
I tifosi di Milan e Chelsea, Pasquale Luiso, lo ricordano bene. Così come - per motivi diametralmente opposti - quelli di Piacenza, Vicenza e Sora, roccheforti della scalata calcistica del 'Toro'.
Luiso - napoletano cresciuto ad Aversa (CE) - inizia da esterno offensivo con l'Afragolese ma la sua carriera si impenna nel Lazio, dove l'allenatore Di Pucchio gli cambia ruolo piazzandolo in mezzo all'attacco. E' la mossa vincente.
"Col tuo fisico e la tua grinta potresti diventare un ottimo centravanti".
Luiso segna a grappoli, lotta su ogni pallone e nei duelli aerei è praticamente immarcabile: ecco perchè i tifosi lo soprannominano 'Toro', un toro capace di guidare i ciociari tra i professionisti e alzare l'asticella.
"Se mi crossassero una lavatrice, colpirei di testa lo stesso".

Il viaggio del Luiso calciatore è fatto di tanta gavetta, campi difficili, realtà modeste e una provincia che lo forgia nei piedi e nell'animo: doti umane abbinate alla voglia di crescere e affermarsi, una 'combo' che consente al bomber di ritagliarsi momenti indelebili.
Ad Avellino, patron Sibilia gli promette una Mercedes in caso di 15 goal: Pasquale ne realizza 19, celebrandoli col gesto del volante.
"Quella macchina non è mai arrivata, ma è stato giusto così. Avrei meritato il regalo se i miei goal fossero serviti a salvarci, invece la retrocessione in C1 rovinò tutto. Non sarebbe stato corretto festeggiare le mie prodezze mentre la squadra era costretta a scendere di categoria".
Tra un cambio maglia e l'altro Luiso approda a Piacenza, dove a ritmo di 'Macarena' - celebre esultanza di quell'annata - nel 1996 si regala uno dei picchi più alti: gli emiliani ospitano il Milan al 'Garilli', il Milan di Weah, Baresi e Savicevic, trafitto da una magia del 'Toro' che causa l'esonero di Oscar Tabarez.
Luiso riceve palla dentro l'area lontano e defilato dalla porta, è di spalle e pensa di fare la cosa meno razionale possibile: stop di petto, palleggio e rovesciata. Tecnica e potenza, un mix che fa infilare la sfera alle spalle di Seba Rossi sfidando ogni logica. Delirio.
"A volte anch’io mi domando come sono riuscito a farlo. E’ un gesto istintivo che ho sempre avuto. Di goal così ne ho fatti anche in categorie minori, solo che non c’erano le tv e quindi non si sono visti. Dopo quella prodezza i miei compagni e Mutti dalla panchina mi urlavano sei un pazzo, sei un pazzo: è stata l’apoteosi".
"Negli spogliatoi i miei compagni mi prendevano in giro: e pensare che ci hai sempre detto di essere tifoso del Milan... Io ho risposto: 'certo che lo sono, infatti ho tirato senza guardare perché volevo che il pallone uscisse, invece per disgrazia è entrato...'".
Ad oltre 20 anni di distanza la rovesciata di Luiso al Milan rappresenta un ricordo ancora vivo, così come il goal a Stamford Bridge nel '98: Luiso è al Vicenza e vive una favola europea che lo porta in semifinale di Coppa delle Coppe contro il Chelsea di Zola e di Gianluca Vialli, l'idolo di sempre.
"Un giocatore forte fisicamente, un vero gladiatore dell’area. Ecco, da ragazzino il mio sogno era un titolo così: Luiso come Vialli".
Al 'Menti' il primo round se lo aggiudicano i veneti, a Londra la finale sembra ad un passo quando Luiso - proprio lui - porta avanti la squadra di Guidolin zittendo lo stadio. Con arroganza e personalità, ciò che dai campi in terra della Campania gli ha consentito di arrivare fin lì, nella tana dei Blues, a giocarsi e scrivere la storia.
Finisce 3-1, a qualificarsi è il Chelsea, ma 'Il Toro' lascia il segno su un palcoscenico a 5 stelle (sarebbe doppietta, uno però glielo annullano ingiustamente) e si laurea capocannoniere del torneo. Se non è favola questa.
LE SQUADRE DI LUISO
- Afragolese
- Ancona
- Avellino
- Catanzaro
- Celano
- Chievo
- Lecce
- Pescara
- Piacenza
- Priverno
- Salernitana
- Sampdoria
- Sora
- Teramo
- Torino
- Vicenza
Luiso - ritiratosi nel 2008 a Sora e oggi allenatore - durante il percorso con gli scarpini ai piedi sceglie una strada che a tanti risulterebbe tortuosa: piuttosto che riserva di una big, chiesa al centro del villaggio in una realtà minore. Stima.
"Sono sempre stato accostato a diverse squadre, come la Lazio, la Roma, il Napoli, però avevo un difetto: volevo sempre giocare. E in quelle realtà devi arrivare ad accettare anche la panchina".
"Se avessi accettato di andare alla Juve o al Milan magari non avrei avuto tutta questa popolarità, non avrei giocato, non avrei segnato, avrei fatto la comparsa come hanno fatto tanti. Non ho rimpianti, dovevo fare questa carriera qua. Giocare in una provinciale e fare quello che ho fatto".
