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Daniele De Rossi Roma Italy

Tra passato e presente: l'eternità di De Rossi, "capitan futuro"

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Nell’immaginario collettivo, Daniele De Rossi rimarrà sempre due concetti ideali: il ragazzo dai capelli color oro, con lo sguardo truce in posa con la maglia giallorossa, e l’eterno “capitan futuro”, che ha fatto del suo soprannome compiutezza e sostanza anche quando in molti dubitavano potesse riuscirci, rinascendo come l’uomo tra i due mondi, passato e presente, con un domani perennemente da scrivere, ma con una firma d’autore, a metà tra il tackle in scivolata e il destro dalla distanza. Ma quella sera, al Fritz-Walter-Stadion di Kaiserslautern, al destino deve essere girata proprio storta per decidere che lui, proprio lui fra tutti, dovesse pagare il conto ai quasi cinquantamila presenti che, con occhi attoniti, hanno visto il mondo di un ragazzo fermarsi e ruotare al contrario.

C’è del risibile in ogni nostro atteggiamento, tanto siamo goffi come esseri nel mondo, insignificanti a tal punto da incidere, singolarmente, esclusivamente nell’atto pratico del vivere quotidiano, con poco libero arbitrio: ecco, quest’ultimo aspetto di quella che noi chiamiamo superficialmente “vita” è quanto più si avvicini alla definizione del percorso di Daniele De Rossi, leggenda estemporanea come una fiammata in una stanza stracolma di gas, ma al tempo stesso indimenticabile ricordo del primo bacio con luce soffusa e in salsa agrodolce, intrisa d’emozione. L’estasi massima del momento 'hic et nunc' e la promessa costantemente rimandata di un’eredità, mai del tutto raccolta.

In ogni caso, al Fritz-Walter-Stadion di Kaiserslautern buttava male: oltre al caldo, pessimo antagonista delle maglie, di un blu talmente scuro da rendere ormai irriconoscibile l’azzurro, a prendersi la scena della gara tra Italia e USA si era da poco candidato a grandi falcate il liscio di Zaccardo, distinguibile a distanza di anni, ad alto volume, dal ticchettio dell’impatto tra la scarpa e il pallone. La partita finisce in buona sostanza un minuto dopo: nel calcio esistono diverse forme di duello a mani nude. Il contrasto in scivolata, alla ricerca di un anticipo, e la contesa aerea restano due tra i più conosciuti e comuni atti calcistici a formazione del carattere di un uomo. Quella sera del giugno del 2006, Daniele De Rossi ha mirato alto: troppo alto, centrando lo zigomo di McBride.

Daniele De Rossi Italy USA 2006Getty Images

Dietro al ghigno del destino, beffardo, in questi casi si celano due vie: quella riservata ai medi, una carriera segnata dall’episodio, e quella riservata ai forti. Se state cercando un momento-periodo, dedicato al pallone, che meglio inizia l’epica di “capitan futuro”, quello vissuto senza fiato dalla gara di Kaiserslautern e il rigore realizzato a Berlino fa al caso vostro.

L’inconsapevole gesto del salto nel vuoto a braccia aperte disegna anche uno degli episodi più caratteristici dell’essere Daniele De Rossi. Luca Toni non è proprio un velocista alla Usain Bolt, e di quest’ultimo non ha neanche la fluidità del movimento in corsa: Rodrigo Taddei, sicuramente dedito a una carriera di polmoni e muscoli più dell’attaccante, però, non riesce a stargli dietro, mentre si dirige verso la Curva Sud di un Olimpico in delirio per la rete del vantaggio contro l’Inter. Per una serie di motivi, la sfida per il vertice in Serie A non solo si gioca di sabato pomeriggio, ma non vede neanche Francesco Totti in campo, nel giorno in cui “capitan futuro” si è fatto “capitan presente”.

Daniele De Rossi Roma Inter 2010Getty Images

Al goal di Toni, comunque, e nelle successive inquadrature televisive, strette sull’attaccante, De Rossi non spunta se non per qualche fotogramma, alla fine. Nella ripresa dall'alto, invece, lo si vede benissimo: nel primo tempo aveva portato in vantaggio la Roma, esultando come spesso accaduto, prendendo la maglia e tirandola con forza, ad altezza stemma, baciandola. Qualcosa di simile era già successa, a dire la verità, in un altro Roma-Inter del 2004, poco dopo la rete del 3-3, resa iconica dalla maglia strappatagli da Dellas, in euforica esultanza. In ogni caso, dopo il 2-1 di Toni, De Rossi si vede bene: la gioia da tifoso si tramuta in una serie di saltelli che si conclude con il più alto tra tutti, libero volo, tale da permettergli un comodo aggancio alla traversa.

A 38 anni (compiuti oggi) Daniele De Rossi ha pochi rimpianti e tanti ricordi. I primi, probabilmente, sono legati ai titoli che avrebbe voluto vincere con la sua Roma, dedicandole più di una vita: i secondi, invece, segnati da rimonte e vittorie incredibili in maglia giallorossa, così come dalla parentesi in Argentina con il Boca Juniors, sono stati arricchiti solo poche settimane fa dalla sua infinita voglia di continuare ad amare questo sport come il primo giorno, con smodata tenerezza nascosta dalle sopracciglia perennemente incastrate, in segno di sfida.

Daniele De Rossi Boca JuniorsGetty Images

Quando Roberto Mancini lo ha accolto nel suo staff in vista degli Europei, potrebbe per un attimo aver ripensato a nove anni fa e a quella finale persa da titolare contro la Spagna. In un momento, fugace, potrebbe anche aver incrociato il suo riflesso allo specchio: i capelli color oro a cui si è aggiunta, negli anni, la folta barba, potrebbero avergli suggerito una scelta che aveva già preso. Non ha mai vacillato: persino a Wembley è entrato nel suo stile. In gamba tesa verso il pallone, ma senza scivolata: con la tuta e non con il completo, per il riscaldamento pre-gara, quasi fosse uno tra i titolari. Uno di loro.

“Di loro”: che è una delle peggiori definizioni rivolte a chi si è trovato dalla stessa parte, fino a non molto tempo fa. Per chi è vissuto nel mito delle bandiere calcistiche, Daniele De Rossi rimarrà non solo una delle ultime, ma, per sempre, il ragazzino che ha esordito in Roma-Anderlecht nel 2001: “capitan futuro” costantemente leader, pur senza la fascia.

Daniele De Rossi Italy England Euro 2020Getty Images

Il domani ci dice che, con ogni probabilità, lo vedremo su una panchina: con lo stesso carattere di sempre, con lo sguardo truce, ma il sorriso sotto i baffi. La rottura nel sistema dei “predestinati”: ira funesta e fermezza d’animo. La promessa che tutti noi abbiamo fatto, ma che abbiamo mantenuto a metà: in attesa di un secondo tempo che entrerà in scena perfettamente in sintonia con il resto della carriera di Daniele De Rossi. Pulito, ma rude: in tackle, in scivolata.

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