Spesso, sopratutto dall'esterno e da chi nel calcio vede semplicemente un gioco in cui dei ragazzoni corrono da una parte all'altra in A) pantaloncini B) calzettoni C) maglietta a maniche corte (a meno delle gelide serate dell'Est Europa), il mondo del pallone vede visto come un mondo tutto uguale in cui i suddetti giocatori guadagnano milioni, tutti pari, senza pochi sali e scendi. Ovviamente si tratta di pianeta variegato e stratificato, che porta a presentare fuoriclasse da 30 milioni annui a 'operai' della sfera rotolante, dai 1000 euro al mese. Operai fortunati, che sono riusciti a fare della loro passione un lavoro, ma comunque nel range di una disponibilità economica normale. Oltre la sfera economica, anche la nomea, il nome, la fama. E' dunque normale che venga chiesta la maglia a fine gara per sè stessi, per un amico, per rendere grazie all'aver avuto davanti quel genio. Poi però, entrano in gioco altri fattori, come la foga di rendersi conto di poter essere protagonisti anche senza essere a quel livello così alto, così culturamente importante. E si cambia idea, lasciandosi andare all'istinto, senza pensarci troppo, nel corto ramo dell'impulsività. Firmato - forse - Ante Rebic.
E' il 2018, è il Mondiale russo al cui pensiero ogni italiano pallonaro pensa a due sole cose, in percentuale ridotta alla vittoria finale della Francia e in quella maggiore alla mancata qualificazione della Nazionale azzurra al torneo, devastata dalla Svezia, sprofondata in un abisso di fuoco e cenere, da cui, ma questa è un'altra storia, la fenice sta provando a rinascere.
Nel primo giorno d'estate, nel gruppo D che comprende Nigeria, Islanda e Argentina, la capolista Croazia ospita in quel di Nižnij Novgorod l'Argentina, deludente nella prima gara. Il team di Dalic può contare invece su una generazione d'oro senza pressione a differenza del team sudamericano, quasi stanco di essere inserito in prima fila senza poi mai vincere. Ma con Messi in squadra, non si può fare altrimenti; nell'eterno dubbio soggettivo e assolutamente soggettivo sul più grande di tutti i tempi.
L'Argentina deve riprendersi dall'1-1 contro l'Islanda, provando a scavalcare in classifica la Croazia. Ogni previsione, ogni possibilità di cominciare a volare alto staccandosi dal suolo con razzi incorporati nelle scarpette viene spazzata via dalla grande prestazione di Modric, futuro Pallone d'Oro, e compagni. L'albiceleste non sa come e dove correre, la testa gira, mentre il pallone viene fatto girare da un quadratissimo team con la maglietta a scacchi.
Apre Rebic, il protagonista di questa piccola epica, forse dimenticata, raddoppia Modric, chiude Rakitic. 3-0 secco e Argentina al terzo posto ad un passo dall'eliminazione in virtù del successo della Nigeria su un'Islanda già alla fine del suo miracolo sportivo. La squadra sudamericana riuscirà però a battere le Super Aquile africane nell'ultimo turno, aggiudicandosi un posto tra gli ottavi, senza però non aver neanche capito perchè e come. Cadendo nella prima gara ad eliminazione diretta, contro la Francia Campione del Mondo in quel di Mosca.
Argentina nervosa, infastidita da media, tifosi, colleghi non presente. Non vuole può essere la favorita del girone, la bandiera del Sudamerica (spalla a spalla col Brasile), l'incompiuta del post Maradona. Un terrore psicologico che genera ansia e incertezza, mostrata tutta nel match contro la Croazia. Rebic ha avuto una richiesta speciale da un amico prima di quella gara, una da mille a una notte: ottenere la maglia di Messi, mai sfidato prima in virtù di Bundesliga, Serie A e campionato croato.
Al momento giusto, con il petto in fuori per la vittori a e il goal, Rebic passa oltre e la decantata impulsività dell'inizio, del rendersi conto improvvisamente che sì, è un calciatore milionario anche lui, anche se non pubblicizzato come Messi, hanno la meglio.
A Go"al.Hr, Rebic spiegherà per filo e per segno l'essere passato davanti a Messi, senza richieste, senza un 'Ciao Leo, so che avete perso e ho segnato, ma potrei scambiare la mia maglia con te'? Niente di tutto questo:
Prima ho pensato di chiedere la maglia di Messi per fare un favore a un mio amico che è suo fan. Poi ho cambiato idea. Perché l’ho fatto? Non m’è piaciuto l’atteggiamento che hanno avuto gli argentini dopo la partita che avevano perso. Ho avuto una brutta impressione di loro e allora ho deciso che la maglia se la poteva tenere".
La sconfitta per 3-0 ad un Mondiale è troppo forte per l'Argentina, che non riesce a far finta di niente, osservando infastidita i giocatori croati che vogliono salutarli a fine agra:
“La loro mancanza di fairplay mi ha sorpreso in negativo. Per non parlare delle loro provocazioni. Bisogna anche saper perdere e congratularsi con i vincitori a fine partita. E loro non lo hanno fatto".
GettyNon è dato conoscere il pensiero dell'amico di Rebic, quando vede Ante vittorioso passa al fianco di Messi senza aprire bocca per avere quella numero 10 bianca e celeste. Mani nei capelli, insulti, sogni e speranze in fumo. L'oggetto per parlare, creare aneddoti, avere la scusa di comprare una cassaforte o una teca in vetro così da depositarla al suo interno. Possibilità eliminate dal no, no grazie non più, dell'attaccante croato.
Il conoscente di Rebic, però, forse avrà capito che nel calcio sì non sono tutti uguali, ma in realtà lo sono. Una dicotomia in cui si apre al mondo di come vengono visti i calciatori in una piramide di voti, dal più forte al meno conosciuto e poco considerato.
Una scala a seconda di stipendio, fama, impatto culturale. Dall'altra però basta una scinitilla per essere come i migliori, aprendo alla possibilità che sì, può capitare che Messi perda, vedendo Rebic tre volte vincente. E il suo amico forse si sarà 'accontentato' di avere la sua maglia, quella che ha battuto la Pulce. E' un racconto epico accettabile, intrigante, no? Chissà.
Con il Milan nuovamente qualificato in Champions League e il Mondiale qatariota lontano di un anno, Rebic e Messi potrebbero nuovamente incontrarsi, per la seconda volta nelle loro vite calcistiche. Prima e dopo quell'Argentina-Croazia, nessun incrocio, considerando l'esclusività dell'attaccante del Barcellona al mondo Champions e al limitato boom dell'ex Fiorentina in Europa, che per lui ha sempre fatto rima con League.
Davanti ad un Barcellona-Milan, qualora entrambi dovessero rimanere nelle rispettive squadre nel 2021/2022, sarà interessante capire se l'impulsività del momento sarà durata nel tempo, se quello xenomorfo di delusione raccapricciante sarà ancora insinuato nella mente di Rebic. Dimenticare dopo anni la delusione dell'Argentina, tanto grande da non avere neanche la voglia di fingere positività davanti ad una sconfitta così? La parola, come insegnano decenni di calcio, professionistico, dilettantistico e amatoriale, sarà al campo. Quello in cui Rebic ha battuto Messi, ha deciso di andare contro alle richieste dell'amico e puntarsi, scegliendo una strada senza compromessi.
Battere Messi e l'Argentina in maniera così netta oppure spiegare i motivi del no allo sfegatato fan della Pulce e amico di Rebic? Cosa sarà stato più difficile? Una bella lotta.
