“Ne ho abbastanza, non accetterei una terza operazione. Se il mio piede non è fatto per questo tipo di vita, vorrà dire che ne cercherò un’altra più anonima”.
A 22 anni, Kingsley Coman ne aveva già viste tante. Le accuse di tradimento del PSG dopo il suo passaggio alla Juventus a 18 anni, un trasferimento milionario al Bayern Monaco a 19 anni. L’amore di Guardiola, il Mondiale 2018 con la Francia saltato per infortunio con i suoi compagni diventati campioni del mondo. Gli infortuni. I problemi fisici, le operazioni. E poi quei pensieri forse poco lucidi, esternati a ‘Telefoot’ nel dicembre 2018, in cui paventava l'ipotesi di un prematuro ritiro.
In due anni e mezzo è cambiato tutto. Una cosa è rimasta uguale: un campionato festeggiato a fine anno. 2013 e 2014 PSG, 2015 Juventus, 2016, 2017, 2018, 2019, 2020, 2021 Bayern Monaco. 9 campionati di fila vinti a 25 anni. Festeggiando ogni anno. A volte con un sorriso malinconico.
Di certo non quello che aveva il 17 febbraio 2013, il giorno del suo esordio assoluto, a 16 anni. Carlo Ancelotti in panchina, il PSG sotto contro il Sochaux per 3-2. A tre minuti dalla fine, la mossa disperata di inserire il ragazzino delle giovanili al posto di Verratti. Per due volte miglior talento francese dell’anno. Non è andata bene, in termini di punteggio. Anche se Coman ha scritto un record diventando il più giovane esordiente nella storia del club. Ancora oggi nessuno lo ha battuto.
Parigi era la sua città. Condivideva lo spogliatoio e l’appartamento con Presnel Kimpembe, entrambi sognavano di diventare dei pilastri della loro squadra. Carriere diverse, stesso successo. Avventure quasi parallele per certi versi. Speravano di giocare una finale di Champions League insieme, non l’uno contro l’altro, come è successo al Da Luz lo scorso agosto. Per inciso, l’ha vinta Coman. Che da sempre sa solo vincere.
Il PSG però gli andava stretto. Pochi minuti in campo e un contratto ancora in scadenza. È stato uno dei primi a lasciare la capitale francese per andare a imporsi altrove. Una tendenza diventata sempre più popolare negli ultimi anni. Ha scelto la Juventus, il blasone, la possibilità di giocarsi il posto da titolare con Tevez, Llorente e Morata. Il 4-3-1-2 di Allegri, appena arrivato per sostituire il dimissionario Antonio Conte, non prevedeva l’utilizzo degli esterni, ma già nella prima stagione Coman è riuscito a trovare spazio. Esordio da titolare alla prima assoluta, contro il Chievo.
“È un potenziale fenomeno, è giovanissimo, ha enormi margini di miglioramento, ma è già pronto per il calcio che conta. E io faccio giocare chi è bravo, a prescindere dall’età”, aveva dichiarato Allegri.
GettyI tifosi bianconeri chiedevano a gran voce di vederlo di più, erano incuriositi dal suo talento. In realtà lo ha mostrato soltanto a sprazzi. Un goal da sogno contro il Verona in Coppa Italia aveva acceso l’hype. La fiducia di Allegri nella prima partita della stagione 2015/16 in Supercoppa Italiana con la Lazio lasciava ottimi auspici su suo ruolo in bianconero. Negli ultimi giorni di mercato, però, l’offerta del Bayern Monaco che aveva iniziato la caccia agli eredi di Arjen Robben e Franck Ribéry. A 19 anni, il passaggio in Bundesliga. Terzo campionato diverso, terzo top club diverso. Abitudine a stare in alto.
Le vertigini Coman non le ha mai sentite. Prima stagione tedesca, subito un goal pesante e un assist contro la Juventus negli ottavi di finale della Champions League. Entrato in campo, ha spaccato la partita a metà. E si è fatto rimpiangere, eccome. Un ruolo da protagonista immediato. Minutaggio praticamente quadruplicato rispetto alla stagione precedente. In Baviera la sensazione diffusa era che sì, l’erede di Franck Ribéry fosse arrivato. Davvero.
Sensazione che è iniziata ad affievolirsi nell’anno successivo. Sono arrivati i problemi fisici. I problemi ai legamenti, una caviglia che non dava pace al francese. Un paio di mesi fuori, qualche acciacco sparso. Poi un rientro difficile, minuti contingentati. Nel 2018, l’ennesimo problema: lesione al legamento sindesmotico della caviglia. Alla prima giornata di campionato, contro l’Hoffenheim. Sul finire del primo tempo, per un contrasto apparentemente normale con Kaderabek. Normale, fino all’urlo di dolore. La grande paura collettiva. Stagione a rischio, il timore generale.
“Quando mi sono infortunato mi è caduto il mondo addosso. Spero di non dover più rivivere i brutti momenti che ho dovuto affrontare. Dovesse capitare di nuovo vorrà dire che non sono fatto per vivere a questo livello”.
Getty ImagesL’1 dicembre ha fatto il suo rientro in campo. Tutto il Bayern ha tirato un lungo, lunghissimo sospiro di sollievo. Niko Kovac ha gestito il suo minutaggio, non lo ha forzato. Nel finale di stagione Coman è riuscito a mostrare il meglio di sé. Ha messo una firma importante sulla rimonta sul Borussia Dortmund, che era arrivato anche a +9. Lo scorso anno, con Flick, è andata ancora meglio. Nonostante ancora una volta un momento di grande paura a dicembre, a causa della lacerazione capsulare del ginocchio sinistro. Una brutta, bruttissima distorsione. Un paio di mesi, poi il rientro. L’escalation. La final four Champions League.
Nel quarto di finale col Barcellona e in semifinale contro il Lione Coman era partito dalla panchina. Flick voleva Perisic, la sua fisicità e la sua copertura sulla corsia sinistra. In finale, altra storia. Titolare per sfruttare la sua velocità in uno-contro-uno contro Kehrer. E poi per mettere la testa al posto giusto al momento giusto sul cross di Kimmich. Diventare ‘mr. Da Luz’, che non suona bene come il ‘mr. Wembley’ di Robben ma vale ugualmente una Champions League. Con un colpo di testa. Non proprio il pezzo forte. Anzi.
“I miei compagni mi prendono in gio perché quando devo colpire di testa la palla ho un po’ paura. Lo si vede nelle immagini: quando colpisco di testa chiudo gli occhi. Un riflesso naturale, è istinto. Ci provo sempre, mi dico di tenerli aperti, ma poi li chiudo”, ha raccontato alla ‘Bild’.
GettyQuel goal ha cambiato la vita di Coman. Ha iniziato a giocare con maggiore leggerezza. Si è parlato di lui per le prestazioni, finalmente. E anche delle multe per non essersi presentato agli allenamenti con l’auto personale e non quella aziendale, ma questa è un’altra storia. Comunque, non più per gli infortuni. Nell’autunno del 2020 ci si chiedeva genuinamente se ci fosse qualcuno meglio di lui nel ruolo. Anche con l’arrivo di Sané il francese ha vissuto la sua miglior stagione per minuti giocati e per assist completati (15), a cui ha aggiunto 8 goal all’attivo. Mantenendosi in media con l’annata precedente, anche se non è ancora riuscito a eguagliare la doppia cifra, i 10 goal segnati nel 2018/19.
Quella è stata l’ultima stagione in cui il classe 1996 ha diviso il campo d’allenamento e i minuti sulla fascia con Franck Ribéry, che è stato il suo predecessore, il suo mentore. Nel 2017 il Bayern gli ha rinnovato il contratto fino al 2023, lo ha reso un punto fermo. Ora il suo futuro è in dubbio, si parla di richieste che il Bayern non è pronto a soddisfare, il che apre ogni prospettiva. Secondo 'RMC Sport' il club ha messo su di lui un'etichetta del prezzo da ben 100 milioni di euro. Tanti, sì, ma Coman ormai non è più il giocatore che convive con gli infortuni, bensì una delle migliori ali del mondo. Con un obiettivo: continuare la sua striscia di campionati. Magari in un altro campionato. Vincenti si diventa.


