Pubblicità
Pubblicità
Gerard Houllier Liverpool 2001Getty Images

La rivincita di Gerard Houllier: il flop con la Francia e Liverpool nel destino

Pubblicità
Archivio Storie

Il Mondiale. Per tradizione, prestigio, importanza, visibilità, l’appuntamento a cui nessuno vuole mancare. In Italia lo sappiamo bene, dopo aver vissuto Russia 2018 dal divano di casa. L’eliminazione per mano della Svezia ai preliminari, la delusione, la Francia che trionfa sotto la pioggia di Mosca. Gli azzurri si sono rifatti a Euro 2020. Hanno evidentemente imparato la lezione proprio dalla Francia, che è diventata campione del mondo del 1998 dopo non essersi nemmeno qualificata per il Mondiale di USA 1994, quando Baggio sbagliò il rigore decisivo contro il Brasile a Pasadena. Intrecci al di qua e al di là delle Alpi.

La mancata qualificazione dei Bleus maturò al termine di un girone che vide prevalere la Svezia (sì, sempre loro, giant killer direbbero in Inghilterra) e la Bulgaria dell’incredibile talento di Hristo Stoichkov. Decisiva la partita del Parc des Princes, l’ultima del girone. Alla Francia bastava il pareggio, ma arrivò una sconfitta per 1-2. L’eroe quel giorno fu Emil Kostadinov, la spalla di Stoichkov: non era un fenomeno come il suo numero 10, fantasista del Barcellona. Giocava nel Porto, sarebbe passato per il Bayern, senza lasciar grandi ricordi. Quel giorno tagliò a metà la difesa, che rimase a guardare. La delusione diffusa di Papin e Cantona, Deschamps e Desailly era palpabile.

Più di tutti, ad essere deluso era un uomo che sperava di riuscire a rilanciare una nazionale che nemmeno nel 1990 era riuscita a staccare incredibilmente il pass per il Mondiale. Nonostante venisse da un decennio spettacolare, trascinata ovviamente da Michel Platini. Quell’uomo era Gerard Houllier. Era stato il successore dell’iconico numero 10 passato anche per la Juventus. Il CT per ripartire, per provare a dimenticare il passato. Peggio di così, non poteva andare. Duplice sconfitta in casa contro Israele e Bulgaria. Una delusione da cui l’allora tecnico si sarebbe ripreso dopo, quando il destino lo avrebbe riportato in un posto a lui magico: Liverpool.

Cosa lega un ragazzo nato nel nord della Francia ad una città inglese? Non il calcio. Almeno all’inizio. Houllier, nato nel 1947 a Thérouanne, quasi all’estremo nord del paese, era uno studente di lingua inglese. Si era iscritto all’università di Lille, alternava studio e lavoro a causa dello stato di salute del padre. Poi nel 1969 volò in Inghilterra per ragioni di studio. Proprio a Liverpool. Un anno, qualche calcio al pallone nella squadra locale dell’Alsop. E una partita. Liverpool-Dundalk 10-0, 16 settembre del 1969, coppa delle Fiere. La squadra del mitico manager Bill Shankly ista nella Kop, la curva più calda dei tifosi del Liverpool. Insieme a un amico, Patrice Bergues.

“Andare a vedere quella partita di Patrice è stato un segno del destino. Era venuto a trovarmi per qualche giorno visto che stavo da solo, abbiamo deciso di andare alla partita. L’atmosfera allo stadio mi impressionò, era pazzesco vedere il supporto incondizionato dei tifosi. Il Liverpool vinceva 8-0, ma i tifosi non hanno mai smesso di cantare”, ha raccontato Houllier a ‘lfchistory.net'.

Gerard HoullierGetty

Studiava, faceva il docente, era immerso nell’attività accademica. Marginalmente, giocava a calcio a livello amatoriale, dilettantistico. Una volta appesi gli scarpini al chiodo, ha iniziato ad allenare. In panchina ha trovato il suo habitat. Primo traguardo raggiunto: il miracolo del Nœux-les-Mines, portato clamorosamente fino alla seconda divisione, con cui ha raggiunto un secondo e un terzo posto dopo aver ottenuto due promozioni consecutive.

La chiamata dei top club sembrava solo una questione di tempo. La telefonata arriva da Lens. Prima divisione. Tre anni di successi, con la qualificazione alla Coppa UEFA. Traguardi continui. Il più grande nel 1985, con il PSG, condotto alla vittoria del primo titolo domestico nel 1986. Una corsa solitaria in testa alla classifica dalla quarta fino all’ultima giornata. Per una squadra che era ben lontana da quella che conosciamo oggi, stracolma di stelle, traboccante di talento.

Un paio d’anni dopo, arrivò fino a rischiare la retrocessione. Poi nel 1988 venne chiamato da Michel Platini nella Francia, come vice, per poi prenderne il posto nel 1992. La più grande delusione della sua carriera, la mancata qualificazione al Mondiale. E la ripartenza dal basso: nazionale Under-18, poi Under-20. Il meglio doveva ancora venire.

La chiamata che ha cambiato la sua vita è arrivata nell’autunno del 1998. Proveniva da Liverpool. Sì, quella città in cui era stato a studiare, di cui si era innamorato del clima di Anfield Road. Il Liverpool era un club alla ricerca della rifondazione. Houllier prima affiancò Roy Evans, poi gli subentrò.

Volle condividere l’avventura con un vecchio amico: Patrice Bergues. L’uomo con cui aveva condiviso una serata che in un modo o nell’altro aveva rappresentato un segno del destino. 29 anni dopo la visita alla Kop, si ritrovavano insieme in panchina. Uno da capo allenatore, l’altro da vice.

scelse di partire dai giovani. Uno per reparto: Jamie Carragher in difesa, Steven Gerrard a centrocampo, Michael Owen in attacco. L’ossatura british di una squadra che dii lì a poco avrebbe vinto tutto quello che poteva vincere. Incredibilmente, tranne la Premier League, maledizione sfatata da Jürgen Klopp nel 2020 dopo tre lunghissimi decenni.

Investimenti mirati, giocatori di talento alla ricerca del posto giusto per esplodere. Patrik Berger, Vladimir Smicer, Dietmar Hamann, Emile Heskey. Il 2001 è stato l’anno più fortunato della sua carriera: vittoria in Coppa di Lega ai rigori in finale contro il Birmingham, trionfo in FA Cup in finale contro l’Arsenal grazie a una doppietta di Owen nei minuti finali. Più di tutto, la vittoria nella finale della Coppa Uefa del 2001, 5-4 sull’Alavés. Una partita per gli annali.

Gerard Houllier | AnfieldGetty

Babbel e Gerrard, 2-0. Alonso, 2-1. McAllister, 3-1. Doppietta di Javi Moreno in tre minuti, 3-3. Fowler, 4-3. A tempo ormai scaduto, Jordi Cruyff, 4-4. Supplementare, con gli spagnoli rimasti in nove uomini. L’autogoal di Geli, con un colpo di testa all’indietro. Golden goal. 5-4, coppa al Liverpool in una serata più incredibile nella storia del Westfalenstadion, la casa del Borussia Dortmund.

Tanto per concludere in bellezza, 2-1 al Manchester United nel Community Shield e un incredibile 2-3 al Bayern Monaco in Supercoppa Europea una settimana dopo. Cinque trofei in un anno. Una delle stagioni più vincenti nella storia del club.

La stagione successiva doveva partire con tante aspettative, per provare l’assalto alla Premier League. Per Houllier però iniziò in modo traumatico. Durante la sfida contro il Leeds del 13 ottobre, all’intervallo, ebbe un attacco di cuore. È stato tenuto sotto osservazione per tutta la notte dallo staff sanitario, lamentando dolori al petto. Per cinque mesi sarebbe stato lontano dalla sua squadra.

L’avrebbe lasciata soltanto nel 2003, senza riuscire a regalare né la Premier né la Champions League. Ripartito da Lione, due anni prima di andare via per contrasti con il presidente Aulas. Il tempo di vincere altri due campionati francesi. Poi la parentesi all’Aston Villa, l’ultima da manager. Terminata per problemi di salute, tra la preoccupazione dei dottori che gli avevano sconsigliato di tornare subito in panchina. Non sarebbe più tornato ad allenare.

Il 14 dicembre 2020, appena rientrato a casa sua a Parigi dopo un’operazione all’aorta, ha esalato l’ultimo respiro. Tutta Liverpool si è fermata. Il club a cui si è legato più che a tutti gli altri, che gli ha permesso di diventare Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico, nonostante fosse cittadino francese. È riuscito a vedere Klopp compiere la missione in cui lui aveva fallito. Ha sorriso. E il Mondiale? Dimenticato da cinque trofei in un anno. In una città che era nel suo destino.

Pubblicità

ENJOYED THIS STORY?

Add GOAL.com as a preferred source on Google to see more of our reporting

0