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RanegieGetty/GOAL

Nuovo Bierhoff, nuovo Ibra: Ranegie, illusione e allergia

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E' la regola numero uno nell'ascesa al successo. Il talento, da solo, non basta. Quanti hanno mostrato abilità così tanto superiori alla media da far impallidire il resto dei coetanei? Quanti sono caduti nel dimenticatoio nello scorrere del tempo e degli ostacoli via via sempre superiori? Tanti: quasi tutti. Da qui, lo step successivo. Quello in cui sono inciampati i professionisti non abbastanza pronti o distrattamente inconsapevoli della condizione primaria: senza la testa, i piedi sono solo arti lontani dal calcio. E così via a rammarico e rimpianto, alla delusione. Perché ok, qualche soddisfazione è stata per forza di cose agguantata. Ma non in maniera totale. Non da passare oltre. Mathias Ranegie si è accorto del vademecum troppo tardi.

"Ci sono alcune cose che sento che avrei dovuto fare meglio" ha confessato Ranegie, un passato in Serie A e nella seconda serie inglese, a 'Expressen'. "Ero giovane e stupido anche quando sono cresciuto. Quando hai 28-30 anni, dovresti essere abbastanza maturo, ma mi ci è voluto molto tempo per capirlo. Avrei potuto fare le cose in modo più professionale, ma ho acquisito esperienza, amici e soldi da qualcosa che era pura passione".

Non ci gira attorno, Ranegie. E' consapevole di non aver avuto il desiderio di adattarsi al mondo del calcio professionistico targato nuovo millennio, quello in cui non puoi sgarrare. Sul'altare del sacrificio. Serve essere impeccabile dentro e fuori dal campo, intoccabile. Non è un caso che Mathias - colosso di mogano nato nel 1984 in Svezia da genitori di origine guadalupense - citi il periodo tra i ventotto e i trent'anni: proprio in questa breve era venne acquistato dall'Udinese, la sua grande occasione in uno dei cinque più importanti campionati d'Europa.

L'UDINESE: UNA SOLA GRANDE PROVA

E' il 2012 quando l'Udinese, di solito attentissima ai giovanissimi adolescenti e meno a quelli con diverse annate alle spalle, acquista dal Malmö Fotbollförening il suo centravanti. Arriva da oltre 40 reti nel precedente biennio dl campionato svedese, sa unire le doti classiche da prima punta di peso (197 cm per 92 kg) ad una tecnica nel crare spazi per nulla comune ai colleghi schierati nel suo ruolo. Non è certo Ibrahimovic, con il cui mito è cresciuto, ma assomiglia ad un altro interista di qualche annata prima: Julio Cruz. Alla presentazione ufficiale, però, sarà collegato ad un bomber bianconero nel passato, alla ricerca di un'immediato riscontro da parte dei fans: Oliver Bierhoff. Somiglianza fisica, forse. Nient'altro.

Ranegie verrà presentato in pompa magna dai media con le solite frasi. Lo manda Ibra. Il nuovo Ibra. Ibra chi? Bla, bla bla. Sarà lui a schivare il collegamento con il connazionale al termine della sua prima grande prova in Serie A, contro il Milan:

"Io come Ibra? No, sono Mathias, lavoro duro per aiutare la squadra a vincere il più possibile".

Nota: sarà anche la sua unica grande prova in Italia. Arrivato nella parte finale del calciomercato, Ranegie sarà costretto a saltare il primo match contro la Juventus, facendo il suo esordio per il minuto finale contro il Siena. Passo dopo passo, con il grado di titolare nella sfida della terza giornata, a Udine contro il Milan. Mister Guidolin lo sceglie come corazziere al fianco dell'arciere Di Natale, davanti alle magie del Tucu Pereyra. C'è classe, non vuole rimanere indietro.

Il Milan è stato Campione in carica un anno prima e averlo di fronte stimola Ranegie come non mai. La vittoria del 23 settembre è tutta sua: segna di testa facendo valere tutti i suoi 197 centimetri, si procura il rigore segnato dal compagno Di Natale. 2-1 e serie di titoli infinita: sorpresa, nuova scoperta, l'Udinese ha un altro gioiello. Una prima prova da titolare notevole, al terzo match generale (esordio con l'Anzhi in Europa League) per un ragazzo che ha fatto di tutto per convincere il Malmö a lasciarlo partire. La Serie A non si rifiuta.

Ranegie PSGOAL

Mentre tutti incalzano per capire meglio Ranegie, con descrizione perfetta da parte dello stesso ex BK Häcken, Guidolin cade dalle nuvole da ogni punto di vista. Ammette che no, non sapeva chi fosse il ragazzone appena lanciato titolare sia in Europa che in Serie A. E no, non crede debba essere lanciato come nuovo qualcosa, soprattutto ad un'età ormai matura.

"E’ un colpo della nostra società. Si tratta di un ragazzo serio, può ancora migliorare. Se è il nuovo Ibrahimovic? Andiamoci cauti, è una mezzapunta con ottime caratteristiche che può lanciare a rete i compagni. Francamente non lo conoscevo, un plauso alla società per averlo prelevato; può essere considerato un secondo attaccante perché bravo anche con i piedi".

Battuto il team rossonero, Ranegie sarà subito etichettato come ammazza-Milan. Pronti, via si presenta la gara successiva. E quella dopo. E la terza in ordine di tempo. Tutte da titolare per il ragazzo che ha appena sconfitto la squadra allenata da Max Allegri e potrebbe farne vedere delle belle. Contro il Torino, però, vede poco la porta e la possibilità di confermarsi. Come contro il Genoa. L'etichetta si rivolta velocemente, perchè Guidolin comincia a capire che forse le sue abilità del calcio svedese non sono ancora pronte per il lungo periodo italiano. Si siede in panchina per alzarsi, per poi cominciare a lasciarla solamente nel secondo tempo.

Alterna con continuità quasi disarmante due tipologia di gare: quelle al freddo di Udine con la coperta sulle ginocchia in attesa di un ingresso in campo che non arriverà, quelle in cui lascia il gelo per divenire calda speranza dei tifosi nel secondo tempo. Il risultato, fino al termine dell'anno solare 2012 è sempre lo stesso: zero goal, zero assist. Le torsioni mostrate contro il Milan, la tecnica nell'uno contro uno al cospetto dei Campioni d'Italia è cancellata dalla fatica di un talento poco in forma, sicuro di poter resistere in Serie A senza costruire il proprio sogno con sforzo e sacrificio.

ALLERGICO ALLE NOCI

Scoccata la mezzanotte che apre il 2013, Ranegie ha forse promesso a sé stesso di essere più costante, deciso. Desideroso di riconoscere l'opportunità con cui la Dea del calcio lo ha investito. Attorno a sè, del resto, l'Udinese ha iniziato benissimo: l'Inter è stata schiantata 3-0 e nel finale c'è stato spazio anche per lui. Sorridente, anche se per un periodo limitato, viene guidato dall'entusiasmo che si è appena generato in bianconero: se mi impegno posso farcela, voglio farcela.

E' felice e pronto ad una situazione che si presenta come una seconda opportunità: vuole dimostrare di essere veramente come è stato dipinto, duro tutto d'un pezzo come il protagonista della serie tv (di dubbio giusto) Renegade, divenuto soprannome simbolo. E invece, tutto crolla.

Alla cena di squadra per festeggiare la netta vittoria ha sempre più confidenza nei compagni, scherza e promette impegno immediato in vista di Fiorentina prima e Juventus poi. Le risate, però, si fermano improvvisamente quando Ranegie chiede aiuto, allarmando compagni e ristorante: non riesce più a respirare, dopo aver mangiato un dolce con le noci. A cui è allergico:

"Avevo chiesto in inglese 'no nuts', cioè non noci o noccioline, visto che sono allergico fin da bambino. Quando ne mangiavo poche da piccolo un capitava subito un malessere, ma domenica non mi sono accorto che ci fossero nel dolce: le ho scambiate per cioccolata. È andata così, ma ora sto meglio".

Il ricovero precauzionale in ospedale è immediato dopo la reazione allergica acuta che ha terrorizzato amici e compagni di squadra ad una settimana dalla sfida contro la Fiorentina. Per sua fortuna l'ingresso in corsia sarà limitato, con recupero da effettuare in casa. Un altro tipo di infortunio, stavolta molto più pericoloso del mondo di adduttori e distorsioni.

"Sono stato ad un minuto dalla morte".

Un messaggio da Instagram a metà tra sospiro di sollievo e consapevolezza che qualcosa sarebbe potuto andare decisamente peggio. Il bicchiere è mezzo pieno, perchè Ranegie sarà nuovamente arruolabile per la gara contro la Juventus (dopo aver saltato il successo per 3-1 rifilato alla Fiorentina), interamente passata in panchina. Il destino di Mathias, infatti, non sarà più cambiato: panchina, ingresso nel finale, panchina, ingresso nel finale. Alternanza spezzata solamente in maniera limitata, tra esclusioni consecutive e qualche minuto in più come sostituto. I galloni da titolare, però, saranno solamente un ricordo.

Dopo il goal contro il Milan e le seguenti gare da titolare contro Torino e Genoa, Ranegie non sarà mai più titolare in bianconero. Troppo distratto, capitato in un contesto più grande del suo essere calciatore per caso. Un esempio? La trasferta di Verona contro il Chievo che secondo il suo programma non era parte di questo mondo: era certo si giocasse in casa, tanto da non presentarsi al raduno. Niente pullman con la squadra, solamente un'auto di fortuna ore dopo: accomodato in panchina in fretta e furia. Entrando nel finale.

TULUM E NUVOLE

Ranegie viene così spedito al Watford, militante nella seconda serie inglese ma di proprietà dei Pozzo. Un prolungamento da cui ripartire per capire la situazione e non sbagliare più. Cambierà poco. Poco propenso ad essere professionista integerrimo, verrà coinvolto in diverse situazioni da tabloid fuori dal campo, annullando anche le buone, e limitate, prestazioni. Quelle che spingeranno l'Udinese a cederlo definitivamente nel 2014, verso una carriera che lo porterà anche in Cina prima del rientro in patria.

I milioni guadagnati nel campionato asiatico saranno superiori al numero di goal, adatti a costruire un futuro lontano dal calcio. Quello che appesi gli scarpini, tra rimpianti e rammarico, sarà troppo duro da affrontare. Molti suoi compagni hanno persino partecipato ad Europei e Mondiali. Meglio guardare il mare, sulla spiaggia dell penisola messicana e in particolare dello Yucatán.

Ranegie, infatti, investe a Tulum, acquistando un terreno per dare vita ad una hacienda:

"Vorrei affittarlo per organizzare feste di addio al nubilato magari. Mi darà un reddito passivo. Sto costruendo questa casa da anni. Ero abbastanza bravo a bruciare soldi all'inizio della mia carriera, ma sono riuscito a guadagnare tanto. Se c'è una cosa che ho imparato è che dovresti possedere delle proprietà, perché di solito aumentano di valore".

Il suo, invece, di valore, non è mai aumentato. Sembrava poter avere un picco ai tempi dell'Udinese, prima delle due allergie: quella alimentare, quella al ruolo di professionista integerrimo. Una disciplina ferrea, mai raggiunta. A 39 anni, cinque anni dopo l'addio al pressante pallone, le preoccupazioni sono diverse, come raccontato nel 2021:

"Corro e mi alleno un po' per non ingrassare. Questo è principalmente tutto".

Poteva andare meglio.

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