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jose-mourinho-spurs-coach(C)Getty images

Mourinho vede giallorosso: "Roma la sfida più importante, vogliamo titoli"

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Il giorno più atteso al popolo giallorosso è arrivato. Josè Mourinho si presenta ufficialmente come nuovo allenatore della Roma. Per lo Special One si tratta del ritorno in Serie A dopo lo storico Triplete conquistato sulla panchina dell'Inter nella stagione 2009/10.

A rendere ancora più speciale la presentazione di Mourinho è la location scelta per l'evento, ovvero il Campidoglio, sede del Comune di Roma offerto dal sindaco Virginia Raggi per l'occasione.

"Prima di tutto voglio e devo ringraziare i tifosi, perché la reazione al mio arrivo a Roma è stata eccezionale. L'accoglienza è stata emozionante. Il modo in cui i tifosi mi hanno accolto a Roma, ma anche prima, mi ha colpito particolarmente. Perché sono qui? Perché siamo vicini alla statua di Marco Aurelio: "Nulla viene dal nulla. Nulla ritorna nel nulla". E' un significato in linea con quello che vuole la società: vuole costruire un futuro. La parola tempo di solito nel calcio non esiste, ma in questo caso sì: quello che la proprietà vuole non è una serie di successi ora e nulla domani, ma sostenibilità con grande passione. Questa città è stata una ragione per il mio trasferimento alla Roma? No, perché non sono qui in vacanza".

L'Italia è un Paese che vive di calcio, e Mourinho lo sa bene:

"Pressione? Dal mio arrivo a Roma ho dovuto cambiare numero di telefono tre volte. So che non sono una persona molto simpatica quando lavoro, perché io devo difendere il mio club. Il mio primo passo? Conoscere il gruppo. Ci sono dei principi che non sono negoziabili, ovviamente: andare nella direzione dei giocatori? Io preferisco andare nella direzione di tutti. Da quando sono arrivato ho visto una gioia incredibile di lavorare insieme. Arrivare e capire che la gente vuole lavorare insieme è un buon punto di partenza".

Mourinho di fronte a una sfida importantissima per la sua carriera, dopo alcune esperienze in chiaroscuro: in un calcio, quello italiano, che deve lavorare per essere considerato più importante:

"E' la sfida più importante della mia carriera? La prossima sfida è sempre la più importante. In questo caso anche: quando parli del calcio italiano, magari parli dei prossimi campioni d'europa, con la maggior parte dei giocatori che giocano in Serie A. Se non è visto come uno dei principali campionati in Europa, la responsabilità è anche nostra. Io lavoro per la Roma, ma in maniera indiretta per il calcio italiano: dobbiamo dare qualcosa in più. Sono più maturo, il DNA non cambia. Sono quello che sono, sostanzialmente la stessa persona".

Ritornare a vincere, dopo tanti anni, ma con intelligenza:

"Non possiamo sfuggire al fatto che la squadra non vince da tanti anni: ci sono domande che bisogna farsi e a cui bisogna dare delle risposte. Vogliamo arrivare a dei titoli: vincere immediatamente non voglio dire che non succede mai, ma non è sempre così. Parlate sempre di titoli? Noi parliamo di tempo, di progetto e di lavoro. Voi parlate di titoli, noi parliamo di tempo, progetto e lavoro. I titoli arriveranno: la proprietà non vuole un successo isolato. Vuole arrivare a quei livelli e rimanerci. Isolato è più facile. Se vinci poi non hai soldi per gli stipendi. Noi vogliamo essere sostenibili".

Su Spinazzola e Cristante, giocatori della Nazionale che, secondo Mourinho, potrebbe tornare in Italia da Campione d'Europa: un orgoglio per tutti.

"Siamo felici di avere tanti giocatori in una Nazionale che sta facendo molto bene e che ha il 50% di possibilità di tornare in Italia da Campione d'Europa. Questo è un grosso orgoglio per noi. Cristante dimostra chiaramente che è una Nazionale piena di giocatori di talento: solo undici però possono scendere in campo dall'inizio, e Mancini in questo senso non può fare miracoli. Cristante è lì per aiutare e io lo aspetto a braccia aperte. Riguardo Spinazzola, è una situazione triste per tutti noi: è un giocatore molto positivo, ma non lo avremo per molto tempo. Abbiamo un ragazzo molto giovane, Calafiori, che deve lavorare tanto e noi abbiamo fiducia in lui, però abbiamo bisogno di un terzino sinistro."

Undici anni dopo il Triplete: stagioni particolari, quelle all'Inter, caratterizzate da alcune polemiche:

"Io sono l'allenatore della Roma, primo. Non voglio essere nulla di più, perché c'è tanto da fare qui e voglio concentrarmi nel mio lavoro. Voglio semplicemente essere questo. Se come conseguenza del nostro lavoro nel club noi possiamo dare qualcosa in più al calcio italiano, fantastico. Per difendere i miei farò di tutto. Per cercare io dei problemi no: mi voglio divertire, e penso che possiamo divertirci tutti, ma non ho tempo per cercare problemi. Sono una vittima di quello che ho fatto, di come la gente mi guarda. Se non vincevo era la fine del mondo per gli altri. Al Manchester ho vinto tre titoli ed è stato un disastro".

Sicuro, risponde anche a chi pensa che Mourinho sia in una fase non al top della sua carriera:

"I miei ultimi tre club hanno vinto uno scudetto con il Chelsea, tre coppe con il Manchester United, una finale con il Tottenham. Quello che per me è un disastro, altri non lo hanno mai fatto nella vita. E’ così, è colpa mia. Non voglio la Roma di Mourinho, ma la Roma dei romanisti. Io sono uno in più. Non mi piace sentir parlare della "Roma di Mourinho".

Tra idea tattica, scelta del capitano e alcuni singoli: il lavoro passa dalla conoscenza dei giocatori a disposizione:

"Abbiamo un'idea tattica, ma deve essere lavorata ogni giorno e bisogna capire come  far esprimere i calciatori al massimo. Non voglio che giochino dove non gli piace. Il miglior modo per andare al massimo è quello di metterli nella loro posizione. La fascia a Dzeko? Non rispondo, non devo dire quello che faccio, con chi parlo e quando. Sono antipatico, ma non voglio condividere quello che faccio. La società, sul capitano, lo dovrà sapere sempre prima di voi. Zaniolo? E' un talento fantastico. Sapevo cos’è successo per gli infortuni, dobbiamo trovare un ruolo nelle dinamiche di gioco. Non solamente per lui, ma per tutti. E’ importante un’idea di gioco dove il calciatore sia felice".

Al termine del contratto, tra tre anni, Mourinho spera di aver compiuto la sua missione:

"Tra tre anni come vedo la mia Roma? Festeggiando. Per cosa? Qualsiasi cosa".

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