In molti si sono accorti di lui la sera del 6 dicembre 2017 quando, dopo che la sua squadra è riuscita nell’impresa di battere il Manchester City e di qualificarsi per la fase successiva della Champions League, eliminando tra l’altro il Napoli, si è presentato in conferenza stampa vestito da Zorro.
Un qualcosa di a dir poco insolito e frutto di una di una promessa mantenuta, una sorta di fioretto al quale aggrapparsi pur di vedere il suo Shakhtar continuare il cammino nella massima competizione europea per club.
“Se riusciamo a battere il City prometto di vestirmi da Zorro. Era il mio eroe da bambino”.
Getty ImagesIn realtà quell’allenatore che per qualche minuto scatenò l’ilarità di tanti, regalando al web immagini che poi sarebbero diventate virali, l’attenzione su di sé di molti addetti ai lavori l’aveva già attirata da tempo con i risultati ed il bel gioco. Una cosa non propriamente scontata.
Quell’allenatore era ed è Paulo Fonseca, l’attuale tecnico della Roma che con i giallorossi si appresta a ritrovare, ma questa volta da avversario, quello che fino a poco tempo fa era il suo Shakhtar e lo farà negli ottavi di finale di Europa League.
Quasi uno scherzo del destino per il tecnico portoghese che già nei sedicesimi è stato chiamato ad affrontare un pezzo importante del suo passato: il Braga.
Il Braga e lo Shakhtar, due esperienze l’una figlia dell’altra che hanno rappresentato un doppio trampolino di lancio per arrivare in una delle società più importanti ed ambiziose della Serie A. Non ci sarebbe stata nella sua carriera da allenatore la parentesi in Ucraina senza i successi ottenuti con gli "Arsenalistas", ma anche senza il coraggio di accettare una proposta che probabilmente in tanti avrebbero rispedito al mittente.
E’ stata la stagione 2015-16 quella che ha rappresentato la vera svolta. Chiamato dal Braga, riesce a condurre la squadra al quarto posto in campionato (alle spalle delle tre grandi: Benfica, Sporting e Porto), ai quarti di Europa League dove viene eliminato dallo Shakhtar, e soprattutto ad un trionfo in Coppa di Portogallo, superando in finale il Porto, atteso da ben cinquant’anni dal club.
Saranno proprio le due sfide in Europa League a convincere lo Shakhtar a puntare su di lui, ma quella in Ucraina è un’avventura che, almeno all’apparenza, presenta più ostacoli che altro. Come prima cosa c’è da raccogliere l’eredità di Mircea Lucescu, un tecnico che in dodici anni sulla panchina dei ‘Minatori’ ha vinto ventuno trofei nazionali ed una Coppa UEFA, rendendo solo un ricordo lo storico strapotere della Dinamo Kiev, inoltre la squadra è nettamente più debole del passato, visto che sono stati venduti campioni del calibro di Douglas Costa, Fernando e Luiz Adriano, e ancora, cosa non propriamente di secondaria importanza, in Ucraina c’è la guerra civile e non si può giocare a Donetsk.
Se a tutto ciò si aggiunge che da due anni la Dinamo Kiev, dopo stagioni da semplice spettatrice, vince il campionato, ci si rende conto come i motivi per declinare l’offerta e aspettare altro ci siano eccome, ma Paulo Fonseca decide di accettare la sfida.
L’inizio non è dei migliori, visto che arriva subito una sconfitta in Supercoppa d’Ucraina contro la Dinamo Kiev e che in Champions League il percorso si interrompe già nel terzo turno preliminare, ma da lì in poi, una volta messi tutti i tasselli al loro posto, la strada diventerà così in discesa da catapultare il tecnico lusitano nella storia del suo club.
Getty ImagesQuello Shakhtar non ha la possibilità di investire sul mercato e non gli mette dunque a disposizione uomini chiamati a sostituire i big del passato che ormai si sono trasferiti nei migliori club europei, ma Fonseca riesce a trovare la giusta quadratura del cerchio e a valorizzare al massimo il ‘materiale’ che ha a disposizione.
Modella la squadra con un 4-2-3-1 nel quale i tre che agiscono alle spalle dell’unica punta Facundo Ferreyra, ovvero Bernard, Marlos e Taison, giocano molto vicini tra loro facendo valere le loro qualità ‘brasiliane’, mente il compito di spingere sugli esterni spetta soprattutto ai terzini che non sono semplicemente chiamati a presidiare le fasce.
Ne viene fuori uno Shakhtar a trazione anteriore e con una linea difensiva molto alta che spesso rischia di essere colpita in contropiede, ma l’armonia che si viene a creare in campo è tale che la squadra inizia ad esprimersi così bene da ritornare dominatrice in patria.
La prima stagione si chiude quindi con un trionfo in campionato con quattro turni d’anticipo e la vittoria della Coppa d’Ucraina battendo in finale i rivali della Dinamo Kiev.
L’annata successiva si apre con una Supercoppa d’Ucraina messa subito in bacheca (2-0 ovviamente alla Dinamo), prosegue l’approdo agli ottavi di Champions League (quello festeggiato con la maschera da Zorro) dove a fermare la corsa dello Shakhtar sarà proprio la Roma, e si chiude con un altro trionfo in campionato al quale segue quello in Coppa d’Ucraina. È 'Triplete’.
Il terzo anno sulla panchina dello Shakhtar, l’ultimo prima dell’approdo alla Roma, regalerà a Fonseca e al suo club altri due successi importanti: un altro titolo di campione d’Ucraina ed un’altra Coppa d’Ucraina. Il tutto a suggellare un autentico dominio in patria.
Quando il tecnico lusitano lascerà il club di Donetsk lo farà dopo 139 partite scandite da 103 vittorie, 19 pareggi e 17 sconfitte. Come dire una percentuale di successi superiore al 74% figlia anche di un gioco bello ed offensivo e soprattutto sette trofei vinti.
Non è quindi un caso che proprio lo Shakhtar, nel giorno in cui l’urna di Nyon ha stabilito che ci sarebbe stata la Roma sul suo cammino, attraverso Twitter abbia inviato ai giallorossi un messaggio eloquente.
“Ciao Roma!
Salutaci Paulo Fonseca”.
Lo stesso Fonseca non è rimasto indifferente alla notizia di affrontare la sua ex squadra.
“È stato il destino a decidere che dovremo giocare contro il mio ex club. Sarà bello tornare in Ucraina, sono stato molto felice lì ed ho vissuto tre anni che non dimenticherò mai. Questa volta saremo avversari, ma mi farà piacere vedere la gente dello Shakhtar”.
Era arrivato per raccogliere l’eredità più pesante possibile e lo ha fatto lasciando tre anni dopo da trionfatore. Anche per questo Roma-Shakhtar sarà soprattutto la partita di Paulo Fonseca.


