GOAL"Potevo fare di più. La colpa me la prendo io, perché parlo poco e ascolto tanto, ma alla fine sono io che decido. Con la testa che ho oggi, sarei ancora alla Juve".
E invece Roberto Pereyra da San Miguel de Tucuman, 33 anni appena compiuti, gioca in Serie A ma con la maglia dell'Udinese ovvero il club che lo ha lanciato nel grande calcio e dove è tornato nell'estate del 2020 dopo aver vestito l'altro bianconero, quello della Juventus appunto, e aver vissuto un'esperienza in Inghilterra con la maglia del Watford.
Una carriera di tutto rispetto ma sicuramente non all'altezza delle qualità tecniche di un giocatore decisamente sopra la media, frenato però da qualche limite caratteriale e alcuni problemi fisici che hanno condizionato in particolare proprio la sua esperienza a Torino.
Pereyra cresce calcisticamente nelle file del Cadetes ma il cuore batte da sempre per il River Plate, la squadra per cui tifa tutta la sua famiglia e con cui esordisce a soli 18 anni. Un'emozione incredibile raccontata direttamente dal Tucu a 'HJ Magazine'.
"È stata una grandissima soddisfazione. Il River Plate è stato fondamentale, perché ho esordito in campionato a soli diciotto anni e per come mi ha testato in tanti ruoli diversi. Il mio modello? Quello che mi ha suggerito mio padre, l’idolo di casa: Ariel Ortega. Lo abbiamo seguito anche quando ha giocato in Italia, nella Sampdoria. Vengo da una famiglia povera. Mio padre Leonidas cercava lavoro ogni giorno: una volta gli dicevano sì, un’altra no. Una volta lavorava cinque ore in un posto, due giorni dopo nello stesso posto non lo facevano entrare. Così girava e girava finché è entrato in un’azienda che esporta limoni in tutta l’Argentina. Lui li metteva nelle scatole. Mamma invece faceva pulizie nelle case, ma ha smesso quando ha avuto me e i miei fratelli, un maschio e una femmina. Io da ragazzino cercavo di dare una mano perché il “grano” era poco, ma a modo mio. Facevo delle piccole cazzate. Prendevo dei limoni e li vendevo per conto mio, prendevo il rame dai cavi e andavo a venderlo. Una volta bruciai cinque o sette metri di cavo che serviva a mio padre, per prendere il rame che conteneva. Papà impazzì. Mi rincorse per tutta San Miguel".
Sarà l'inizio di un viaggio che nel 2011 lo porta lontanissimo da casa. A scovarlo infatti è l'Udinese dove i primi mesi, come raccontato in una lunga intervista concessa a 'SportWeek', sono tutt'altro che facili anche per uno stile di vita molto diverso da quello argentino.
"Non conoscevo la lingua e il modo di vivere era totalmente diverso da quello cui ero abituato.A Udine dopo le dieci di sera è tutto chiuso. Non trovi più un locale che ti fa mangiare. Qui alle otto la gente si siede a cena, da noi alle otto di sera si fa merenda. Piano piano ho iniziato ad adattarmi. Qui sto benissimo, la qualità della vita è altissima e Udine è un posto perfetto dove crescere i figli".
A lanciare Pereyra nel nostro campionato è Francesco Guidolin, allora allenatore dell'Udinese. E il debutto in campionato per uno strano scherzo del destino arriva proprio allo 'Stadium' contro quella che sarà la sua futura squadra. Risultato finale? 2-1 per la Juventus con doppietta di Matri.
"In Serie A la mia prima partita l’ho giocata allo Juventus Stadium. C’era la neve, quel giorno, un freddo pazzesco. Ho sostituito Isla e, sinceramente, non ci ho capito granché…".
Le cose andranno decisamente meglio successivamente. La stagione della consacrazione è il 2012/13 quando le partenze di Isla e Asamoah, anche loro destinazione Juventus, gli regalano un posto da titolare. Tanto che nell'estate 2014 da Torino arriva la chiamata che lo porta alla corte della Vecchia Signora. La formula è quella del prestito oneroso con diritto di riscatto.
"Spero di fare come Camoranesi, che è stato un grande giocatore della Juventus. Sono qui per dare il mio contributo, c'è grande concorrenza, sarà difficile partire titolare ma sono pronto a dare il mio contributo. Di Natale mi ha paragonato a Vidal, parole che mi riempiono di orgoglio. L'Inter ha provato a inserirsi nella trattativa, ma io aspettavo la Juve".
Le aspettative, insomma, sono alte. Pereyra a soli 23 anni ha la grande occasione della sua carriera e almeno inizialmente sembra pronto a spiccare il volo tanto che entra anche nel giro della Nazionale maggiore con cui debutta l'11 ottobre 2014 in un'amichevole persa per 2-0 contro il Brasile.
GettyAlla Juventus, come previsto, non è un titolarissimo ma diventa presto un jolly molto utile per Allegri in tutte le competizioni, collezionando ben 52 presenze fino alla finale di Champions persa a Berlino contro il Barcellona quando Pereyra subentra al posto di Vidal. Una notte amara che sembra però solo il primo capitolo di un lungo romanzo. Sembra, appunto, perché la seconda stagione juventina di Pereyra sarà invece a dir poco travagliata.
Dopo essere stato riscattato dalla società bianconera, l'argentino a fine settembre del 2015 incappa in un fastidioso infortunio muscolare che tra cure e ricadute lo tiene fuori circa quattro mesi. Quando rientra Pereyra non è più il giocatore in grado di spaccare le partite e accendere la luce, così l'estate successiva la Juventus decide senza troppi rimpianti di cederlo al Watford. Una scelta che il diretto interessato non ha mai del tutto digerito, come spiegato qualche tempo fa a 'La Gazzetta dello Sport'.
"Certo che ci sono rimasto male. Dalla Juve e soprattutto da Allegri mi aspettavo un comportamento diverso. Mi hanno scaricato senza motivo, tanti tifosi bianconeri ancora mi scrivono, dicono che sarei servito eccome a centrocampo. Lo penso anche io". Chi mi aiutato nel momento più difficile? Alberto Ferrarini, il motivatore di Bonucci. È stato il mio procuratore, Sergio Furlan, a chiamarlo. All’inizio ero scettico, ho cambiato idea. Non riesco a spiegare cosa mi abbia fatto, a dire il vero non so neppure dire che lavoro faccia. Ma qualunque cosa sia, mi fa star bene. Una energia positiva che sale da dentro. E in campo tutto diventa più facile perché mi sento più determinato e convinto di me come mai prima. Venivo da un anno difficile, ero sempre a mezzo servizio. Insomma, stagione negativa. Ci sta, ma alla Juve avevo già fatto qualcosa di buono. E per questo mi aspettavo un trattamento diverso".
Salvo poi, intervistato da 'SportWeeek, ammettere qualche mancanza dal punto di vista professionale.
"A Torino, fuori dal campo, ho fatto qualche cazzata: l’aperitivo in più, la serata tirata fino a tardi… Ma il primo anno sono andato fortissimo e il secondo, se non ho reso allo stesso modo, è stato a causa degli infortuni, non perché uscissi a cena. Quello lo facevo pure prima. Gli agenti che avevo allora mi hanno spinto ad andare via e io mi sono fidato. Diciamo che non mi hanno consigliato per il meglio".
Il rimpianto per ciò che poteva essere e non è stato, insomma, resta. Anche se oggi Pereyra è tornato a mostrare tutta la sua qualità in Serie A, con la maglia dell'Udinese. Qualità che lo hanno portato a sfiorare la convocazione per Qatar 2022. Il Tucu infatti faceva parte della prima lista stilata da Scaloni, da cui è poi stato depennato vedendo così sfumare la possibilità di laurearsi campione del mondo. Un altro rimpianto.
