GOALLa stagione 2005/06 per l’Arsenal è stata quella del rimpianto. In primis, la stagione della Champions League persa soltanto in finale, contro il Barcellona di Ronaldinho. L’ultima giocando ad Highbury, prima di trasferirsi all’Emirates. L’ultima da capocannoniere in Premier League di Thierry Henry, che un anno dopo sarebbe andato al Barcellona. L’ultima di Dennis Bergkamp prima del ritiro, di Robert Pirès prima di volare al Villarreal. L’ultima del compianto José Reyes. L’ultima di Lauren, Sol Campbell e Ashley Cole, ovvero tre quarti della difesa degli invincibili del 2003/04. Tra le tante preoccupazioni che tormentavano Arsène Wenger in quel periodo, di certo non rientrava comunque il futuro della retroguardia. Perché oltre a Kolo Touré, punto fermo già da anni, c’era un altro giovane centrale che proprio nel 2005/06 si era imposto sui palcoscenici d’Europa come una certezza. Philippe Senderos, gigante svizzero, era stato uno dei giocatori più sorprendenti di tutta la stagione. Contro ogni pronostico.
L’Arsenal lo aveva pescato in Svizzera, nel Servette. Di lui si parlava già da tempo per via del suo percorso nelle giovanili elvetiche. Ha sempre bruciato le tappe, già a 17 anni faceva parte dell’Under 21. Aveva addosso gli occhi di tutta Europa: dal Real Madrid dei Galacticos al Liverpool, fino al Manchester United di Ferguson, passando per il Bayern di Hitzfeld. Il papà lo voleva alle Merengues. Senderos, però, venne fulminato dalle parole di Arsène Wenger, il vero artefice del suo arrivo a Londra.
“Wenger mi ha parlato di calcio e non di soldi. Aveva un piano per me. Così sono andato a vedere Highbury e sono rimasto stregato. Così ho scelto l’Arsenal. Mi ha fatto subito sentire un giocatore importante, anche se avevo soltanto diciott’anni”.
GettyL’inizio per la verità non fu proprio un sogno. Lo svizzero - di padre spagnolo e madre serba, nato a Ginevra - non riuscì a giocare nemmeno una partita nella sua prima stagione londinese. Quella che ha proiettato l’Arsenal nella storia del calcio inglese e non solo, quella degli ‘invincibili’, la mitica squadra che vinse la Premier League con 26 vittorie, 12 pareggi e neanche una sconfitta, impresa che non è riuscita a nessun altro. Senderos faceva sì parte di quella squadra, ma non venne mai nemmeno convocato una volta.
“Ero parte della squadra, mi allenavo con loro, ero in spogliatoio. Ma non riuscivo a entrare in squadra. Comprensibile per un 18enne in una squadra da imbattuti. Essere testimone di quell’impresa è stato fantastico”.
Non avendo mai giocato, nel suo palmarès quella vittoria non risulta. Poco male: a 19 anni, con una carriera intera davanti, di occasioni pensava e sperava di averne altre. E come lui tutti. Un altro campionato, però, non sarebbe mai più riuscito a vincerlo.
Per fare il suo esordio ufficiale con l’Arsenal, ha dovuto aspettare il 26 ottobre 2004: titolare in Coppa di Lega contro il Manchester City. Entrato in punta di piedi, ha terminato l’anno da titolare quasi inamovibile: un infortunio occorso a Sol Campbell gli ha offerto una possibilità che lo svizzero non si è lasciato scappare. E a maggio ha festeggiato la vittoria della FA Cup da titolare, ai calci di rigore contro il Manchester United, dopo lo 0-0 maturato al termine dei supplementari. A vent’anni, Senderos sembrava essere il futuro dell’Arsenal, ma anche il presente. La stagione 2005/06 non fece altro che confermare quella tesi. Specialmente in ambito europeo.
Sebbene non fosse ancora un inamovibile - si alternava con Campbell e Kolo Touré, con Cygan e Djourou come alternative, ma a fine stagione risultò il sesto della rosa tra i giocatori di movimento per minutaggio - il classe 1985 fu uno dei perni della squadra di Arsène Wenger che arrivò fino alla finale di Champions League. Dalla quinta partita del girone alla semifinale d’andata, Senderos non uscì mai dall’undici titolare, neanche per un minuto. Thun, Ajax, Real Madrid andata e ritorno, Juventus andata e ritorno, andata con il Villarreal. Sette partite, zero goal subiti da parte dell’Arsenal con lui in campo. I Gunners non presero goal in Champions per 10 partite filate, record assoluto. La finale con il Barcellona, però, Senderos la vide sorprendentemente dalla panchina, facendo spazio a Touré e Campbell come coppia centrale. I goal di Eto’o e Belletti portarono poi la coppa sulle Ramblas. L’Arsenal non si sarebbe mai più avvicinato alla Champions. E la carriera di Senderos iniziò ad andare in calando.
Getty ImagesUn grave infortunio alla spalla rimediato al Mondiale del 2006 lo costrinse a saltare ancora una volta l’inizio della stagione. A proposito: in Germania era titolatissimo, fino a quando contro la Corea del Sud (dopo aver segnato) ha dovuto alzare bandiera bianca. La Svizzera uscì agli ottavi contro l’Ucraina ai rigori: è stata l’unica nazionale a non aver subito neanche un goal in tutta la rassegna. Merito anche di Senderos. L’Arsenal, comunque, nonostante l’infortunio non lo mise in soffitta e continuò a tenerlo in forte considerazione. Eppure nei due anni seguenti lo svizzero non riuscì a conquistarsi quel posto da inamovibile in cui sperava, complice anche l’arrivo di Gallas dal Chelsea. Così, nel 2008, decise di provare ad andare altrove. Anzi, non altrove, nella squadra in cui sognava di giocare da bambino: il Milan, campione d’Europa soltanto un anno prima.
“L’anno prima avevamo fatto una bella Champions, avevamo vinto a San Siro. È nato tutto all’improvviso. D’estate Flamini si era trasferito al Milan dall’Arsenal: una sera durante la preparazione mi ha chiamato per chiedermi se mi sarebbe piaciuto andare al Milan. A tavola gli attaccanti avevano fatto il mio nome: volevano che il club mi portasse a Milano. Ho fatto qualche chiamata e due giorni dopo ero a Milanello”.
I rossoneri quell’anno vissero una stagione strana. Avevano fior di talenti offensivi: Kakà, Inzaghi, Ronaldinho, Pato. Giocarono la Coppa UEFA ma uscirono agli ottavi contro il Werder Brema. In Coppa Italia furono messi fuori nella stessa fase. In Serie A finirono una decina di punti dietro l’Inter. Nonostante una rosa di stelle, con Kakà e Ronaldinho, il giovane Pato, la vecchia guardia in difesa con Maldini, Favalli, Zambrotta. Complici i problemi fisici di Nesta, Kaladze e Bonera, nelle ultime ore di mercato Galliani provò il colpo Senderos in prestito. Non proprio un’esperienza memorabile: una ventina di presenze, un goal propiziato contro il Lecce con un colpo di testa al 90’ su azione da corner. Poco altro. In più, una conferma ormai improbabile. Realizzando però il sogno di giocare insieme a Paolo Maldini, il suo idolo di gioventù insieme a Fernando Hierro.
GettyTornò all’Arsenal, dove non trovò altre possibilità di giocare. Dopo una parentesi all’Everton, scelse il Fulham nel 2010, ma si ruppe il tendine d’Achille al primo allenamento. È riuscito a riprendersi, è rimasto a Londra fino al gennaio 2014, prima di iniziare a girovagare: Valencia, Rangers, Aston Villa, Grasshoppers.
Ha chiuso la carriera al Chiasso, in Svizzera. L’ultima parentesi importante è stata agli HoustonDynamo, in MLS, arrivando in città peraltro in un momento drammatico per la città, che una settimana dopo sarebbe stata colpita dall’uragano Harvey. Si è attivato insieme ai compagni per la comunità. E ha anche alzato una US Open Cup. L’ultimo successo della sua carriera. Ha poi intrapreso la carriera da direttore sportivo nel 2020, al Servette, rimanendo in carica sino allo scorso 13 febbraio.


