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L'incubo di Quagliarella, vittima di stalking e via da Napoli

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Fabio Quagliarella aveva fatto una scelta ben precisa: andare al Napoli per diventarne idolo e potenziale bandiera. Progetti naufragati dopo una sola stagione però, in mezzo a una storia da incubo fatta di rabbia, stalking e lacrime.

Siamo nell'estate del 2009, Aurelio De Laurentiis per l'attacco azzurro sceglie lo stabiese purosangue Quagliarella: 16 milioni più la seconda metà di Domizzi all'Udinese e affare fatto, sancendo un matrimonio che fa impazzire di gioia la piazza e il calciatore.

"Napoli è sempre stato il mio sogno. E oggi sono felicissimo, perché il sogno si è avverato".

Sembra l'inizio di un legame lungo e duraturo, invece al termine del 2009/2010 le strade di Fabio e dei partenopei si separano clamorosamente. A rendere ancor più folle l'addio è la destinazione: Juventus, la rivale principe di Napoli e del Napoli, a cui l'uomo che aveva giurato amore alla propria terra con baci allo stemma dopo ogni goal dice sì.

Quagliarella Elfsborg Napoli 2010YouTube/CalcioNapoli24

La 'griffe' sul precoce divorzio arriva il 26 agosto 2010 in Svezia, in occasione del preliminare di Europa League Elfsborg-Napoli nel quale Quagliarella viene lasciato in panchina e il suo erede designato Cavani - appena acquistato dal Palermo - fa doppietta. A fine gara, l'attaccante di Castellammare si reca davanti al settore ospiti per spiegare i motivi dell'imminente cessione alla Juve.

"Le cose si fanno in tre, non è un tradimento, la ragione a volte prevale sul cuore".

Uno smacco troppo grande per non lasciare strascichi, il popolo azzurro se la lega al dito e da quel momento decide di 'azzerare' il feeling con Quagliarella. Ad ogni suo ritorno a Fuorigrotta, pioggia di fischi e insulti. Emblematico quanto accade il 6 gennaio 2016 in Napoli-Torino, con la punta nel frattempo passata da Madama ai granata.

Calcio di rigore per i piemontesi, sul pallone va proprio l'ex discusso e rinnegato, che batte Reina e chiede scusa alla Curva in segno di rispetto. Niente da fare, il pubblico non lo perdona e giù altri improperi. Un 'guaio' doppio, perchè a risentirsi del mea culpa sono anche i tifosi del Toro che scatenano una bufera e nel giro di pochi giorni portano Quagliarella a dover lasciare il club di Cairo trasferendosi alla Samp. Peggio di così...

Napoletani arrabbiati, torinisti pure e un rendimento in campo che non è più lo stesso: Fabio tocca il fondo ma nel 2017 mette un punto, vuotando il sacco in un'intervista concessa tra le lacrime a 'Le Iene' che ribalta completamente gli scenari.

Esiste una vicenda che ha cambiato vita, equilibri e percorso professionale di un ragazzo costretto ad abbandonare la sua terra e sorbire illazioni, restandone impotente.

Quagliarella si era affidato aun agente della polizia postaleper sistemare un problema di password col computer.

"Lui me l’ha risolto. Da lì è nata l’amicizia. Poi iniziarono ad arrivare lettere anonime, messaggi anonimi… Da foto di ragazzine nude, dove diceva sotto con tanto scritto che io ero un pedofilo, che io avevo a che fare con la camorra, che io avevo a che fare con la droga, che io avevo a che fare col calcio scommesse. Stiamo parlando di centinaia e centinaia di lettere".

"A mio papà, quando io ero in giro gli arrivava un messaggio dove gli dicevano 'Tuo figlio ora è in giro per Castellammare e ora gli spezziamo le gambe, ora lo ammazziamo'. A volte io ero fuori casa e avevo due o tre chiamate perse di mio papà perché io ero impegnato. Quando vedevo queste chiamate perse, la mente va subito a pensare cose brutte. Magari era successo qualcosa per esserci due o tre chiamate di mio papà senza risposta, c’è qualcosa che non va".

"Qualsiasi piccolezza nella tua testa era un pericolo, dicevi 'È successo qualcosa', perché sapevi che queste minacce… quando uscivi di casa, a un certo punto ti guardavi intorno, ti sentivi osservato, ti sentivi minacciato. Non sapendo chi fosse, guardavi tutti con altri occhi, con occhi dubbiosi, come a dire 'E se è questo, e se è quello?' Non nascondo il clima di tensione che c’era in famiglia.. Perché ci diceva che noi dovevamo prendere le impronte digitali di tante persone…".

"Comandava lui il giochino. Ovviamente lui era una persona che era diventata di famiglia. C’era un rapporto. Ti chiedeva i biglietti per venire allo stadio, ti chiedeva le maglie, ti chiedeva di firmare maglie, palloni. Ripeteva sempre: 'Ci siamo quasi, lo stiamo per beccare, secondo me ancora un po’ di tempo. Stiamo capendo, non ti possiamo dire chi… perché dopo può darsi che…'. Ha sempre palleggiato così".

"Ci diceva 'Non ditelo a nessuno, neanche ai vostri figli. Perché poi, sai, può darsi che parlando si sgama, può essere qualche notizia…'. Allora tu, impaurito di questa cosa qui, non parlavi con nessuno. Però poi uno, a raccontarla così, dice: 'Potevi essere lucido, per capire…'. No, quando ci sei dentro, sei in un vortice, ti fai prendere da quelle cose. Lui ti dice: 'Non parlarne con nessuno'. Quindi è una cosa che ti tieni solo per te, ne parli solo con tua mamma e tuo papà. Non lo sapevano neanche i miei fratelli. Neanche loro sapevano che a noi ci arrivavano queste cose".

"Mandava le lettere al mio migliore amico, alla DDA, al Napoli. Mi ricordo che dovevamo andare a giocare in Svezia. Io ero uno dei titolari. Prima della gara mi chiamarono e mi dissero 'No, tu non giochi, non giochi perché…. ti abbiamo venduto, quindi fai meglio a non giocare'. Un attimo di shock. Mi dicevano 'L’ha fatto per soldi'. Assolutamente non è vero. I soldi li guadagnavo al Napoli come li ho guadagnati poi alla Juve. È stata dura perché a casa i miei di notte dormivano con l’ansia, perché arrivavano telefonate a casa. Quando mi ci fermavo a pensare, faceva male. Dicevo: 'E come glielo racconti alla gente? Come glielo vai a spiegare?'".

Quagliarella si è ritrovato in una bolla, vittima di un incubo e impossibilitato a parlarne.

"Sono passato per l’infame della situazione. E passarci davanti alla propria gente fa male. Ogni volta, ogni viaggio che dovevo tornare a Napoli, cercavi di nasconderti, di camuffarti… cappelli, occhiali… per evitare che qualcuno ti dicesse qualcosa. Perché fa male… Dici 'Cosa ho fatto di male che mi devo nascondere?'".

"Alcuni miei amici mi dicevano 'Dai, andiamo a farci un giro in qualche locale' e dicevo 'No'. Non potevo andare da nessuna parte, non mi potevo godere la mia gente. Perché potevi sempre beccare qualcuno che ti diceva la parolina. Poi sai, una te la tieni, due te le tieni… Poi le persone che sono intorno a te tante volte reagivano loro al posto tuo, e io ho sempre voluto evitare questa cosa maledettamente. Facevo 'No, non posso litigare, andare a discutere con la mia gente. No, macchè. Non se lo meritano, forse non me lo merito neanche io, però aspettiamo che arrivi quel giorno'".

"E' durata 5 anni. Ho sofferto per colpa di una persona a cui non so cosa gli sia passato per la testa. Lo reputavo uno di fiducia perché comunque faceva un lavoro importante, un lavoro che comunque… dove devi dare fiducia. Era un poliziotto".

"Non ho mai cercato giustificazioni. Ho provato anche con dei piccoli gesti. Ho giocato col Toro a Napoli. Era per dire 'Io contro di voi non ho niente, voi non mi avete fatto niente, cioè io non vi ho fatto niente. Capitemi'. Perché sapevo dietro che cosa c’era. Sapevo che da un momento all’altro poteva chiudersi questa vicenda. E ho iniziato a mandare i primi segnali. Quel gesto lì poi mi ha fatto… ho dovuto rompere con il Torino. Comunque ti allenavi fisicamente, ma con la testa non c’eri. La testa era a pensare ad altro".

"Erano continui dubbi, continui pensieri. Ha segnato la mia carriera, ha segnato la storia mia con il Napoli... Poi dopo ho continuato e va bene. Però se uno si ferma a quell’anno lì… sarebbe stato tutto bello. Cioè poter fare il capitano…".

Quagliarella post FacebookQuagliarella Samp CagliariSky

Quagliarella, in seguito al lavoro degli inquirenti, ritrova finalmente goal e serenità in mezzo a pianti di gioia e sfoghi liberatori, come quello a 'Sky' dopo un Sampdoria-Cagliari.

"Sono stati 4-5 anni difficili, in cui io e la mia famiglia abbiamo sofferto tanto. Per fortuna la giustizia ci ha dato ragione, alcune persone non meritano tante cose. Ho sofferto l'addio al Napoli, io cercato di fare il professionista, restando concentrato sul campo, ma non è facile. Mi sono tolto un peso, vogliamo vivere bene e serenamente e immaginare di non poterlo fare al di fuori del campo è stata dura".

"Sono state dette tante infamità sul mio addio a Napoli, l'unica causa era solo questa. Dopo tanti anni è finita, ringrazio la giustizia. Scendi in campo e la gente non sa tante cose, quando non puoi parlare nè dire la tua senti tutti che parlano e tu devi stare zitto perchè ci sono delle indagini in corso".

"Non è che io un giorno mi sono svegliato e sono voluto andare via da Napoli, ero a casa mia, stavo da Dio ero tornato lì dopo 12-13 anni lontano. Ho tenuto botta, non è facile, non lo auguro a nessuno. Non poter uscire e sentirsi minacciati, col timore che potesse succedere qualcosa a me e alla mia famiglia, è stato devastante. C'è stato un giudice che ha dato una sentenza importante, è una delle mie più grandi soddisfazioni".

E i tifosi? Non appena venuti a galla i fatti, il dietrofront sul trattamento riservato allo stabiese è totale. Messaggi di scuse, parole dolci, inviti a tornare in azzurro e, nelle partite disputate da ex con la Samp nello stadio in cui avrebbe voluto scrivere la storia, tanti applausi.

Napoli Crotone banner Quagliarella 2017GettyQuagliarella Napoli SampdoriaGetty

Il 12 marzo 2017 ad esempio, dopo l'intervista rivelatoria, nel match interno col Crotone la Curva A gli dedica un emozionante striscione.

"Nell'inferno in cui hai vissuto, enorme dignità. Ci riabbracceremo Fabio, figlio di questa città".

Una storia assurda che spiazza anche la società, tanto da portare ADL a spalancare a Quagliarella le porte per un ritorno a Napoli.

"A Fabio darei un posto d'onore".

Un matrimonio-bis mai avvenuto, ma tra capitano doriano, popolo e club partenopeo il sereno oggi è totale. Seppur con un velo di rimpianti, per ciò che sotto il Vesuvio poteva essere e non è stato.

"Quando ripercorro la mia carriera, mi guardo indietro e dico: 'Ho lasciato qualcosa di incompiuto'. Come se sei arrivato davanti alla porta, stai per tirare e ti tolgono il pallone".

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