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Olivier Giroud Montpellier

Prima del Leicester, c'era il Montpellier di Giroud: storia di un miracolo sportivo

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Francia, Ligue 1. Stagione 2011-2012. Il PSG è appena passato in mano alla nuovissima e ricchissima proprietà qatariota, con due unici grandi obiettivi: il primo (quasi scontato) è tornare subito a vincere il campionato, il secondo (che si rivelerà un tantino più difficile) è conquistare per la prima volta la Champions League.

Per riuscirci ha messo insieme gente del calibro di Pastore, Sissoko, Sirigu, Lavezzi, Menez, Thiago Motta, Maxwell e Matuidi. Arrivato a dicembre il PSG sta facendo quello per cui è stato costruito: è primo in classifica, ma a soli tre punti di vantaggio dalla prima inseguitrice. Marsiglia? Lille? Lione? Monaco? No, nessuna di queste. Si tratta del Montpellier, una squadra che appena due anni prima conquistava la promozione dalla Serie B francese.

La cosa sorprendeva, ma non più di tanto. Del resto il Montpellier aveva perso nettamente lo scontro diretto in casa col PSG (0-3 senza appello) e il divario tra le due squadre appariva incolmabile, soprattutto quando l'allora direttore sportivo parigino Leonardo ha deciso di sollevare dall'incarico Kombouaré per affidare la panchina a un maestro del mestiere, Carletto Ancelotti.

Il titolo di campione di Francia sembrava dunque già assegnato. Nessuno credeva al Montpellier. Nessuno credeva che potesse andare oltre quello che aveva già fatto. Nessuno credeva a un club con un budget di 36 milioni di euro (164 in meno del PSG), che il presidente Nicollin, un personaggio unico e ormai in via d'estinzione nel calcio, aveva acquistato nel 1974 per 60.000 euro dalla Division D’Honeur, l'equivalente della nostra Eccellenza.

Lui sì che ci credeva in quel piccolo grande miracolo. Gli davano del pazzo a pensare che potesse riscrivere una storia già scritta. A pensare che un piccolo club del sud della Francia potesse davvero scippare il titolo alla squadra della capitale, acquistata dallo sceicco Al-Thani, uno degli uomini più ricchi e potenti al mondo. Eppure quel Montpellier è stato capace di iniziare una cavalcata da 45 punti nel girone di ritorno, sei in più del PSG di Ancelotti. Una cavalcata che lo ha portato incredibilmente sul tetto di Francia.

MontpellierGetty/Goal

A leggere la rosa di quella squadra ci si rende ancora di più conto dell'eccezionalità dell'evento. In panchina c'era René Girard: tanti trofei da calciatore col Bordeaux, ma solo uno da allenatore. Uno, ma indimenticabile. In porta Jourdren, uno che ha raggiunto il picco massimo della sua carriera proprio in quella stagione. In difesa, tra gli altri, un totem della Ligue 1 come Hilton e una vecchia conoscenza della Serie A, quel Yanga-Mbiwa che decise pure un derby di Roma. La stella di quella squadra, il leader tecnico, era senza dubbio Younes Belhanda, che negli ultimi anni si è perso tra Ucraina e Turchia. Ma il vero trascinatore, l'uomo copertina, è stato Olivier Giroud, con 21 goal e 12 assist. Praticamente immarcabile.

La sua giocata più emblematica del resto non è un goal, ma proprio un assist. La sintesi del non mollare mai, del crederci fino alla fine, raccontata dal suo tecnico Girard.

“Nel 2012 facemmo qualcosa di incredibile al Montpellier e Giroud fu decisivo per noi. Mise a segno diversi goal, ma la giocata più importante la fece nella penultima partita stagionale. Portò palla per cinquanta metri e poi servì il compagno che segnò. Goal, vittoria e campionato in tasca. Ho ancora i brividi".

Era la penultima giornata, contro il Lille di Rudi Garcia, Payet ed Hazard. La matematica è arrivata però soltanto nell'ultimo atto della stagione, in casa dell'Auxerre. Una partita totalmente surreale, caratterizzata da continue sospensioni ed interruzioni a causa della protesta dei tifosi dell'Auxerre, che hanno lanciato in campo carta igienica e palline da tennis. Alla fine l'ha decisa John Utaka, l'eroe a sorpresa, uno dei gregari dal cuore grande insieme a Souleymane Camara, che qualche anno prima aveva partecipato a un altro mezzo miracolo, quello del Senegal ai Mondiali 2002.

Louis Nicollin Montpellier 2012Getty

Classifica finale: Montpellier 82 punti, PSG 79. Da non credere, da non crederci. Il PSG di Ancelotti, Pastore e Nenè dietro il Montpellier di Girard, Belhanda e Giroud. Il giorno della parata per festeggiare il titolo in città, il presidente Nicollin ha mantenuto la promessa. Si è presentato con una cresta colorata di arancio e blu, i colori del Montpellier. Aveva detto che lo avrebbe fatto se avessero vinto il titolo. E l'ha fatto davvero, nonostante i suoi 70 anni. Se n'è andato nel 2017, il giorno del suo compleanno, per un attacco di cuore. Lui che il cuore ce l'ha messo sempre.

Dopo quella stagione tutto andrà come doveva andare. PSG praticamente sempre campione di Francia (fatta eccezione per l'exploit del Monaco di Mbappé) e Montpellier di ritorno inevitabilmente nella sua dimensione, dopo una breve comparsata in Champions League. Oggi se pensi a un miracolo calcistico ti viene subito in mente il Leicester di Ranieri, fagocitato dai social in ogni sua accezione e sfumatura. Protagonista di libri, documentari e raccontato almeno una volta da ogni sito sportivo che si rispetti.

Ma prima del Leicester c'è stato il Montpellier. Un'impresa che nel calcio moderno, per divario tecnico ed economico (nettamente più marcato in Ligue 1 piuttosto che in Premier) è probabilmente irripetibile. Anzi, sicuramente. Ma proprio per questo rimarrà eterna.

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