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'Papu' Gomez all'Atalanta: una storia d'amore intensa dal finale difficile

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L'addio di 'Papu' Gomez all'Atalanta, storia di pochi mesi fa, si è consumato nella modalità meno attesa: la rottura, con Gasperini e, di riflesso, con la società che si è schierata dalla parte dell'allenatore acconsentendo alla cessione al Siviglia che, a prezzo di saldo, si è assicurato uno dei migliori interpreti della Serie A degli ultimi cinque anni.

Forse è proprio per questo motivo che, ancora oggi, ci sembra impossibile che quell'argentino - ormai diventato bergamasco a tutti gli effetti - non sia più un punto di forza della squadra capace di imporre il suo gioco in Italia prima e in Europa poi, dando vita ad una favola paragonabile a quelle di un tempo, quando Davide poteva tranquillamente sconfiggere Golia e nessuno si meravigliava di ciò.

Gomez, d'altronde, è cresciuto insieme all'Atalanta, è diventato grande di pari passo con il club dopo avergli teso la mano o, per meglio dire, quel piede destro magico che in sei anni e mezzo ha sfornato la bellezza di 71 assist, unitamente a 59 reti, una più bella dell'altra. Sì, perché quando l'Atalanta decise di puntarci su, l'argentino era reduce da un'esperienza anonima in Ucraina al Metalist, dove aveva scelto di ricominciare dopo l'epopea catanese.

Neanche a Bergamo se la passavano benissimo e, in effetti, le prime due annate non furono propriamente positive: un diciassettesimo e un tredicesimo posto, prima dell'avvento in panchina di Gasperini e il cambio di passo verso un miglioramento netto, a tutti i livelli, con l'aggiunta del bel gioco divenuto un marchio di fabbrica e ammirato anche oltre i confini italici.

Gasperini Gomez AtalantaGetty Images

La prima stagione di Gasperini coincise con la migliore di Gomez a livello personale: addirittura sedici le reti in campionato dove arrivò un quarto posto prestigioso, insufficiente per l'accesso in Champions League visto che all'epoca tale 'privilegio' spettava solo alle prime tre classificate. Poco male per il 'Papu' e per la 'Dea', stupenda protagonista in Europa League nel 2017/2018 e frenata dalla sfortuna nell'incrocio ai sedicesimi col Borussia Dortmund, contro cui i nerazzurri avrebbero meritato di qualificarsi al turno successivo.

Ma, probabilmente, il definitivo approdo tra le grandi del nostro campionato e l'abbandono del termine 'sorpresa' è avvenuto nel 2018/2019 col terzo posto finale (valevole, stavolta, la Champions) e la finale di Coppa Italia persa contro la Lazio, uno dei più grandi crucci della carriera italiana di Gomez che avrebbe potuto regalare un sogno al popolo bergamasco con la vittoria di un trofeo, ciò che manca per la consacrazione completa di un gruppo che insegue i suoi obiettivi viaggiando a mille all'ora.

Corsa frenetica interrotta parzialmente dall'emergenza Coronavirus e dal dramma vissuto dalla città di Bergamo, la più colpita a livello nazionale: Gomez ha saputo rimettere insieme i pezzi al momento del ritorno in campo, sfiorando una clamorosa qualificazione in semifinale di Champions League che avrebbe potuto autorizzare sogni fino a poco tempo prima proibiti.

E qui si arriva alla rottura, tanto insanabile quanto inaspettata, con Gasperini: colpa di un battibecco negli spogliatoi all'intervallo di Atalanta-Midtjylland, nato per il rifiuto di Gomez di seguire un'indicazione del tecnico sul terreno di gioco. All'apparenza una sciocchezza ma che, forse, nascondeva antichi dissapori di cui nessuno era a conoscenza. Una lita, sfociata in uno scontro fisico, presente ancor oggi nella mente del 'Papu', tornato sull'argomento in un'intervista a 'ESPN Argentina'.

"Si può discutere, ok, ma l’aggressione fisica è intollerabile. Ho chiesto quindi un incontro con il presidente Antonio Percassi e gli ho detto che non avrei avuto problemi ad andare avanti. Ho capito di aver sbagliato, che da capitano non mi ero comportato bene e che ero stato un cattivo esempio disobbedendo all’allenatore, ma gli ho anche detto che volevo le scuse di Gasperini”.

“I comportamenti e gli atteggiamenti di Gomez, in campo e fuori, erano diventati inaccettabili per l’allenatore e per i compagni - ha risposto Gasperini alla 'Gazzetta dello Sport' - L’aggressione fisica è stata sua, non mia, ma il vero motivo per cui è andato via da Bergamo è per aver gravemente mancato di rispetto ai proprietari del club. Mi auguro che Gomez possa continuare a far parlare di sé con le prestazioni, come faceva all’Atalanta".

Nuova replica del Papu affidata alle colonne de 'L'Eco di Bergamo': "Con i Percassi c’è sempre stato un rapporto speciale. Non capisco perché Gasperini si ostini a dire bugie: ci sono cinquanta testimoni della sua aggressione. Io ho ho detto di avere sbagliato disobbedendo sul campo, non so perché lui non riesca ad ammettere la verità. Il giorno che sono partito per Siviglia, sono stato un’ora negli uffici dei Percassi, con Antonio e Luca: abbiamo parlato, ci siamo abbracciati e abbiamo pianto insieme. Non riuscivamo a credere a come era andata. Gasperini quel giorno non c’era. Lo ringrazio per avermi migliorato, ma una cosa così è inaccettabile: forse c’è un motivo se viene fischiato in molti stadi”.

No, non si poteva proseguire assieme. Dopo quell'episodio, Inter e Juventus si sono defilate presto dalla corsa al 'Papu'. Non così il Siviglia di Monchi, che lo ha convinto con un contratto di tre anni e mezzo, tanta roba per un 33enne che ha ancora tanto da offrire al calcio: le buone prestazioni dello scorso semestre, e la Copa America vinta dall'Argentina, sono lì a dimostrarlo.

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