"Avrei voluto dire: 'Ho giocato in Serie A'. Anche solo per vanto. Ma questo non posso dirlo"
"Però puoi dire: 'Ho giocato in Vanuatu'"
La vita non sai mai dove ti porta. Non è mai una linea retta, non è mai quella che ti aspetti. Fai il calciatore e sogni di arrivare in Serie A, vincere la Champions o il Mondiale. Sogni di chiudere la carriera nello stadio che ami, tra gli applausi dei tuoi tifosi. Invece ti puoi ritrovare a finirla su una spiaggia, talmente bella da sembrare in paradiso. Ed essere felice così.
Nicola Princivalli è sempre stato un triestino doc. Uno di quelli che andava allo stadio in curva prima che in campo ci andasse lui. Centrocampista di qualità, abile sui calci piazzati, fa il suo esordio a 18 anni proprio con la maglia della sua squadra del cuore. Un primo grande sogno che si avvera. Un primo grande step, al quale ne fa subito seguito un secondo: quello di allontanarsi dalla sua città.
Princivalli si trasferisce al Messina in comproprietà, un dettaglio, quest'ultimo, che si rivelerà maledettamente decisivo. La seconda stagione in Sicilia si conclude con una storica promozione in Serie A e lui, a 23 anni, si sente pronto per il terzo grande step della sua carriera. E invece no.
"Non è stata una scelta mia... magari - ci ha raccontato Princivalli - purtroppo ero in comproprietà e il presidente della Triestina, che era un mio grande estimatore, ha voluto a tutti i costi riprendermi quando io avevo già un accordo con il Messina per rimanere in Serie A. Ricordo ancora oggi il giorno che mi hanno chiamato per dirmi di tornare alla Trestina, che aveva offerto di più alle buste. Sono rimasto un po' così, perché ero già convinto di potermi giocare le mie chance al Messina. Il presidente Berti era una persona meravigliosa, ma quel giorno là mi ha un po' fregato, togliendomi la possibilità di vedere cosa fosse la Serie A. Forse l'unico rammarico di una carriera della quale non rimpiango niente"
Negli anni il suo nome si lega in maniera ancora più indissolubile a quello di Triestina, con 188 presenze complessive fino al 2012. L'ultima vera esperienza da calciatore prima del ritiro. O almeno questo è quello che pensa. Perché in realtà a Princivalli manca ancora un altro grande step. Uno di quelli che non si mettono in conto quando fai questo mestiere, specialmente in Italia. Eppure lui, che si professa malato di geografia, non poteva non considerarlo.
"Avevo smesso col calcio da un anno. Non riuscivo più a trovare stimoli e avevo detto basta. Poi un giorno su Facebook vedo che il mio ex compagno Shala posta una foto con scritto: 'Pronti per un'avventura dall'altra parte del mondo'. Pensavo stesse andando in Australia. Poi dopo un paio di giorni vedo altre foto di un piccolo arcipelago scattate da un aereo. E mi chiedo: 'Ma dove cazzo è andato questo qua?'. Allora gli ho scritto, e lui mi ha spiegato che era andato in Vanuatu. L'allenatore all'epoca era un italiano, Marco Banchini, che ha chiesto a Shala se voleva fare questa esperienza. Quindi, ridendo e scherzando, gli ho detto: "Portami là con te". Un giorno dopo mi dice: "Va bene, ok". E a quel punto ero dentro"
Così sì va in Vanuatu? All'Amicale Football Club, questo il nome della squadra. Certo... ma non è così semplice. Parliamo veramente di un posto dall'altra parte del mondo, non così per dire. Si trova circa a 1.750 km a est dell'Australia, 500 km a nord est della Nuova Caledonia, a ovest delle Figi e a sud delle Isole Salomone. Guardate la mappa. E sognate. Perché parliamo di un paradiso terrestre.
WikipediaE Princivalli ci va per giocare a calcio. Un calcio diverso. Unico. Lontano anni luce dal calcio che conosciamo.
"Sono finito lì per gioco e tra l'altro sono partito a ridosso del matrimonio. Ma cinque giorni prima che partissi c'è stato il peggior tifone nella storia del Pacifico del sud e l'albergo dove dovevamo stare con mia moglie è stato spazzato via. Quindi lei è dovuta rimanere a casa. Ogni tanto ancora oggi me lo rinfaccia: 'Tu che te ne sei andato prima del matrimonio... '. Quando sono arrivato sull'isola era tutto distrutto. Giocavamo in uno stadio unico nella capitale, tutte le partite si giocavano lì. Le giornate di campionato non sono programmate, le squadre si mettono d'accordo e magari dicono: 'dai, giochiamo domani alle 11'. C'erano solo tre arbitri che si scambiavano i ruoli tra di loro. Per una partita uno faceva l'arbitro e l'altro il guardalinee, quella successiva viceversa. Però c'era tanta gente, venivano anche 2-3 mila persone a vederci giocare. Allenamenti alle 11 di mattina, ma c'era anche chi arrivava dopo o non arrivava proprio"
E poi volete mettere giocare la Champions League alle Isole Figi?
"Sono andato all'Amicale per giocare la Champions d'Oceania che si disputava alle Isole Figi e in tutto sono rimasto due e mesi mezzo. Abbiamo vinto il campionato, quindi nel mio palmares c'è anche uno Scudetto di Vanuatu, mica poco. Ma il grande obiettivo del presidente era vincere la Champions e andare al Mondiale per Club. Siamo stati sfortunati perché abbiamo beccato Auckland nel girone, la squadra più forte. Non siamo passati per differenza reti, tra l'altro tirai una punizione che prese incrocio, linea e poi andò fuori. Ho ancora la foto di quella punizione. Potevamo passare e andarci noi al Mondiale per Club. Sarebbe stato fantastico"
FacebookUna scelta di vita, di sicuro non una scelta di soldi. Condivisa con lui da altri italiani, come per esempio Leonetti, convinto proprio da Princivalli a buttarsi in questa follia. Anche se inizialmente l'obiettivo era un altro...
"All'Amicale ho portato un altro ragazzo di Trieste, Leonetti, perché cercavano una punta. All'inizio avevo chiamato Denis Godeas, grande amico mio, ma lui mi ha risposto "ma sei scemo, neanche morto". Noi avevamo tutto spesato e vivevamo in una villa con piscina, compresi voli di andata e ritorno, più un premio in caso di vittoria della Champions e un rimborso spese simbolico. Sicuramente non andavi lì per i soldi. Gli altri ragazzi della rosa lavoravano per il presidente oppure venivano pagati in cibo"
FacebookDue mesi e mezzo in paradiso prima di dire basta. Stavolta per davvero. Il finale di carriera di Princivalli è comunque un finale da sogno. Impossibile da prevedere ma proprio per questo motivo indimenticabile.
"Dopo l'Amicale ho detto basta. Dopo l'eliminazione della Champions ho preso le scarpe, le ho riempite di sassi e le ho buttate nel mare delle Figi. E' stato questo il finale della mia carriera"
Cosa si può aggiungere a un momento del genere? Nulla. Assolutamente nulla. Oggi Princivalli e il calcio sono due mondi distanti in attesa di ricongiungersi.
"Ho allenato due volte la Triestina, ma c'era sempre scetticismo, nonostante la stima del presidente. Poi sono andato al Cjarlins Muzane in Serie D e ad oggi ho il record di punti, risultati utili e vittorie consecutive. Quindi non so cosa deve fare di più un allenatore per essere riconfermato. Avevamo iniziato a programmare la nuova stagione, ma poi il presidente ha cambiato idea. E quindi queste cose qua ti fanno perdere la passione. Sono laureato in storia dell'arte, ho una casa d'aste d'antiquariato qui a Trieste, quindi per tutta la vita ho studiato anche per questa strada qui. Oggi lavoro con mio padre, non ho l'assillo, mi piacerebbe fare l'allenatore, ma se devo sottostare a queste regole che nemmeno la meritocrazia viene presa in considerazione... allora "vaffa"
In fin dei conti c'è sempre l'opzione Vanuatu...
"Ho ancora i contatti"
E allora chissà. Magari oggi in paradiso serve un allenatore.
