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KALULU HDGetty

Dal rifiuto al Lione allo Scudetto: la crescita e l'affermazione di Pierre Kalulu al Milan

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Ci sono due partite, tra tutte, che definiscono la crescita di Pierre Kalulu al Milan, entrambe disputate nella stagione appena conclusa, quella del titolo di Campione d’Italia: quella contro l’Atletico Madrid in Champions League e quella contro l’Empoli in campionato. Entrambe a San Siro.

I rossoneri sono in vantaggio contro l’Atletico Madrid quando Stefano Pioli decide di fare entrare il giovane francese al posto di Alexis Saelemaekers: un cambio conservativo, che però non può che far bene al risultato. All’84’ arriva il pari di Griezmann; al 97’ la rete dell’1-2 di Luis Suarez, su un rigore contestatissimo. A causarlo proprio un tocco di mani di Kalulu, che peserà anche sul voto in pagella. La sua partita è durata 9 minuti più recupero: è fine settembre, e la strada che caratterizza la sua stagione è tutta in salita.

La sua, comunque, è sempre stata una questione di sfide personali: come quando ha lasciato l’Olympique Lione, club in cui è cresciuto, rifiutando il rinnovo e il conseguente passaggio in prima squadra, tanto da scomodare l’allora allenatore dell’OL, Rudi Garcia, che poco dopo il suo addio parlò subito di un rimpianto.

“È un peccato sia andato via: fosse rimasto avrebbe avuto il posto assicurato”, spiegò a Tuttosport nel settembre del 2020.

Per lui, cresciuto a pane e calcio, il pallone è una questione genetica: i suoi fratelli, Aldo e Gédéon, giocano entrambi tra i professionisti, uno al Sochaux e l’altro al Lorient, dal prossimo luglio, dopo l’esperienza all’Ajaccio.

Sono rimasti in Francia: lui no, voleva l’Italia e il Milan, ma il suo primo anno italiano era stato d’ambientamento e tanta fatica, nonostante avesse giocato per 12 volte da titolare su 18 gare totali tra campionato e coppe, esordendo in Europa League contro lo Sparta Praga nell’ultima gara della fase a gironi.

Nasce essenzialmente come terzino, prevalentemente a destra, ma è qui che arriva la grande svolta: la più classica delle sliding doors in salsa calcistica. L’infortunio che apre spiragli impensabili: nel Milan si fa male Simon Kjaer e a gennaio in dirigenza devono decidere se puntare su un profilo nuovo, operando sul mercato, o meno. Se siamo qui a raccontarlo, quell’ “o meno” della frase precedente si è trasformato in concreta realtà. Per Kalulu anche in qualcosa in più.

“Ha una personalità in campo incredibile, senso che può sbagliare qualcosa, com’è normale che sia, ma ci passa sopra”, affermò Pioli a gennaio, ai microfoni di DAZN, al termine della prima di Kalulu da centrale contro la Roma.

Ne gioca altre, tra alti e bassi: si può sempre far meglio, se è vero, come ha più volte dichiarato l’allenatore rossonero, che la sua posizione perfetta sarebbe quella da centrodestra nella difesa a tre. In ogni caso, serve anche per migliorare: perché al resto ci pensa il caso, a volte. Un tiro mancino.

La misura del distacco finale tra Milan e Inter, in classifica, può essere misurata anche nell’ottica delle diverse vittorie di misura conquistate dai ragazzi di Pioli. E, di conseguenza, anche dei goal pesanti messi a segno: uno tra questi Kalulu lo sigla il 12 marzo, un sabato strano a San Siro.

Di fronte c’è l’Empoli, che non è proprio il miglior avversario da affrontare, specialmente se scendi in campo con la necessità assoluta di vincere e far punti (chiedete all’Inter della prima mezz’ora di una delle gare più sofferte della sua stagione).

A sorprendere, nel sinistro del francese classe 2000, è l’efficacia tecnica e la capacità di coordinarsi: arriva di gran corsa su una palla respinta dalla barriera, dopo una punizione, e protetta da Sandro Tonali. Apre il piattone e mira all’angolino: la palla passa, il resto è storia.

Nell’1-0 finale di quella sera c’è sia un bel pezzo di Scudetto rossonero che un segno tangibile della crescita, anche caratteriale, di un giocatore che, come spiegò Pioli, “è arrivato a fari spenti”, ma che ha rimesso in moto la difesa del Milan dopo un periodo difficile, dovuto alle assenze, costruendo quel muro invalicabile che ha condotto Ibrahimovic e compagni al Tricolore. E c’è anche un altro spunto importante, da considerare: a 22 anni, Pierre Kalulu è ancora all’inizio.

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