A Catania le trasmissioni radiofoniche che parlano della squadra della città etnea sono tante, a detta di molti pure troppe: è un termometro importante, comunque, relativo al grado di passione calcistica che si respira da quelle parti. Nel 2012, ovviamente, con la formazione rossazzurra reduce da stagioni importanti soprattutto per svestire gli abiti di “cenerentola della Serie A”, in radio non è raro sentir parlare di Bruno Petkovic come uno dei talenti più interessanti della Primavera.
Deve ancora compiere 18 anni quando Christian Argurio, allora osservatore (e successivamente direttore sportivo dei rossazzurri), dopo averlo visionato nelle giovanili della Dinamo Zagabria e nel Dragovoljac, lo porta all’ombra dell’Etna. È una scelta saggia: si tratta di una delle formazioni Primavera più forti nella storia del Catania, quella guidata da Giovanni Pulvirenti fino ai Quarti di finale del campionato di categoria, battuta dal Milan e, nello specifico, da una rete di Bryan Cristante.
Petkovic allo stadio Pietro Barbetti di Gubbio gioca tutti e 90 minuti, non incidendo parecchio: 462 chilometri a Nord-Ovest, quasi 5 ore di auto da quel campo, insomma a San Siro, in Champions League contro il Milan, a Bruno tornerà in mente anche e soprattutto quella partita. Poi tutto il resto.
Anche perché quel periodo lì coincide con il debutto assoluto in Serie A, ma all’Olimpico di Torino contro i granata: Rolando Maran lo fa entrare al posto del “Papu” Gomez, lanciandolo come uno dei componenti della formazione della stagione successiva. Lo sarà: di lui, però, se ne parlerà pochissimo, nell’anno che porterà il Catania in Serie B.
C’è anche questo nella rovesciata al Bodo/Glimt che consegna alla Dinamo Zagabria l’accesso alla fase a gironi di Champions: allarga le braccia e alza il mento, con sguardo fiero. “Alla Zlatan Ibrahimovic”, che non è mica un caso. Lungi da noi dallo stilare una lista infinita di citazioni, ma vale la pena ricordarne due di altrettanti allenatori che hanno lavorato con Petkovic nel corso degli anni: e, tra l’altro, due frasi che sono state rilasciate alla stampa nel giro di settantadue ore.
“Con le dovute proporzioni Petkovic è l’Ibrahimovic della Serie B”.
A parlare, il 21 maggio, è Massimo Oddo e le sue dichiarazioni a Radio Deejay non sono buttate lì a caso. Quella tra il 2015 e il 2016 è la migliore stagione “singola” dell’attaccante croato, con la maglia del Trapani, e le parole dell’allora allenatore del Pescara arrivano pochi giorni prima della finale dei Playoff di Serie B contro i granata. Una doppia sfida storica.
A confermare la versione di Oddo ci pensa, sempre in quella settimana, l’allora allenatore del Trapani Serse Cosmi, a cui va il merito di aver “sbloccato” la vena realizzativa.
“Ha mezzi incredibili e giocate che ricordano il giovane Ibrahimovic: ho allenato gente come Miccoli e Muriel e sono convinto che anche Petkovic sia un fuoriclasse, un purosangue”.
In realtà, quello contro il Bodo/Glimt non è il primo goal in rovesciata siglato da Petkovic con la maglia della Dinamo Zagabria: nel novembre del 2018, al suo primo anno dal ritorno in Croazia, ne segna uno che vale la vittoria finale contro il Lokomotiva. Camminando all’indietro, tra l’altro, e senza vedere la porta: sentendola, però.
Della Dinamo, comunque, da quel periodo lì diventa un punto fermo per l’attacco: il che alimenta il principale dubbio relativo alla sua crescita “lenta”, soprattutto in Italia. Perché se segni 55 goal (18 tra Champions League ed Europa League) con una maglia storica come quella del Modri qualcosa al calcio puoi offrirla, anche senza troppi problemi.
Eppure, nonostante sia andato a segno anche contro avversari di un certo peso (Benfica e Feyenoord), nella carriera di Bruno Petkovic rimane, a 28 anni, un neo tanto grande da non poter essere ignorato neanche a suon di goal: non ne ha mai fatto uno in Serie A.
Che sembra incredibile, a pensarci, ma è esattamente così. La prima occasione in massima serie, dopo quella con il Catania, s’intende, arriva nel gennaio del 2017, quando il Bologna lo acquista dal Trapani: esordisce nella formazione allenata da Roberto Donadoni in un 1-7 contro il Milan. Non il massimo. Viene comunque impiegato spesso, anche dal primo minuto: stessa storia per metà della stagione successiva, ma non basta. La rete non si gonfia.
Nel gennaio del 2018 passa in prestito al Verona, a caccia di una punta per evitare la retrocessione: ne salta solo due. L’epilogo è lo stesso: i gialloblù retrocedono e in estate il Bologna lo cede alla Dinamo Zagabria. Pur non avendo citato diverse esperienze in Serie B, il resto è noto.
Nella stessa intervista alla “Gazzetta dello Sport” riportata prima, Cosmi ha provato a dare una chiave di lettura al mistero legato al suo potenziale mai realmente visto in campo: parole che, come appena raccontato, troveranno conferma anche nelle sue esperienze in massima serie.
“Se il suo talento non era ancora esploso non è stato certo per colpa degli allenatori: c’è qualcosa in lui che lo porta ad avere atteggiamenti sbagliati. Dieci anni fa non gli avrei perdonato la mancanza di puntualità agli allenamenti: è un po’ indolente”.
E se lo dice Cosmi c’è da crederci. Ciò che conta, comunque, nel calcio è il presente: se lo ripeterà, Bruno Petkovic, tornando in Italia da avversario del Milan a San Siro, in Champions League. Lo stesso club che ha affrontato, seppur in Primavera, quando le radio a Catania parlavano di lui come di uno tra gli attaccanti più interessanti dell’intero panorama europeo. L’Ibrahimovic croato che ha l’opportunità di prendersi una rivincita proprio contro la formazione di Zlatan (che, ovviamente, non ci sarà), ma che non ha mai segnato un goal in Serie A. Che paradosso.
Nessun centro nel nostro campionato, dunque, ma uno - pesantissimo - ai Mondiali in Qatar. Petkovic, infatti, ha firmato la rete dell'1-1 nei quarti di finale contro il Brasile. Una rete che ha permesso ai croati di prolungare la sfida ai calci di rigore e, soprattutto, di centrare un clamoroso approdo in semifinale.
