Se sei stato una leggenda sul campo, non è detto che lo sarai anche in panchina. Un grande giocatore non diventa per forza un grande allenatore, il più delle volte le due cose non combaciano, viaggiano su binari diversi. Di esempi ne abbiamo tanti, su tutti quello di Michel Platini, 'Le Roi', che nel 1992 fu costretto ad abdicare.
Parliamo di uno che ha trasformato in oro tutto ciò che ha toccato. Uno che ha cominciato a vincere al Nancy, quando era ancora un ragazzino, e che ha conquistato l'Italia, l'Europa e il Mondo con la numero 10 della Juventus tatuata sulle spalle. Uno che in carriera ha segnato 224 reti in 434 presenze.
"L'abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras", disse di Platini l'Avvocato Agnelli. Due Scudetti, una Coppa Italia, una Champions League, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea e una Coppa Intercontinentale, il suo bilancio in bianconero, il tutto condito da tre palloni d'oro consecutivi.
"Ho giocato nel Nancy perché era la mia città, nel Saint-Étienne perché era la migliore in Francia e nella Juventus perché è la migliore al mondo", dichiarò Platini dopo la sua ultima partita da giocatore, un Juventus-Brescia del 1987. Un anno dopo, senza nemmeno bisogno di ottenere il patentino, era già seduto sulla panchina della Nazionale.
Getty ImagesAveva da poco compiuto 33 anni quando la federazione decise di affidargli la guida dei Galletti, delusi e demotivati dopo la mancata qualificazione agli Europei del 1988. E pensare che soltanto quattro anni prima, a Euro '84, la Francia padrone di casa aveva conquistato il suo primo titolo continentale grazie al Platini giocatore, capace di segnare 9 goal in 5 partite, tra cui due triplette a Belgio e Jugoslavia. Semplicemente, 'Le Roi'.
Il primo obiettivo è qualificarsi per i Mondiali italiani del 1990, ma Platini lo manca per un misero punto. Tuttavia il suo calcio, spettacolare ma con sfumature 'trapattoniane', sembra proprio funzionare e tra l'aprile '89 e il novembre del '90 la Francia infila 19 risultati utili consecutivi, che valgono a Platini il premio di 'allenatore dell'anno' da parte del mensile 'World Soccer'.
Ad Euro '92 i Bleus ci arrivano in pompa magna e da grandi favoriti dopo le 8 vittorie su 8 partite conquistate nel girone di qualificazione. L'esordio è con la Svezia padrone di casa: la sblocca Eriksson, ma poi i Bleus la riacciuffano con Papin. Il pareggio, considerando il contesto, è un buon risultato e anche lo 0-0 nella seconda gara del girone con l'Inghilterra non è da buttare.
L'ultima partita è contro la Danimarca praticamente spacciata. Ma se vi ricordate perché l'Europeo del 1992 è rimasto nella storia, allora conoscete già il finale. Alla Francia basta il pareggio per qualificarsi alle spalle della Svezia: il goal lampo di Larsen spaventa i Galletti, poi ci pensa il solito Papin a pareggiare i conti. L'1-1 può andare anche bene, ma quella Danimarca deve vincere l'Europeo. E allora segna Larsen: i ripescati vanno avanti, i favoriti tornano a casa.
-Platini ha già deciso che quella contro i danesi è stata la sua ultima partita da ct della Francia, la stampa insorge e attacca duramente la squadra per quello che è stato considerato un clamoroso fallimento. Un epilogo del genere è inaccettabile per una rosa che poteva contare su giocatori come Papin, Cantona, Sauzéè, Blanc e su un giovane ma già carismatico Didier Deschamps.
Forse Platini ha sbagliato il periodo - considerando che tra il '98 e il 2000 la Francia conquisterà l'accoppiata Europeo-Mondiale - forse ha sbagliato tattiche e non ha retto il peso dell'etichetta di salvatore della patria, o forse, come dichiarato qualche anno fa da Bruno Martini (portiere di quella Nazionale) "non ha sbagliato proprio nulla ed è stato un allenatore eccellente". Dipende dai punti di vista, di sicuro Platini è stato sempre meglio in campo che in panchina.
"Quella non è roba per lui", spiegò il suo grande amico Louis Nicollin, oggi presidente del Montpellier. Una teoria condivisa dallo stesso Platini nel giorno delle sue dimissioni, comunicate proprio mentre la Francia festeggiava l'assegnazione dei Mondiali del '98: "Non me la sento più di fare il ct. E' una decisione personale, l' avevo presa poco prima degli Europei e non avrei cambiato idea nemmeno se avessi vinto in Svezia... Mi sono divertito in questi anni, ero pagato anche bene: ma che avvenire avrebbe la Francia con un allenatore che non ha più stimoli?".
Il ruolo da allenatore non faceva per lui, non a caso ha rifiutato anche un'offerta da parte del Real Madrid. Dopo quell'Europeo ha chiuso con i taccuini e le lavagne: "Non chiamatevi traditore", Le Roi accetta la sconfitta ma non si addossa tutte le colpe di quanto successo quell'estate in Svezia: "I goal non potevo mica farli io... ". Già, quelli non li ha mai sbagliati.
