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Il QPR di Flavio Briatore: il ‘piano quadriennale’ verso la Premier League

“Agüerooooo”. Basta il nome, basta la parola. Tutto si riconduce a un minuto, 90+4. Ad una stagione, 2011/12. Ad un goal storico per il Manchester City. Iconico per la storia della Premier League. Con uno sparring partner: il Queens Park Rangers, avversario di quel pomeriggio, che grazie alla contemporanea mancata vittoria del Bolton aveva potuto salvarsi. Col brivido.

Una decina d’anni dopo quel pomeriggio, il QPR è tornato nella mediocrità della metà classifica della Championship. Un paio di up and down dalla massima serie, per poi stabilizzarsi. Anche rischiando la discesa in League One in un paio di stagioni, per la verità. La Premier è stata una mera illusione. Specialmente se si ripensa alle ambizioni che il club aveva nel 2007. Quando sulla scena del club londinese aveva fatto la sua comparsa nientemeno che Flavio Briatore.

L’allora manager della Renault in Formula 1, fresco di due campionati del mondo vinti dal suo protetto Fernando Alonso, aveva deciso di buttarsi nel mondo del calcio. Con una spalla d’eccezione nella cordata di investitori, come il patron della Formula 1 Bernie Ecclestone. Un’esperienza durata circa quattro anni alla guida degli Hoops. E non propriamente di successo.

Quando ha preso le redini del club, mister Billionaire lo ha fatto non solo da proprietario, o meglio, azionista di maggioranza, ma anche da presidente. Con un ruolo attivo. Ma sempre nel proprio stile, appariscente e vulcanico. Con un mantra definito da posteri come “il piano quadriennale”.

Flavio BriatoreGetty Images

IL QPR DI BRIATORE: LA CORDATA

Il QPR era gestito dalla coppia formata da Gianni Paladini e Antonio Caliendo (ex procuratore), ma veniva da anni difficili anche a livello economico. Profonde crisi finanziarie, risultati deludenti. Un debito che si era allargato fino a oltre 20 milioni di sterline che andava risanato. Una spaccatura anche tra l’ambiente e la squadra. Insomma, peggio di così non poteva andare, per i tifosi. Che nel 2007 hanno potuto vedere uno spiraglio, grazie ad una cordata ambiziosa e certamente ricca.

Di questo gruppo facevano parte i sopracitati Flavio Briatore e Bernie Ecclestone, ma non solo. Sulla stampa inglese si vociferava anche di un coinvolgimento di Antonio Giraudo, ormai fuori dalle grazie del calcio italiano dopo lo scandalo Calciopoli dell’anno prima. Membri ufficiali, invece, Alejandro Agag, imprenditore spagnolo nonché ex politico, e anche il magnate indonesiano Lakshmi Mittal, patron della più grande azienda siderurgica del mondo, la ArcelorMittal, con la partecipazione del genero Amit Bhatia, che è tuttora nella dirigenza del club

“Abbiamo fretta di lavorare con il presidente Gianni Paladini e la sua squadra. Conosciamo la storia di questa società, la lealtà dei tifosi e siamo intenzionati a ridare molti successi al club”, aveva tuonato Briatore al suo arrivo.

Il piano era chiaro e definito: portare il club in Premier League nel giro di quattro anni. Ci sarebbero riusciti, in effetti. “Piano quadriennale”, che è diventato anche il titolo di un documentario che racconta nel dettaglio quegli anni molto particolari.

IL REBRAND DEL CLUB

Le prime decisioni prese da Briatore da presidente del QPR riguardarono le infrastrutture, con il rifacimento di alcune parti di Loftus Road, stadio storico, e la parte visual. Ad esempio, il logo. Vennero aggiunti riferimenti ‘reali’. In realtà la famiglia reale non ha legami diretti: il nome sarebbe dovuto al fatto che molti giocatori al momento della fondazione del club venivano dal quartiere di Queen’s Park, per l’appunto, parco della Regina.

Briatore rivoluzionò il logo, cambiandone la forma, il design. Da un cerchio con Q, P e R intrecciate a uno scudo a righe orizzontali con due ‘crest’ reali e una corona. E un pallone. Per la cronaca: nel 2016 si è tornati al passato.

E non è l’unico aspetto. Briatore volle anche cambiare la mascotte, ‘licenziando’ il gatto Jude — un riferimento alla storia del club che richiamava il St. Jude, dalla cui unione con il Christchurch Rangers è nato il QPR di oggi. Al suo posto, il leone Spark. Che oggi è stato nuovamente soppiantato dal gatto Jude ed è sparito anche dai canali del club. Insomma, del rebrand del tempo oggi resta poco o nulla.

IL TRENINO DEGLI ALLENATORI

Se la gestione comunicativa col senno del poi ha lasciato dubbi, quella tecnica non è stata da meno. All’arrivo di Briatore, il tecnico in carica del QPR era John Gregory, che negli anni ’80 era stato giocatore e aveva vissuto momenti storici, come la finale di FA Cup del 1982. Durò appena un mese, prima di essere sostituito da un italiano: Luigi De Canio. A fine stagione si sarebbe dovuto accontentare di un piazzamento a metà classifica, ritardando la promozione. A maggio, separazione. Anzi, dimissioni. Per tornare in Italia, dalla sua famiglia.

“Piaceva a tutti, era un ottimo allenatore, sfortunatamente c’era una barriera linguistica tra noi e lui. Urlava disperatamente indicazioni, ma in italiano, e non capivamo” aveva raccontato l’attaccante Agyemang.

Al suo posto Ian Dowie, promosso col Crystal Palace pochi anni prima. Durato neanche due mesi, poi rimpiazzato nuovamente da Paulo Sousa. Contratto di due anni e mezzo, ma durato cinque mesi. Risultati mediocri, ancora, ma licenziato ufficialmente per aver divulgato informazioni confidenziali. Tra le altre cause della rottura, anche la cessione di Blackstock, miglior attaccante della squadra, ai rivali del Nottingham Forest.

“Al club è stato notato che il signor Sousa, senza autorizzazione, ha divulgato informazioni altamente confidenziali e sensibili. Il club, su consiglio legale, ha agito di conseguenza per proteggersi”.
Paulo Sousa QPRGetty Images

Dopo Sousa, nell’ordine, si sono succeduti Ainsworth - traghettatore, ma soprattutto allenatore-giocatore, che aveva anche preceduto il portoghese - Magilton, Bircham, Hart e Harford. Nel giro di un solo anno. Prima dell’arrivo del santone Neil Warnock, che ha rimesso a posto le cose e ottenuto la promozione: in carriera ne ha centrate ben otto.

Al momento dell’assunzione di Warnock nella primavera del 2010, Briatore aveva già lasciato il ruolo di presidente, rimanendo nel club soltanto come azionista. Il suo rapporto con gli allenatori, come mostrato nel documentario ‘Piano Quadriennale’: in tribuna spesso e volentieri si lasciava andare a insulti diretti, li apostrofava come “idioti” e si proponeva di dare consigli e suggerimenti tattici che non sempre venivano presi bene. Durante la gestione Dowie, addirittura, Briatore mandò il direttore sportivo Paladini a bordocampo per chiedere di inserire Mahon. Che al 90’ avrebbe segnato il goal vittoria. Con somma gioia di Briatore.

LA FINE DELL’ESPERIENZA

Nella stagione 2010/11, la quarta del famoso piano quadriennale, sarebbe finalmente arrivata la tanto sperata promozione, in un campionato finalmente dominato. Nei mesi precedenti Briatore aveva persino dibattuto con la tifoseria, rea di averlo fischiato per le promesse non mantenute, almeno inizialmente. Il presidente era arrivato allo scontro.

Anche la promozione, comunque, fu messa in serio dubbio da un’indagine che ha riguardato il contratto del centrocampista Alejandro Faurlin, che poteva costare anche una deduzione di punti in classifica. E quindi, forse, il posto nella Premier League dell’anno successivo. Nonostante le paure (si parlava di -15) alla fine la FA non ha decretato penalità.

Promozione, obiettivo raggiunto. La fine del ‘piano quadriennale’. Quote vendute immediatamente, sia da Briatore, che da Ecclestone, che da Agag. La cordata si scioglie. Il QPR riparte da zero.

”Al nostro arrivo il Qpr era ultimo e promettemmo il ritorno in Premier in un triennio - ha concluso Briatore - Così è stato. Quindi i conti tornano, ma non è andata esattamente come avrei voluto. Il calcio rende povero anche chi è ricco”.

Tony Fernandes, il nuovo proprietario, patron della Lotus, è riuscito a riportare per una stagione il QPR in Premier. Dal 2014, è fisso in Championship. E Briatore e la sua cordata sono solo un ricordo lontano.

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