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Perché Kiraly giocava con la tuta: la madre e la leggenda

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Una lunghissima carriera che a livello professionistico è iniziata nel lontano 1993 e che si è conclusa solo dopo che l’ha portato ad essere grande protagonista sui campi di tutta Europa.

Gábor Király è stato certamente uno dei portieri più iconici della sua generazione. Dopo essere partito dalla sua Szombathely, quella che è considerata la città più antica d’Ungheria, e dall’ Haladás, club nel quale è approdato da bambino nel 1982, in oltre 25 anni di calcio giocato ad alti livelli, ha disputato più di 870 partite diventando uno dei giocatori più importanti dell’intera storia del calcio magiaro.

La sua carriera si è sviluppata soprattutto in Germania, dove ha vestito dal 1997 al 2004 la maglia dell’Hertha Berlino, prima di tornarci nel 2009 per giocare prima con il Bayer Leverkusen e poi fino al 2014 con il Monaco 1860, e in Inghilterra, dove ha militato in Crystal Palace, West Ham, Aston Villa, Burnley ed infine Fulham .

Ha appeso i guanti al chiodo il 22 maggio 2019 dopo un’ultima parentesi a casa, nel suo Haladás e dopo essere diventato, nel 2016 a 40 anni, il giocatore più anziano ad aver mai disputato una gara nella fase finale di un Europeo (record sottratto a Lothar Matthaus). Il 15 novembre 2016 - esattamente 4 anni fa - giocava la sua ultima partita in Nazionale contro la Svezia, ricevendo un'ovazione al momento della sua sostituzione.

LA SUA MITICA TUTA

Gábor Király è rimasto nella memoria di tanti appassionati non solo perché era un portiere estremamente affidabile e dotato di un grande carisma, ma anche perché in un calcio fatto nel quale il ruolo degli sponsor è sempre più importante e look impeccabili la fanno da padrona, lui non ha mai abbandonato la sua tuta grigia.

Vederlo negli stadi più importanti d’Europa con pantaloni enormi e mai abbinati al colore della sua maglia, faceva un certo effetto, ma dietro quella sua scelta di apparire così diverso dai ventuno in campo non c’era la volontà di diventare un ‘personaggio’, bensì un motivo molto più banale: la comodità.

Gabor KiralyGetty Images

Király era un portiere estremamente concreto tra i pali che ha sempre preferito l’efficacia alla spettacolarità e questa cosa evidentemente si evidenziava anche in altri forme.

“Sono un portiere, non un modello. Il tutto essenzialmente si racchiude in una questione di comfort. Ho giocato sulla terra e sull’erba congelata dal freddo, ti fai male alle gambe quando di tuffi su campi di quel tipo e quindi indossare i pantaloni della tuta mi è parsa la cosa più ovvia da fare.

Ho provato i pantaloncini durante le mie esperienze in Germania e Inghilterra, ma semplicemente non mi ci sono trovato bene. Alla fine conta più il risultato dell’aspetto”.

Se il pantalone della tuta è stato per Király una scelta ‘ovvia’ quindi, diverso è il discorso per il colore indossato. L’ex portiere ungherese infatti, ad inizio carriera usava abitualmente pantaloni neri e solo per caso passò al grigio .

Leggenda narra che la madre, dopo un lavaggio, non fece in tempo a restituire al figlio i pantaloni di ‘ordinanza’ prima di una partita e che quindi il giovane Gábor fu costretto ad indossare per quell’occasione un’altra tuta appunto di colore grigio.

Quella partita andò evidentemente bene, al punto che da quel giorno non la abbandonò più, facendola diventare un suo vero e proprio marchio di fabbrica.

Király fa parte di un calcio romantico che oggi forse non c’è più e anche il suo look inconfondibile l’ha aiutato ad entrare nel cuore di milioni di appassionati.

“Prendo sempre una taglia più grande, così sono facilitato nei movimenti”.

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