Sono passati poco più di 19 anni da quel 9 luglio che rimarrà sempre nella memoria di Rafa Marquez come il giorno della sua consacrazione: la presentazione al Camp Nou con la maglia del Barcellona.
Classici palleggi coi piedi e con la testa, qualche "giocata" destinata al pubblico e i coriandoli blaugrana: gli stessi che accompagneranno il suo saluto finale, avvenuto nel 2010, con due Champions League in bacheca e diversi titoli vinti.
Ha vissuto il pieno cambiamento del Barça dalla vecchia filosofia, comunque ispirata a quella di Cruyff, a quella di Pep Guardiola che ha sostanzialmente rivoluzionato il calcio moderno: lui era lì, e può dire di aver giocato con i migliori giocatori al mondo, da "professore".
Perché questo ha fatto, cambiando anche la sua posizione nel corso degli anni: aveva tempi di lettura da centrocampista, ha giocato come difensore, definito a furor di popolo come il miglior difensore di tutta la storia del Messico, a ragion veduta.
Anche perché nella storia, ma del calcio, ci è entrato a tutti gli effetti, disputando cinque edizioni dei Mondiali con la sua nazionale: un record appartenuto ad altre leggende Lothar Matthaus.
Dopo l'addio al Barcellona si è poi trasferito negli USA, ai NY Red Bulls, tornando in patria poi per vestire la maglia del Leon: tra il 2014 e il 2016 ha tentato la carta della Serie A, indossando la casacca del Verona. Due stagioni comunque da ricordare.
Dal 2018 ha appeso gli scarpini al chiodo, invece: subito dopo aver disputato gli ultimi Mondiali con il Messico, in Russia. E da lì in poi ha studiato per far ciò che a pelle gli viene bene, l'allenatore.
Potrà farlo "a casa sua": a Barcellona, la sua famiglia adottiva. Con una nota ufficiale il club blaugrana ha ufficializzato la nomina di tecnico della formazione B, quella "Atletic", fino al 2024..
Una sfida che passa dall'esperienza che farà in terza divisione spagnola: sempre con la solita serietà che lo ha contraddistinto e con quei colori che hanno caratterizzato il suo percorso.


