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Pericard, una vita di attimi: cacciato dalla Juventus per un sms, in prigione per aver mentito

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Al mondo tutto quello che ha un inizio ha anche una fine, dice l'Oracolo a Neo. La fine arriva per mezzo di attimi, che decidono le sorti di ogni essere vivente. Un secondo, un gesto, il cervello che si aziona, agisce. Battito di ciglia, tutto è cambiato. Una decisione può essere costruita nel tempo, certo. Ed è ciò che giudichiamo come normalità. Anni di lavoro, di idee e progetti spazzati via in un attimo, invece, non riusciamo ad accettarli. Vincent Péricard non potrà mai farlo, schiavo di quegli attimi che hanno cambiato la sua esistenza.

La prima parola accostabile a Pericard è quella, sì, proprio quella. Bidone. Ma guai a rimanere ancorati nel campo in cui crescono solo ovvietà, senza scavare a fondo. Perché ci sono flop e meteore, c'è chi è stato scambiato per campione e chi non è finito nelle circostanze tali da diventarlo. E qui torniamo al principio della fine dell'inizio o dell'inizio della fine. Le tessere del domino Pericard non sono cadute tutte insieme, sono rimaste in piedi e distanziate senza crollare, causando comunque delusione e sgomento.

Nasce a Efok, Camerun. Cresce a Saint-Étienne, Francia. A 18 anni, anno 2000, la Juventus della Triade lo porta alla corte di Ancelotti. Ovvero una delle cinque squadre più importanti del mondo, in un'era in cui Barcellona, PSG, Manchester City e Chelsea sono anni luce lontane dall'essere continuamente in lotta per conquistare le grandi orecchie. Madama ha potere, ha prestigio assoluto. E' il sogno di tutti, quanto Real e United. Pericard, estasiato. Una giocata, un attimo, lo porta alla Juventus. Un sms, un attimo lo porta via dalla Juventus.

Nuovo millennio, vecchie idee. Ci sono cose che si possono fare, altre no. Pericard entra nel calderone delle seconde con il sorriso sulle labbra, ma quel gesto sarà fatale. Lui e due connazionali francesi (Landry Bonnefoi, David Trezeguet? Mistero) prendono lezioni di italiano, come da prassi. L'insegnante? A detta di Vincent, è bellissima.

Un sms per invitarla a bere qualcosa? Che male potrebbe fare? Neanche nell'incubo più infernale pensa possa cambiare la sua carriera:

"Un'ora dopo squillò il telefono. Era Roberto Bettega, il vicepresidente della Juventus. Ci fece una bella strigliata e ci chiese chi pensavamo di essere per mandare dei messaggini alla sua compagna. Noi però non sapevamo che fosse la sua fidanzata. Fatto sta che mi hanno mandato in prestito al Portsmouth. Mi sono rovinato la carriera alla Juve per colpa di un sms sfortunato. Non ho dubbi che se non fosse successe quello, la mia vita sarebbe stata diversa".

L'istante e il lampo lo spingono via, in terra inglese. Mani in alto, nessun sms. Programmare tutto serve, sì, ma tutto cade e si rovescia. Meglio pensare per filo e per segno ogni mossa, pensa Pericard prima di addormentarsi. Lo pensa una, due, dieci volte nel suo letto. Ma ammettiamolo, i buoni propositi e le grande speranze non durano all'infinito. Si dimenticano, soppiantati dal passare del tempo. E basta un secondo per crollare.

Estate 2007, caldissima. Stoke-on-Trent. Pericard sta sfrecciando per le strade. Viene fermato, mentendo sul guidatore dell'auto. Non ero io. In prigione, cinque settimane. In un istante, ancora una volta, crolla il castello di Vincent, franco-camerunense. Soffre di depressione, Vincent, anche prima di quell'evento.

Vincent PericardGetty Images

Lì non è un lampo, sono ore in cui non capisce dove stia finendo il suo mondo, come stia andando la sua vita. La città è opprimente, grigia, la testa pulsa:

"E’ un posto orrendo e molte persone pensavano al suicidio. Pure io. Pensavo le cose più brutte. Lì nella zona non sono poche le persone con tendenze suicide. Stavo male, ma trovai la forza di parlarne con il manager".

Si calma, le ore passano senza crisi. Poi la crisi, prolungata, in prigione. Torna tutto a galla. La depressione, livello massimo. E' un mondo fuori dal mondo, che non lo è ma di cui ne fa parte. Una bolla, il raziocinio vacilla:

"Ho avuto tanta paura per la mia salute mentale perché sono stato molto vicino a perdere la testa, a diventare matto. Ero claustrofobico e non riuscivo più a esprimermi, tanto che temevo davvero di esplodere".

Parola d'ordine, routine. Quella che per tanti è salvezza ed altri condanna. In prigione, la seconda. Con dovute eccezioni:

"La prigione è un mondo totalmente a parte, un posto dove nessuno vorrebbe mai finirci perché è il regno dei criminali, che hanno un modo di pensare tutto loro e leggi e regole proprie".

Ha tempo cinque settimane per capirlo e stavolta rendere suo il pensiero anche durante le ore della giornata, non solo prima di dormire. Forse ragionare nel lungo periodo, senza concentrarsi nel breve, è una cattiva idea. L'impulsività fa solo male a Pericard, non è la strada da battere. Aiuta tante persone, non lui. Non è fatto per quel pianeta:

"In cella ho imparato che la tua vita può davvero cambiare in un attimo. Avrei dovuto essere felice, con i miei amici e la mia libertà, invece, improvvisamente, mi hanno tolto tutto: nessun contatto, niente telefono, nulla di nulla".

Gli attimi si trasformano in un mese, in 35 giorni. Per sua fortuna Pericard non dovrà più pentirsi di quegli istanti che hanno rivoltato la sua esistenza. Torna allo Stoke, ci pensa un attimo e accetta. Qui, il lampo è finalmente positivo. Come il suo nuovo io, che aiuta i calciatori a fuggire da depressione e solitudine, dall'evitare di non fare respiri profondi.

Cosa potrebbe accadere? Sapete, a me è capitato così, così e così, dice Vincent. Ancora in pista, consapevole della fatalità, e allo stesso tempo che farlo, pensare, spesso, può prolungare l'arrivo dell'estinzione.

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