C’è un principe norvegese. C’è Gengis Khan. C’è un ragazzino che torna in bici dal lavoro.
Non è un aneddoto né una barzelletta. Si tratta di una squadra che ho visto dominare il Bernabeu 4 mesi fa; una squadra che alla ripresa della Liga è quarta in classifica: è la Real Sociedad. Ed è bellissima .
La squadra di San Sebastian gioca un calcio elegante e piacevole, che le ha permesso di battere l’ Atletico , fermare il Barcellona in casa e di eliminare il Real in Copa del Rey. Una squadra che riluce, con un condottiero che ama stare nell’ombra.
GettyImanol Alguacil , allenatore e artefice del gioco txuri urdin (la lingua basca è magica, ma il soprannome vuol dire semplicemente biancazzurra), è un vero e proprio antieroe, che da quelle parti si sente a casa. Nato a meno di 20 km da San Sebastian, da giocatore ha trascorso più di un decennio sulla fascia destra della Real Sociedad (che, da sempre, va a pescare i talenti migliori della provincia quando sono giovanissimi per farli diventare campioni. Un nome a caso: Xabi Alonso).
Da allenatore, ha preferito somigliare a un pompiere: in servizio per anni nella caserma della Real Sociedad B, ha acceso le sirene per spegnere il fuoco un paio di volte in Prima Squadra. È successo due anni fa con Eusebio, è capitato di nuovo, pochi mesi dopo, con Asier Garitano. Poi è sempre tornato, silenziosamente, in caserma. Finché al club non hanno pensato di tenerlo stabile al comando della prima squadra. Scelta che non ha mutato il suo carattere, tanto che lui stesso ha dichiarato di non volere Messi alla Real Sociedad , perché è sì un fenomeno, ma è “privo della normalità e dell’umiltà che contraddistinguono il suo club”. È un’iperbole, una provocazione: gliela passiamo solo perché ci aiuta a comprendere il suo carattere e i valori del club.
La sua squadra è una perla , come quelle che puoi trovare, a sorpresa, nelle conchiglie (la Playa de la Concha è il simbolo della città e vuol dire, appunto, spiaggia della conchiglia). Personalmente, mi ha meravigliato a Madrid, il 6 febbraio 2020, quando ero a lavorare coi colleghi di DAZN Spagna sulla diretta dei quarti di Copa del Rey.
Ho visto una squadra che dà del tu al pallone, con tanta qualità, che ha ammutolito il Bernabeu, vincendo 4-3 in trasferta , senza la minima paura delle rimonte che tutti (grandi o piccoli) spesso subiscono in quello stadio.
C’era un principino norvegese , Martin Odegaard , che si è liberato di una camiseta blanca che era ancora troppo grande per crescerci dentro: l’aveva indossata già a 15 anni, età in cui venne acquistato dal Real Madrid e ricevette uno stipendio già allora milionario. Dopo alcuni prestiti in Olanda, ha deciso di giocare in Spagna, per abituarsi a quello che sarà il suo calcio quando tornerà al Real Madrid (è in prestito, potrebbe restare a San Sebastian anche l’anno prossimo). Imanol lo ha reso più mezzala che trequartista e lui ha mostrato visione di gioco, dribbling e anche qualche gol: al Bernabeu il 6 febbraio l’aveva aperta lui, in quello che diventerà il suo stadio.
Quando il Real Madrid è partito per assediare gli avversari, ha trovato sulla sua strada Gengis Khan: Alexander Isak ha fatto razzie in campo aperto. Devastante , ha segnato 2 gol, ma potevano essere 5 . Quella sera è stata il simbolo di una grande stagione in cui il 20enne ex Borussia Dortmund (su cui i tedeschi conservano la priorità in caso di futura rivendita, e questo già dice molto…) si è trasformato nel capocannoniere della squadra, mandando in panchina Willian José , uno che in tre stagioni e mezzo ha segnato molti gol e molto pesanti, ricercato da Tottenham e Barcellona. Anche lui è un antieroe, visto che – nonostante i numeri e gli interessamenti – non è mai riuscito a esordire nella nazionale brasiliana .
Getty ImagesIl terzo protagonista di quella sera, per me, è un ragazzino basco, appena maggiorenne, cresciuto nella stessa piccola squadra di Xabi Alonso e preso dalla Real Sociedad ancora 12enne: Ander Barrenetxe a, emblema della cultura txuri urdin. Ha quell’umiltà di cui parlava Imanol per la quale, l’anno scorso, decise una partita contro il Getafe e, dopo la doccia, prese una bici comunale, il bike-sharing di San Sebastian, per tornare a casa . Lui è entrato all’intervallo e, dopo pochi minuti, ha fatto vedere un paio di colpi, finché non ha deciso di prendere la palla, far girare la testa a Nacho e mettere l’assist per lo 0-2 di Isak.
I protagonisti di quella sera non furono solo tre: andò segnò anche Mikel Merino , più a suo agio a San Sebastian che a Dortmund o Newcastle. Eclettico, sta in mezzo al campo, sa essere fondamentale in fase di possesso e, ancor di più, quando la palla ce l’hanno gli altri.
Come lui, in mezzo al campo, c’è un altro giocatore che sembrava un extraterrestre nell’Europeo Under 21 2013 vinto dalla Spagna: Asier Illarramendi . Anche lui ha avuto bisogno di tornare nella casa txuri urdin, dove si sente più a suo agio rispetto al Real Madrid. Ha ritrovato la sua dimensione e sarà a disposizione per questo finale di stagione, dopo un lungo infortunio.
Questa è la squadra anche di Oyarzabal , ala di grande talento che si è guadagnato anche l’esordio (e il gol) con la nazionale spagnola. È stato disciplinato da Imanol in questa stagione, mentre prima sembrava seguire esclusivamente l’istinto. Forse sono ancora troppo belli, troppo attenti a non sporcarsi il vestito, per lottare contro squadre feroci come Getafe e Atletico Madrid per un posto in Champions. Ma è un piacere vedere giocare la Real Sociedad .
Squadra della regione basca, dove la gente è meno espansiva rispetto a come ci immaginiamo chi abita in terra spagnola, ma non per questo sente meno il fuoco delle passioni e del calcio. Da quelle parti hanno il volto velato da un’apparente serietà, che forse è più consapevolezza del fatto che sarà tutta la pioggia che cade su San Sebastian a a far splendere la vegetazione che circonda una città, incastonata tra il verde delle montagne e il blu del golfo di Biscaglia.
E comunque, se piove, basta guardare la Real Sociedad in tv per stare meglio.


