Circa 5500 famiglie portano il cognome Zanetti in Italia. Dalla Sardegna alla Valle d'Aosta, ma soprattutto in Nord Italia, dove è maggiormente diffuso. In Emilia-Romagna, in Lombardia e specialmente in Veneto raggiunge le vette più alte di circolazione. Nel mondo del calcio ha spesso creato confusione. Ci sono del resto giocatori che hanno reso il proprio cognome un simbolo, dato che a livello nazionale o internazionale, sono più famosi di chiunque altro possessore di tali lettere messe in fila una dopo l'altra. Quando si parla di Messi si parla di Leo Messi. Se si discute di Beckenbauer non c'è possibilità di essere dubbiosi sulla persona in questione. Gli Zanetti, però, sono una decina anche nel mondo del calcio. Se per le vecchie generazioni bisognava distinguere tra diversi signori Z, nella Serie A attuale, quella a cui si approcciano le nuove, l'unico interprete, seppur non in campo, è Paolo Zanetti.
Tecnico del Venezia neopromosso, attuale allenatore più giovane del massimo campionato italiano, Paolo Zanetti ha cominciato ad allenare poco dopo i trent'anni, quando ha capito di avere idee e illuminazioni tattiche che potevano porlo tra i più interessanti nuovi volti del proprio paese. In un mondo in cui non è più presente da ormai un po' di tempo una scala di grigi di normalità, ma solamente nero e bianco all'opposto, Zanetti rientrava proprio in tale fascia: era un buon giocatore, anni luce lontano dal'omonimo Javier e molto meno sotto i riflettori rispetto a Cristiano. Con il fischietto in bocca, però, sta dimostrando di non essere uno dei tanti. Altra storia.
Appena accennato al Paolo Zanetti allenatore, che sta dimostrando come l'esperienza da tecnico derivi non dagli anni di servizio in panchina, ma dall'aver osservato lo spogliatoio, la gestione dello stesso e i segreti dei propri mister del passato dall'interno, c'è proprio da immergersi in ciò che ha portato il classe 1982 a giocare a calcio. Da Valdagno, Vicenza, alla Serie A.
A proposito del capoluogo veneto, tra tutti gli Zanetti, solamente Paolo è nato in Veneto. Mario, Vittorio e Diego, gli omonimi del '900, sono cresciuti in Piemonte o in Emilia-Romagna. Javier è argentino, mentre Cristiano, ex di Inter, Juventus e Nazionale azzurra, è toscano. Per la cronaca a chiudere il discorso, no, Cristiano e Paolo non sono fratelli. La convinzione che lo siano può forse ingannare il cervello, facendo credere erroneamente di vedere una certa somiglianza, in realtà solamente accennata.
ESORDIO E MATURITÀ A VICENZA
Regista di centrocampo, fisico e attento, 186 cm per 82 kg, Paolo Zanetti ha osservato da vicino, sfidandoli sui campi della Serie A, sia Javier che Cristiano, gli altri possessori professionistici della sua era. Dopo la trafila nelle giovanili del Vicenza, club in cui entra nel 1997, a quindici anni, dimostra di poter avere una carriera da professionista e non da 'semplice' membro di quell'insieme di 1000 in cui uno solo ce la fa. E' lui l'1 su quattro cifre, capace di esordire non solo in prima squadra, ma anche in Serie A, quando ha 19 anni.
E' il Vicenza di Edy Reja, quello che terminerà la stagione 2000/2001 tra gli ultimi posti della graduatoria, condannandosi alla retrocessione da cui non riuscirà più a risalire. Zanetti gioca in un reparto di centrocampo composto da gregari e buoni giocatori, come lui. Nessun fenomeno, nessun interno destinato ad una carriera folgorante. Alcuni biancorossi continueranno a lungo a grandi livelli, vincendo e convincendo (Luca Toni su tutti, ma anche Ousmane Dabo), altri si perderanno nel cammino del calcio.
In campo contro il Brescia a gennaio, per la sua prima gara in Serie A a cui seguirà quella contro la Juventus seconda in classifica nello stesso mese (3-0 per la Madama di Inzaghi, Zidane, Del Piero e Trezeguet), Zanetti si guadagnerà una riconferma in Serie B, forte di una grande considerazione da parte della società veneta. Un ragazzo del vivaio, grande orgoglio della città, cui i colori bianco e rosso donano tantissimo. Per questo a fine anno siglerà il suo primo contatto da professionista, un quinquennale con opzione fino al 2007.
Al Vicenza, nel primo anno di Serie B, non è certo un imprescindibile. Deve lottare per avere le sue chances, alcune da titolare, altre da subentrato, messo alla prova in un campionato che sembra più adatto a lui. Non per la qualità, esistente e oggettiva, ma per la fisicità a cui Zanetti si affida per guidare la squadra della sua città. Lotta e ringhia, ma quanto alza lo sguardo ha anche qualcosa in più di molti altri; sa dove mettere la palla, furbescamente, razionalmente. La maturità calcistica nei piedi arriva con la terza stagione in biancorosso, immagazzinando idee dentro il campo e problemi risolti nello spogliatoio. Un mix utile quando, a 31 anni, comincerà ad allenare per vivere, iniziando una nuova era della sua carriera calcistica.
SALI E SCENDI: SERIE A E B
Operando un parallelismo cinematografico, Zanetti è un buon regista, di mestiere. Non è un genio alla Scorsese, un perfezionista come Kubrick. E' un mestierante che sa fare il suo lavoro e molto spesso ci azzecca. Senza mai, dall'altra parte, cadere nei meandri dell'oblio. Insomma, ci sa fare e la Serie B appare troppo stretta. Nel 2004, così, passa in comproprietà ad un'Empoli tra alti e bassi oramai parte integrante della Serie A. Una squadra, quella toscana, così pregna di talento da, a posteriori, essere sprecata per la zona salvezza.
Qualche nome? Di Natale, Rocchi, Lodi, Grella, Vannucchi, Buscè. In mezzo anche Zanetti, che deve farsi in quattro per ergersi a muro per far sì che la classe scorra libera e allo stesso tempo rendersi conto di essere anche geniale al momento giusto. Una squadra poco esperta, però, non và da nessuna parte. E anche l'Empoli 2003/2004 non fa eccezione, retrocedendo nonostante nomi e cognomi. Qui, però, il 22enne troverà finalmente la sua dimensione e la toppa da leader. In Serie B sarà titolare indiscusso, segnando due goal e mostrando un'ottima abilità sui calci piazzati. Risultato? Promozione immediata.
Il ritorno in Serie A non sarà però lo stesso dei rosei pensieri di Zanetti. Mario Somma, il suo grande maestro, lo farà giocare meno del previsto, in una condizione che non cambierà poi più di tanto con il sostituto Gigi Cagni. Eppure, entrambi i tecnici di quella stagione zanettiana ad Empoli avranno ragione: l'ultimo per l'ottavo posto conquistato in seguito alla ridefinizione della classifica post Calciopoli, il primo per aver mostrato al suo centrocampista trucchi da allenatore e idee all'avanguardia.
Anni dopo, Zanetti, a 'sarannofamosicalcio', non lo nasconderà di certo:
"L’idea di allenare l’ho sempre avuta, anche quando giocavo mi segnavo allenamenti, esercitazioni, ho iniziato la mia scuola già da calciatore. Sono sempre stato appassionato alla strategia di gioco, alla possibilità di insegnare ai calciatori giovani e riuscire a farli crescere. Ho avuto ben 26 allenatori, ho cercato di rubare un po’ da tutti, sia le cose positive che quelle negative. Cerco di non ripetere certi errori che magari qualche mio tecnico può aver commesso. Ho avuto Novellino, sulla fase difensiva un maestro, Mandorlini invece è molto bravo in quella offensiva. Mario Somma è stato un allenatore all’avanguardia, con il suo 4-2-3-1, che nel 2004-2005 ci ha permesso di vincere il campionato di serie B con l’Empoli. Tanti allenatori di categoria superiore venivano a studiare il suo lavoro. A livello umano non posso che citare Attilio Tesser, senza dubbio la miglior persona che abbia mai incontrato nel mondo del calcio".
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Zanetti, anche dopo aver lasciato l'Empoli, sarà ben considerato nell'ambiente, affidabile ed esperto giocatore di categoria A, intesa come massimo livello e serie numero uno del calcio italiano. Lasciata la Toscana si rifugerà ad Ascoli, nuova realtà del campionato. Anche qui concluderà l'annata bianconera con una retrocessione, risultando però sempre tra i migliori. Questa, a ben vedere, è stata la sua maledizione da giocatore: si dava da fare, studiando e analizzando, ma forse troppo avanti rispetto a compagni ancora anarchici tatticamente e, nessun giudizio, intenzionati solo a godersi il momento ed un presente difficile da digerire.
Passa oltre Zanetti, lavora già alle sue idee da tecnico in campo, continuando ad avere la fila dietro alla porta. Si guadagna del resto la chiamata del Torino nel 2007, in cui rimarrà due anni e mezzo, l'ultima parte dei quali, nuovamente in Serie B, per una quarta esperienza in cadetteria che durerà poco, richiamato nell'elite italiana dall'Atalanta, a gennaio.
A neanche trent'anni, però, Zanetti sta già considerando cosa fare di più concreto per la sua vita calcistica. Gli alti sono pochi e i bassi sempre più continui, perchè i piedi sono buoni, ma non eccezionali. La sua dedizione tattica, quella sì, è da dieci e lode e cozza con gli scarpini che deve indossare ogni giorno. Preferirebbe guidarli.
E così una volta tornato a Torino, in Serie B, comincerà non una fase calante, ma due mani sfregranti tra di loro che hanno già programmato cosa fare: altra esperienza, altri appunti da mister capaci, allenatori esperti e manager iconici nel corso degli anni per poi, al momento giusto, ripiegare attentamente il kit ed indossarne un'altro. L'altra veste, più pulita, attenta e posata del manager.
UN NUOVO ZANETTI
Nel 2011, neanche compiuti 29 anni, Zanetti si sta già mettendo nell'ottica di allenare. Certo, dovrà prima passare per il ruolo di assistente, ovvio, dovrà essere al momento giusto e al posto giusto, ma le tessere vanno pian piano tutte nella stessa direzione, collocandosi perfettamente. Grosseto è l'ultimo passo in B, Sorrento il primo della carriera nella terza serie, la Prima Divisione del gennaio 2012. Per poche settimane, in Campania, non potrà aggiungere al suo curriculum l'essere stato guidato da Maurizio Sarri, esonerato per far spazio a Ruotolo un mese prima del suo arrivo.
Col Sorrento sarà un anno e mezzo senza squilli, così come i due e mezzo alla Reggiana. Qui, però, Zanetti ha unito tutti i puntini e l'universo attorno a sè ha fatto in modo di fare lo stesso. Nel novembre 2014, alla soglia dei 32 anni, decide che il momento è giunto: prende il martello - guidato dalla visione del futuro e da un ginocchio e un'anca doloranti - pianta un chiodo pesante al muro e puliti alla perfezione gli scarpini, ne appende prima uno e poi l'altro. La società emiliana accetta: può unirsi allo staff di mister Alberto Colombo. Iniziando la scalata verso una carriera da Zanetti numero uno, dopo una da Zanetti numero due o tre.

