Un giorno qualcuno spiegherà in termini concreti, e non con i soliti e superficiali paragoni, perché chi nasce in Francia con radici algerine, abile a toccar e portar palla, debba essere per forza rapportato a Zinedine Zidane. Probabilmente per l'impatto generato dalla venuta al mondo di Zizou, sicuramente perché un nuovo Zizou fa sempre comodo. Yacine lo è stato solo per definizione, una volta scontratosi con il mondo esterno: perché per il resto, Adli, futuro giocatore del Milan, è un calciatore parecchio diverso dall'ex Real Madrid.
La vita a 20 anni (21, per la precisione) è una parentesi astratta volta a trattenere un pezzo d'esistenza che sembra coincidere con la propria affermazione (non lo è) e insieme un tramite tra un'età fin troppo fragile per comprendere i meccanismi della vita e una in cui i rimpianti possono presentarsi in maniera esagerata rispetto alle aspettative. Calcisticamente, invece, Yacine Adli si trova nell'anticamera del "prime moment", luogo metaforico in cui raccogliere premesse e promesse e cercare una sintesi da presentare quando il pallone non ti concederà più la grazia della giovinezza.
E' nato trequartista, sceso a centrocampo come i tanti che possono vantare la sua tecnica: non è certo il tipo di giocatore da cui aspettarsi funamboliche giocate, e questo lo ha spesso limitato agli occhi dei tanti che vorrebbero soppiantare l'utile con l'esasperazione del divertente. Un centrocampista deve essere prima di tutto efficace: regola non scritta di uno sport che negli anni ha visto troppi mediani fumosi alla ricerca di se stessi.
Adli conosce bene il tipo di giocatore che incarna: cresciuto nel mito di Juninho Pernambucano, con il passare del tempo ha sostituito le giocate complesse con quelle semplici, spiccando per l'incisività all'interno della sua squadra. Lo hanno paragonato anche ad Adrien Rabiot, ma al di là della folta chioma caratterizzata da spiccati ricciolini, il classe 2000 è prima di tutto un giocatore a sè, lontano dalle figure che gli sono state accostate, fortunatamente.
Poco più di un anno fa, i canali ufficiali del Bordeaux lo hanno seguito per un'intera giornata, tra allenamenti e relax casalingo: trasmette serenità, pur con lo sguardo di chi ha ben chiaro il suo progetto di vita. Colazione, pianoforte e via, un giro in centro con il padre, visibilmente orgoglioso di quel che è diventato.
GettyIn campo è un leader, anzi, il leader del Bordeaux: cresciuto nelle giovanili del PSG, pochi anni fa ha ammesso l'emozione di essersi allenato con giocatori come Marco Verratti: "Sì, mi sono allenato un po’ con loro in passato. Sono i migliori giocatori del mondo" . Se nasci al Paris Saint-Germain, esordisci in Ligue 1 e rinnovi il contratto, tocchi il cielo con un dito anche solo a pensarci.
Dell'esperienza a Parigi, la sua città, porta con sé il contesto e il sapore d'alta quota generato dai Big che ti circondano: lui, che Big vuole diventarlo ed è sulla buona strada per riuscirci.
"Durante la settimana, dalle ore 08.30 alle ore 16.00 non sono mai a casa, poi vado a scuola con il treno e ci impiego 2 ore. Il fine settimana gioco le partite. Sono abituato a vivere solo e, pure se i miei genitori vivono a Parigi, a volte, posso vederli solo nel weekend, soprattutto quando ci sono tornei internazionali" : con una gavetta così, la solita per i tanti giovani che si approcciano al pallone, devi trovare spazio anche per altro.
I sogni nel cassetto, quelli che richiamano a Juninho e Zidane, suoi idoli, li conserva gelosamente: a 21 anni ha tutta la spensieratezza e le doti tecniche per incidere in Italia. Servirà pazienza e lucida attesa relative alle sue capacità: alla fluidità bisognerà sostituire l'efficacia come parametro di ricerca di ciò che può dare.
Freschezza e idee nuove: carisma, in campo, e un po' di sregolatezza. Il Milan ha visto in lui il giocatore perfetto per cucire mediana e trequarti, tra un dribbling e una verticalizzazione, sognando traiettorie impredevibili come quelle di Juninho, tra il campo e futuro.




