GOALNel gennaio del 2005, ormai 18 anni fa, Adrian Mutu è un uomo distrutto. Vorrebbe tanto fare quel che meglio gli riesce nella vita, ovvero giocare a pallone, ma non può. Un paio di mesi prima, un impietoso test antidoping lo ha beccato con tracce di cocaina in corpo. Giocava nel Chelsea, che lo aveva prelevato un anno e mezzo prima dal Parma. 25 presenze e 6 reti nella prima stagione, un paio senza segnare nella seconda. Un mese dopo l'episodio, il club londinese lo ha licenziato. E la Football Association gli ha appioppato una squalifica di 7 mesi e una multa di 20000 sterline. Niente errori, siamo inglesi.
In quelle settimane, la credibilità del disoccupato Mutu è crollata a zero. Nessuno lo vuole, nessuno lo cerca. Poco importano il passato, il talento giovanile, le magie di Verona e quelle di Parma con Cesare Prandelli: conta il presente, il qui e ora. E il qui e ora dice che Mutu sarà indisponibile praticamente per tutto il 2004/05, potendo rientrare in campo solamente a maggio. Difficile pretendere un ingaggio immediato in qualche squadra di vertice. Fino a quando il procuratore del romeno, Ioan Becali, riceve una chiamata: sono Luciano Moggi, che ne dite della Juventus?
La storia del ritorno in Italia di Mutu inizia così. Con una macchia difficilmente cancellabile diventata improvvisamente opportunità. La Juventus chiama, Mutu risponde: sì, arrivo. C'è solo un problema, in realtà bello grosso: nella rosa allenata da Fabio Capello sono presenti già tre extracomunitari, ovvero Igor Tudor, Marcelo Zalayeta e Stephen Appiah, e aggiungerne un quarto, regolamento alla mano, non si può. Un attimo, pensa Moggi. Una soluzione ci sarebbe: le regole vietano di acquistare dall'estero, non dalla Serie A. Ed è lì che al direttore generale viene il colpo di genio: far tesserare Mutu da un'altra formazione italiana e poi prenderselo da lì, aggirando così la normativa.
Il club prescelto è il Livorno. Il cui presidente è Aldo Spinelli, in stretti rapporti con Moggi. I labronici sono appena tornati in Serie A a 54 anni di distanza dall'ultima apparizione, guidati in panchina da un giovane Walter Mazzarri. Davanti si affidano ai gemelli Igor Protti, che poco meno di 10 anni prima scendeva in B con il Bari da capocannoniere, e Cristiano Lucarelli, quello del gran rifiuto al Torino al grido di “tenetevi il miliardo”. Quello offerto dai granata per risolvere a proprio favore la comproprietà del giocatore, e rispedito al mittente da quest'ultimo.
Ci sarebbe spazio anche per Mutu, in un attacco così collaudato? Probabilmente sì. Ma è una questione che nemmeno si pone. Perché il Livorno è solo un ponte per far arrivare l'ex Chelsea alla Juventus. L'alleanza si concretizza a metà gennaio 2005: Mutu viene tesserato dai toscani, che lo girano immediatamente in prestito alla Juve, con cui il giocatore firma un contratto quinquennale. A Livorno, qualche mese dopo, andrà Raffaele Palladino come compensazione. Un simile escamotage viene adottato dall'Inter con il Chievo, usato come “sponda” per Julio Cesar nella stessa finestra di mercato dopo aver fatto lo stesso con Gamarra qualche anno prima.
Mutu è della Juventus, quindi. Ma solo per modo di dire. Perché il transfer dall'Inghilterra non arriva: il Chelsea gioca duro e pretende un risarcimento di una quindicina di milioni di sterline. Per qualche settimana Adrian non può rilasciare interviste da giocatore bianconero e non può nemmeno allenarsi agli ordini di Capello con l'abbigliamento ufficiale della squadra. Il 19 gennaio è la data scelta per la presentazione a giornalisti e tifosi, che però viene rinviata. E il giorno dopo in sala stampa si vede solo Moggi, per il disappunto dei reporter giunti dalla Romania.
“Tutto regolare ed alla luce del sole – spiega il dg, come si legge sulla 'Gazzetta dello Sport' dell'epoca – Mutu non lo presenteremo e non si allenerà con la squadra fino a quando non arriverà il transfer dall'Inghilterra. Dov'è ora? Sarà sui tetti che si allena. Questione di giorni, appena arriverà il via libera dalla federazione inglese Adrian inizierà ad allenarsi con noi e resterà alla Juve, nessuna pedina di scambio”.
“Adrian l'ho seguito personalmente da quando è arrivato in Italia – svela ancora Moggi – e già in un paio di occasioni ho provato a portarlo alla Juve. La cocaina? Errare è umano, perseverare è diabolico: conosco il giocatore so che non ci ricascherà. Prima di prenderlo abbiamo fatto tutte le verifiche del caso”.
Il tanto atteso transfer dall'Inghilterra arriva verso fine mese. Mutu è finalmente libero di comportarsi a tutti gli effetti come un giocatore della Juventus. Pazienza se potrà esordire solo all'ultima di campionato, in un 4-2 contro il Cagliari al Delle Alpi, schierato da Capello per l'ultima mezz'ora a Scudetto già conquistato: durante la stagione l'ex nerazzurro ha già avuto modo di integrarsi in una rosa piena zeppa di campioni, partecipando al day by day che porterà al trionfo, poi revocato dalle sentenze di Calciopoli.
“Mi hanno sempre protetto – ha raccontato quando gli è stato chiesto di quel periodo – era il periodo della sospensione e non potevo giocare partite ufficiali, ma loro mi hanno tenuto in forma e mi facevano fare partite vere con Ibrahimovic, Del Piero e Trezeguet. Quegli allenamenti erano gare a tutti gli effetti, vista la qualità e intensità. Mi facevano fare un'amichevole a settimana, così non ho mai perso il ritmo partita”.
PACO SERINELLI/AFP/Getty ImagesVa meglio nella stagione successiva. 32 presenze in campionato, 8 in Champions League, 4 in Coppa Italia. Con 11 reti totali. Sul secondo titolo di Capello, poi assegnato a tavolino all'Inter, c'è anche il suo timbro. Poi lo scoppio del bubbone Calciopoli, la retrocessione d'ufficio in Serie B, una dirigenza azzerata e un nuovo board costretto a lasciar partire mezza rosa. Tra gli addii illustri ci sono Zlatan Ibrahimovic, Patrick Vieira, Fabio Cannavaro, Lilian Thuram. E c'è anche Mutu, che prende la strada di Firenze in cambio di Valeri Bojinov.
“Eravamo in maggio, ma è come se fosse stato dicembre – ha ricordato a 'La Nazione' Moggi, suo grande estimatore – perché la nuova dirigenza della Juve fece alla Fiorentina un bellissimo regalo di Natale”.
Il resto è storia abbastanza recente. A Firenze Mutu ritrova Gilardino e Prandelli, incanta, trascina la Viola a un passo dalla finale di Coppa UEFA. Poi il declino. Viene nuovamente trovato positivo all'antidoping, passa al Cesena nel 2011, retrocede in B, colleziona qualche esperienza poco fortunata prima di chiudere la carriera 5 anni più tardi. Ma se è vero che il passato oscuro non tarda a tornare a galla, gli effetti dell'intreccio Chelsea-Livorno-Juventus lo perseguitano nel corso del tempo: nel 2009 i Blues chiedono formalmente un risarcimento di 17,7 milioni di euro, diventati poi più di 21 con gli interessi. Una battaglia legale che va avanti per una decina d'anni tra giustizia sportiva e ordinaria, FIFA e TAS. Fino a quando, nel 2018, gli inglesi si vedono dare ragione dalla Corte dei Diritti dell'Uomo.
Chi dovrebbe sborsare una simile somma? Intanto la Juventus, che per più di un anno ha effettivamente goduto dei servigi di Mutu. Ma anche il Livorno, per via di quell'alleanza stretta nel gennaio del 2005. L'agente Becali esplode: “Tutta colpa della Juve”. L'avvocato Mattia Grassani è perplesso: “Non sono stati i due club a indurre Mutu a liberarsi dal Chelsea: la decisione di interrompere il rapporto con il calciatore è stata autonomamente assunta dagli inglesi”. E in Toscana insorgono: Mutu non ha giocato nemmeno mezzo minuto da noi, perché dobbiamo essere messi in mezzo?
“La Juventus aveva parcheggiato Mutu a Livorno soltanto per mezz’ora e quindi lo ha subito tesserato – si lamenta il presidente Spinelli al 'Corriere dello Sport' – Non vedo pertanto cosa c'entri la nostra società e la richiesta di un eventuale pagamento. È bene mettere subito le cose in chiaro”.
Mutu il Livorno lo sfiderà nella stagione successiva, da titolare all'andata e da subentrato al ritorno. Nel 3-1 bianconero al Picchi lancia verso la porta Del Piero, autore del tris in pieno recupero. Qualche buontempone si divertirà a inserirlo nella top 11 di tutti i tempi del club labronico, assieme a Mario Magnozzi, a Protti, a Lucarelli. Ma la realtà è ben diversa. E parla di un attaccante talentuoso, di un giocatore di altissimo livello, che la maglia amaranto l'ha indossata, peraltro solo idealmente, per appena mezz'ora.




