stagione riesce a segnare 44 reti, tra tutte le competizioni: il suo miglior risultato di sempre. Non a capo quell’anno riesce a portare a Manchester sia la Premier League che la Supercoppa, oltre ad aggiudicarsi il titolo di capocannoniere. L’anno d’oro di Ruud, che al secondo anno insieme a Ferguson già va a creare una coppia che non può separarsi in nessun modo.

Cristiano Ronaldo Ruud van Nistelrooy Manchester UnitedGetty Images

Eppure tra i due, negli anni successivi, qualcosa cambia. Ferguson inizia a guardare il bene del collettivo, meno quello del singolo giocatore: il tecnico scozzese punta ai risultati, non ai record dei suoi calciatori. Ruud accusa alcune incomprensioni e nel 2005, al termine della sua quarta stagione, quella nella quale sigla il record negativo di reti segnate in un anno di Premier League (16, di cui 6 in campionato) chiede la cessione. La società riesce ad appianare i contrasti, figli anche del fatto che adesso lo United deve guardare con attenzione all’astro nascente di Cristiano Ronaldo e che in estate, di lì a poco, si prepara ad accogliere anche Wayne Rooney. La stagione successiva parte proprio da qui il contrasto con Ferguson, che diventa irreparabile: van Nilstelrooy rinnova il proprio desiderio di divorziare dallo United, desideroso di inserire nel proprio palmarès una Champions League, trofeo che, secondo lui, i Red Devils non avrebbero mai vinto. Ferguson lo spinge a un gesto collettivo, per fare da chioccia a Ronaldo e Rooney, ma all’attaccante olandese la situazione non va giù.

La rottura definitiva arriva proprio sul finire della stagione 2005/06: Ruud è in corsa per la vittoria della Scarpa d’Oro, con il solo Henry a competere con lui. Ferguson, a Premier League oramai persa, decide di dare spazio ad altri giocatori, lasciando van Nistelrooy in panchina. Nella  finale di League Cup contro il Wigan, lo United va in vantaggio per 4-0, mettendosi in condizione di “cruise control”, come dichiarato dallo stesso Ferguson, che preferisce far entrare in campo Evra e Vidic, le ultime sostituzioni a disposizione. Van Nilsterooy lo vede come un affronto, perché ancora una volta il suo allenatore gli ha impedito di scendere in campo e aumentare il proprio score di reti segnate: dalla panchina partono una serie di imprecazioni e di insulti nei confronti del manager scozzese e Ferguson decide, così, di limitare sempre di più lo spazio in campo per Ruud. Un’esclusione che ha nell’ultima gara della stagione il proprio culmine, perché l’attaccante olandese non viene convocato e al suo posto in campo scendono Saha e Giuseppe Rossi, che assicurano il secondo posto in Premier League allo United. Van Nistelrooy non si presenta nemmeno in tribuna per la gara e due mesi dopo è inevitabile la cessione: la rottura tra i due porta il Real Madrid ad acquistare Ruud per 14 milioni di euro, facendogli firmare un contratto da tre anni.

L’ossessione per la Scarpa d’Oro resta, ma al primo anno gli viene ancora una volta strappata, stavolta da Francesco Totti, per una sola rete. Complice un infortunio che lo porta a saltare la gara con il Maiorca, van Nistelrooy deve osservare da lontano la vittoria del campionato contro i rivali del Barcellona: riesce in ogni caso a diventare il Pichichi della Liga, al suo primo anno in Spagna, oltre a eguagliare il record di Hugo Sanchez, andando a segno per sette partite di fila con il Real Madrid. Mantenendosi prolifico anche nell’anno successivo, le merengues gli rinnovano il contratto fino al 2010, così da poter gioie insieme a lui della vittoria della Liga anche al termine della stagione 2007/2008, oltre che la Supercoppa di Spagna. Si tratta dell’ultimo trofeo portato a casa con la maglia del Real Madrid, perché l’anno successivo, complice un infortunio al ginocchio destro che lo tiene fermo per otto mesi, le merengues non centrano nessun obiettivo, venendo eliminati dalla Champions League agli ottavi e arrivando secondi in campionato.

A metà della stagione successiva, costretto a doversi riprendere da un infortunio che rischia di mettere la parola fine alla propria carriera, van Nilstelrooy decide di firmare un contratto con l’Amburgo. A 33 anni, con l’arrivo di Florentino Perez, a Madrid arrivano Kakà, Benzema e Cristiano Ronaldo, che, così come accaduto a Manchester anni prima, ancora una volta sembra essere la causa della chiusura di una parentesi della carriera dell’olandese di Oss. L’Amburgo versa nelle casse di Perez circa 2 milioni di euro per il cartellino di Ruud, che lascia così il Real con 46 goal in 68 partite di campionato, pronto a sfidare il PSV nei sedicesimi di finale di Europa League appena un mese dopo il suo arrivo.

I tedeschi hanno la meglio e arrivano fino alle semifinali, superando anche l’Anderlecht e lo Standard Liegi: a un passo dalla finale, però, van Nistelrooy si ferma contro il Fulham, mancando l’accesso alla sfida con l’Atletico Madrid, che poi avrà la meglio proprio ad Amburgo, città designata per ospitare la finale. Ruud segna appena due gol nella competizione, mentre in Bundesliga va a segno cinque volte. Non è più l’attaccante prolifico di un tempo e lo dimostra anche nella stagione successiva, con appena 7 reti in 25 presenze. Il 2 giugno del 2011 torna, quindi, in Spagna, firmando per il Malaga, dove termina anche la sua carriera. In tempo per essere premiato dalla IFFHS come miglior attaccante del decennio 2001-2011. Il 14 maggio 2012 annuncia il suo ritiro dal calcio giocato.

Nel suo palmares la Champions League non è mai entrata, così come nessun trofeo internazionale. Accusò Ferguson di non poterla mai vincere con il Manchester United, ma alla fine due anni dopo la sua cessione, la coppa arrivò. Condizionato forse troppo spesso da una forma di egoismo, van Nistelrooy è stato indubbiamente uno dei più grandi attaccanti del calcio moderno, un attaccante completo, che sapeva fare reparto da solo: non era fisicamente portato per essere un acrobata, per la lunghezza delle sue gambe, per la statura molto alta, ma era in grado di vestire i panni di un ballerino in area di rigore, girarsi in un fazzoletto di erba e sorprendere difensori e portieri.

Ha segnato in ogni modo possibile, spesso inventandosi conclusioni che non erano nemmeno pensabili, con una velocità di pensiero che ha sorpreso più volte chi lo vedeva giocare. Guardare il suo palmarès, oggi, e notare soltanto due campionati olandesi, due spagnoli e uno inglese - che magari potrà essere rimpinguato col percorso da allenatore proseguendo i successi alla guida del PSV Eindhoven dopo il 'double' Supercoppa e Coppa Olandese - è come guardare uno specchio che non riflette bene l’immagine di un giocatore che a livello individuale ha saputo vincere di più. Un campione al quale, forse, andava chiesta maggior forza di gruppo, meno individualismo e più altruismo. Ma forse lo avremmo snaturato.

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