GOAL“Io non penso, tiro”. Quattro parole che riassumono l’intera vita di Rodolfo Volk. Il dono della sintesi deve essere una delle caratteristiche principali di chi nella sua vita incrocia il panorama del Carso. Ne sa qualcosa Giuseppe Ungaretti.
Quella di Volk è stata una storia di confine e di trasformazioni. Proprio come la sua città natale. Rodolfo venne alla luce il 14 gennaio 1906 a Fiume, che a quel tempo era controllata dall’Impero austro-ungarico per poi diventare italiana nel 1924. Oggi invece si chiama Rjieka e fa parte della Croazia dal 1947.
Volk, che da cittadino imperial-regio è diventato italiano, muove i suoi primi passi calcistici a 19 anni in una delle due squadre della sua città, la Gloria Fiume. Fin da subito mostrò una grande confidenza con lo sport importato dai portuali di Genova dall’Inghilterra, in particolare con l’azione più sublime del gioco: il goal.
L’anno successivo all’esordio, la Gloria Fiume si fonde con l’Olympia, dando vita alla Fiumana. Ma il giovane Volk non riuscì a giocare con la rappresentativa della sua città.
La leva militare obbligatoria lo porta a svariati chilometri da casa, per la precisione a Firenze, dove il calcio era arrivato da poco e la principale squadra della città era nata da pochi mesi. Nell’agosto del 1926 il Club Sportivo Firenze e la Libertas si unirono in quella squadra che ancora oggi è conosciuta con il nome di Fiorentina.
Ma agli uomini in servizio di leva non era possibile esercitare alcun tipo di attività al di là di quella militare. Ecco dunque che per ben 14 partite la Fiorentina manda in campo un ragazzone dai tratti nordici che rispondeva al nome Rodolfo Bolteni. Chiude la sua esperienza in Toscana con 11 reti messe a segno.
Finito il servizio militare, nel 1927 Rodolfo torna a casa e ha finalmente la possibilità di giocare con la Fiumana. Qui ritrova Marcello Mihalich, anche lui attaccante e suo concittadino, avversario ai tempi in cui militava con la Gloria Fiume.
In una versione ante litteram dei gemelli del goal, Volk e Mihalich formano una coppia di attaccanti devastante, che ben presto attira le attenzioni dei club delle grandi città.
Tra queste ci sono Napoli e Roma, che danno vita a una battaglia burocratica e legale per mettere sotto contratto i due fiumani. Una controversia talmente aspra che per dirimere la questione interviene la Federazione.
In maniera salomonica, la FIGC stabilisce che alle due squadre spetta un giocatore a testa: Mihalich al Napoli, Volk alla Roma grazie all’intervento in prima persona del presidente Renato Sacerdoti, che sborsa ben 127mila lire per averlo.
Nella capitale l’attaccante ha un impatto devastante: 24 goal in 30 partite. Ed è così che “Sciabbolone” - rinominato così in opposizione a “Sciabboletta”, il soprannome che con la loro tipica ironia sorniona i romani hanno affibbiato a Vittorio Emanuele per l’altezza tutt’altro che reale del penultimo monarca italiano - diventa ben presto uno degli idoli di Campo Testaccio.
Si diceva qualche riga più su che quella del fiumano una storia di confine e di trasformazioni. E in effetti, nella cronistoria romanista, esiste un prima e un dopo Rodolfo Volk. Anzi Folchi, come viene rinominato per via della follia esterofoba fascista che porta all’italianizzazione dei cognomi stranieri.
C’è la sua firma nel primissimo derby di Roma, andato in scena l’9 dicembre 1929 e vinto dai giallorossi per 1-0 in esterna proprio grazie alla rete dell’attaccante.
Nei cinque anni in giallorosso, Volk segna 106 reti diventando il primo calciatore romanista in assoluto a vincere la classifica marcatori nel 1931 e a superare quota 100 reti in maglia romanista.
Un primato conservato fino al 1948, quando sarà superato da Amadeo Amadei. Ancora oggi, ad aver fatto meglio di Sciabbolone con la Roma sono solo altri tre: Roberto Pruzzo, Francesco Totti e Edin Dzeko.
Il passare degli anni mina l’esplosività del destro dell’attaccante, che non essendo dotato di grande tecnica incomincia ad soccombere fisicamente contro gli avversari.
Dopo una breve esperienza nel Pisa, Volk torna alla Fiumana in Prima Divisione (l’attuale Serie C) dove si riassesta su livelli realizzativi importanti e aiuta il club a conquistare la promozione in Serie B.
Nel 1949 il ritiro dal calcio giocato. Ma i soldi guadagnati non bastano per una vita dignitosa e quindi il fiumano, tornato nel frattempo a vivere a Roma, inizia a lavorare prima come custode delle piscine del Coni e poi come usciere negli uffici del Totocalcio siti nel centro della Capitale.
Nell’ottobre 1983, con la Roma laureatasi campione d’Italia solo qualche mese prima, Volk si spegne all’età di 77 anni in una casa di cura sul lago di Nemi nel pressoché totale anonimato.
Per anni dimenticata, la figura di Sciabbolone è stata di recente rivalutata dalla storiografia romanista e lo ha portato a diventare membro della Hall of Fame del club giallorosso.


