Pablo Daniel Osvaldo non gioca più. Una volta esaltava i tifosi della Roma, quelli della Juventus, dell'Inter; oggi suona in Argentina con un gruppo rock, i 'Barrio Viejo'. Tutta un'altra vita. Anche se lui un po' rock lo è sempre stato, anche in campo, sempre polemico e mai banale. E ora che il pallone appartiene al passato, l'ex giallorosso si racconta al quotidiano spagnolo 'Marca'.
"Come sto? Da un certo punto di vista più felice di prima e certamente più tranquillo - dice Osvaldo -Il calcio mi rendeva felice, il suo ambiente no. Il calcio continua a darmi adrenalina, perché vedo le partite e sono un tifoso del Boca. Ma non ho più voglia di giocare. Ora posso fare quello che prima non potevo, guardarmi indietro e pensare a quello che ho fatto".
"Mi sentivo sempre meno a mio agio nel mondo del calcio, che è cambiato molto - continua Osvaldo - Attenzione, non rinnego in assoluto il calcio: è la cosa migliore che mi sia accaduta nella mia vita. Sono andato in Europa a 19 anni e quando sono tornato in Argentina ho patito il colpo: una differenza assurda dal punto di vista del giudizio sociale. Tutti vogliono mettere becco nella vita degli altri. In Argentina c'è gente frustrata: è un paese meraviglioso, ma viverci non è facile".

Cos'ha dato il calcio a Osvaldo? "La possibilità di aiutare la mia famiglia. Di permettere a mio padre di smettere di lavorare. Mi ha permesso di viaggiare, conoscere il mondo, cambiare la mia testa e la mia vita. Però mi è mancata la libertà. E la libertà non ha prezzo, né si tratta. Giocando ancora non potrei avere la libertà di suonare".
A Osvaldo piacerebbe essere Messi? Risposta tutt'altro che banale: "No. Mi piacerebbe giocare come lui. Ma poverino, non ha una vita! Vive in una prigione dorata. Non potrebbe nemmeno stare qui a bersi una birra. Forse a lui non importa, ma a me sì. Perché ti compri una Ferrari se hai il campo d'allenamento a 15 minuti?".

In ogni caso, l'ex romanista non accetta di passare per pigro e indolente: "Mi sono impegnato tanto. Mi ha sempre dato fastidio essere etichettato come uno a cui non piaceva allenarsi. 'Sicuramente si ubriaca e si droga', dicevano. Non sarei rimasto 10 anni in Europa e non avrei giocato con l'Italia se fosse stato vero. Non volevo essere il migliore e nemmeno potevo esserlo. La gente voleva di più da me, ma io sono così. A Cristiano Ronaldo piace tornare a casa e fare 150 addominali; a me accendere il fuoco e farmi un asado".
Capitolo allenatori. Pochettino, con cui ha avuto un buon rapporto all'Espanyol e meno al Southampton: "Non era più la stessa persona, anche se io ho sbagliato (riferimento alla scazzottata con Fonte, ndr). Però per me è stato come un padre". Schelotto (Boca) "mi ha cacciato perché fumavo in spogliatoio. Nella nazionale italiana lo facevo, persino il ct mi chiedeva una sigaretta. Se ti dà fastidio, prendiamoci un caffè e dimmelo faccia a faccia".
Meglio abbandonarsi alla musica, allora: "Chiaro. Tornavo a casa tormentato perché avevo sbagliato un rigore e venivo definito inutile, come se dovessi essere deportato. Non ho mai capito come possa la gente essere tanto malata. Non ho mai letto un quotidiano, ho chiuso i miei account social... La gente è violenta, ti augura di morire. Come ha detto Andrés Calamaro: i social danno voce a gente che non sa nemmeno allacciarsi le scarpe. E poi questa gente ti chiede un autografo per strada". Mai banale, il rocker Osvaldo.
