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La rovesciata di Cantarutti al Milan: il goal annullato più bello di sempre

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"Ai dintorni dell'Etna si balla il samba e nei ristoranti e nelle discoteche di Taormina la musica brasiliana è presente ogni sera": l'inizio della stagione 1983/84, a Catania, è un misto di emozioni contrastanti. La descrizione pubblicata dal Guerin Sportivo nel luglio dello stesso '83 toglie spazio, e luce, alle proteste di una piazza lacerata dall'imminente cessione di Ennio Mastalli all'Avellino.

"In data odierna i tifosi di via Lavaggi, solidali con quelli di San Cristoforo, Tondicello Plaja e Corso chiedono che Massimino e Di Marzio si impegnino in base alle promesse fatte a tempo debito affinché Mastalli, ceduto ingiustamente all0Avellino, ritorni alla società rossazzurra. Se così non fosse saremo costretti a non rinnovare gli abbonamenti e conseguentemente invitiamo tutti gli sportivi, dopo i sacrifici affrontati per seguire il Catania in tutti gli stadi, a non seguire la squadra per tutto il prossimo campionato di Serie A".

Tutto ciò poco prima che la città si spostasse a Fontanarossa per accogliere due brasiliani: Pedro Vicençote e Luvanor Donizete Borges. “Pedrinho e Luvanor”, per tutti: un ragazzo biondo e riccioluto e “l’erede di Zico”. Ritorna anche Mastalli, nel frattempo: ma l’inizio del campionato degli etnei, appena promossi in massima serie, è disastroso. La prima vittoria arriva alla quinta giornata, all’allora “Cibali” contro il Pisa, e rimarrà sostanzialmente l’unica fino al termine di una stagione maledetta. Per diversi motivi.

Uno, ad esempio, è il rapporto non più idilliaco tra il patron Angelo Massimino e l’allenatore, Gianni Di Marzio: l’artefice della promozione. Di Marzio, oltre a essere un ottimo tecnico, riesce a stabilire un saldo legame con la piazza, rifiutando il passaggio al Palermo. E poi è l’idolo dei tifosi: non può essere altrimenti.

Poi c’è tutto il resto, anticipato dal poker subito al “Cibali” dal Vasco da Gama, in un’inedita amichevole in cui Pedrinho viene incoronato “Re di Catania”. Davvero. Il campo, però, non è dei migliori: a farne le spese, al di là della tremenda sconfitta, Mastalli e Mastropasqua, infortunati. In campionato, come detto, va addirittura peggio, con un clima costantemente “al veleno” e reso insostenibile da polemiche arbitrali. Alla quarta giornata, ad esempio, il Catania gioca a San Siro contro il Milan, perdendo 2-1 con la doppietta di Evani e una buona prova, resa iconica da un goal, di Pedrinho. Il post-partita è rovente: “E’ stata una rapina”, spiega Di Marzio, che perde Luvanor per un brutto fallo di Tassotti. Alla dodicesima giornata l’allenatore napoletano viene esonerato: “Di Marzio deve smetterla di far l’attore. […] Deve avere il coraggio di andarsene”, tuona Massimino al termine della sfida contro il Genoa terminata 3-0 a Marassi. Al suo posto arriva Giovan Battista Fabbri: sì, “quel” Giovan Battista Fabbri del “Real Vicenza”, arrivato secondo in Serie A. Ma la storia non cambia.

Con questi presupposti, e altri che per ragioni di opportunità non elenchiamo, si arriva alla gara di ritorno contro il Milan, alla diciannovesima giornata. Benedetti di Roma è chiamato a dirigere una sfida che per i rossazzurri, ormai costretti a sperare nel quasi-impossibile, vale tantissimo. Al “Cibali” ci sono trentamila persone ad assistere, a metà febbraio, a un match sbloccato da Gabriello Carotti e pareggiato da Ciro Biliardi. Tutto nel primo tempo.

Di minuti, al termine di quel Catania-Milan, ne mancano nove quando Pedrinho recapita, con la testa, un pallone diretto al centro dell’area di rigore: e lì è dove la nostra storia si ferma, si congela. Tra gli “eroi” della promozione in Serie A del Catania c’è anche Aldo Cantarutti: è un centravanti puro, con fisico importante. Capelli lunghi, dietro le orecchie: ciuffo ribelle. Biondo.

A lui si associa anche uno delle più iconiche scene di un altrettanto iconico film di Lino Banfi, “Al bar dello Sport”. In ginocchio, e senza maglia, Banfi controlla la schedina: “Ho fatto dodici. Eh, come?”, mentre prende un vaso e ne beve l’acqua, e la TV alle sue spalle “spara” in sovraimpressione il risultato di Juventus-Catania 1-2.“Eh, perde la Juventus”. Doppietta di Cantarutti. Il resto è noto.

Di quello Juventus-Catania rimarrà solo il tramite, reale e non fittizio, con uno dei match che hanno segnato la storia di Sinisa Mihajlovic in Sicilia, nella stagione 2009/10. Anche perché nella tremenda stagione dei rossazzurri, 1983/84, i confronti con i bianconeri poi Campioni d’Italia termineranno 0-2 al “Cibali” e 2-0 a Torino. Figuriamoci. C’è, però, del curioso in quel Catania-Milan giocato a febbraio. Cantarutti stoppa con il petto il pallone di Pedrinho: palleggia due volte, spalle alla porta, e poi fa qualcosa che i comuni mortali non sognano di fare, marcati da Franco Baresi. Una rovesciata. Ottorino Piotti non può nulla: è un goal meraviglioso.

Benedetti, però, cambia repentinamente il tempo del nostro verbo: sarebbe stato, un goal meraviglioso. L’arbitro annulla subito, inspiegabilmente: non c’è un fallo. Di sicuro non in attacco, semmai in difesa ed è quello di Baresi sullo stesso Cantarutti. Nulla: il direttore di gara ha già deciso. Scoppia il caos.

Dagli spalti, ormai senza alcun tipo di ragione, si stacca un tifoso che corre in direzione di Benedetti, per aggredirlo, poco prima dell’intervento delle forze dell’ordine.

“Mio marito Angelo Massimino sta perdendo la salute, mi chiedo se ci sia qualcosa sotto”.

A parlare è Grazia Codiglione, che erediterà il club diversi anni più tardi, dopo la scomparsa del patron etneo. Il rammarico è grande, e contagioso. Il campionato del Catania, che chiuderà ultimo a 12 punti, senza mai vincere una gara oltre a quella con il Pisa, finisce simbolicamente lì: anche perché al “Cibali” i rossazzurri non vi torneranno più, in Serie A, fino al 2006. Stadio squalificato: questo il verdetto dopo l’invasione.

Di goal non convalidati, per diverse ragioni, il calcio è pieno: nella specifica classifica dei “più belli”, tra gli annullati, ad esempio, viene facile citare quello “rubato” da Nani a Cristiano Ronaldo, in un’amichevole tra Portogallo e Spagna del 2010. C’è, però, anche quello Aldo Cantarutti, che con Ronaldo ha in comune lo status di calciatore e il proselitismo di una piazza. Al portoghese il mondo intero, a Cantarutti il Catania e il “Cibali”, rovesciato dopo tre palleggi, tra lo stupore di Baresi, di Benedetti e di tutta l’Italia calcistica.

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