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Milan Skriniar InterGetty

Tra perplessità e punto di non ritorno: il "rosso d'addio" di Skriniar all'Inter

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Presto o tardi, la sua finirà tra le tante storie di amori calcistici "finiti male", lacerati dagli eventi e dalla cura che, soprattutto nell'ultimo periodo, il suo rapporto con la squadra che rappresenta non ha ricevuto, al di là della forma. Il saluto di Milan Skriniar all'Inter potrebbe essere stato un rosso. Uno scialbo e apatico cartellino rosso.

Qualcuno direbbe che c'è amore persino in un'espulsione, per quanto incomprensibile: ha provato a darle un senso a fine partita Simone Inzaghi, che al difensore slovacco ha affidato le sue speranze e la fascia da capitano, dopo il passaggio di consegne che Samir Handanovic è stato costretto a mettere in pratica, lasciando il posto ad André Onana in porta. Non è bastato.

"Devo rivedere i due falli: al momento dell'espulsione sono rimasto perplesso".

Quelle rilasciate a DAZN non sono solo le parole di un allenatore, ma di un amico: una guida umana. Una persona che, quotidianamente, negli ultimi mesi si è rapportata con un professionista dal futuro costantemente incerto, ma comunque con la fascia al braccio. E, soprattutto, sono anche le dichiarazioni di qualsiasi interista al momento del cartellino rosso sventolato da Rapuano.

“È un professionista esemplare: questa situazione è una via di mezzo che non aiuta il giocatore né noi".

Quella della “via di mezzo” è, invece e probabilmente, la migliore delle definizioni a disposizione per descrivere quanto vissuto da Milan Srkiniar dalla scorsa estate. Più o meno da quando l’amministratore delegato Beppe Marotta ha svelato, e confermato, l’interesse estivo del PSG.

"La proprietà ha esplicitato la volontà di non farsi lusingare dalle richieste del PSG: avvieremo quanto prima un dialogo per vincolarlo all'Inter per tanti anni. Rimarrà certamente".

Ecco: sta proprio nel concetto di “lusinga”, forse, la chiave per comprendere il peccato originale alla base di tutto. Perché Skriniar sì, è rimasto “certamente”, come annunciato da Marotta ad agosto, ma a quale costo? E per quanto?

Nell’intervento in gioco pericoloso su Ciccio Caputo (tradotto: un calcio volante da ammonito) c’è, invece, della confusione palese ed evidente che poco o nulla corrisponde a quanto mostrato sul campo negli anni da uno dei difensori più educati (pur ruvido) dell’intera Serie A, alimentata dal fuoco su cui nel corso delle settimane hanno soffiato tutti, Christophe Galtier compreso. Vecchia volpe. “Non so se arriverà in estate o già a gennaio”, ha spiegato pochi giorni fa. O adesso o più tardi: tertium non datur. Quasi non esistesse possibilità di permanenza. Annullata, infine, dalle parole di Roberto Sistici, l’agente, rimbalzate sui social, e non solo, proprio mentre Skriniar stava per affrontare una delle gare che, al di là di tutto, segneranno la sua carriera.

“Al momento non c’è la possibilità di un rinnovo: la verità è che la decisione di metterlo sul mercato è stata presa quest’estate dall’Inter, non dal giocatore. Certe strumentalizzazioni, che evidentemente non dipendono da noi, non fanno il bene del calciatore e crediamo anche che impediscano la giusta serenità che merita la squadra”, ha raccontato a Telenord.

In linea con quanto affermato da Inzaghi, poche ore dopo: non sono bastate, insomma, le lunghe giornate volte a trovare un accordo tra le parti, in trattativa da mesi. Non è servita neanche la "maieutica marottiana": il difensore slovacco non ha trovato, in se stesso, una risposta positiva in tempi celeri.

L’Inter non ha perso contro l’Empoli “per colpa” dell’espulsione di Skriniar. O almeno, non solo: certo è che qualcosa ha prodotto, quel cartellino rosso lì. Una frattura nell’animo degli interisti che lo hanno visto festeggiare, con la fascia da capitano al braccio, pochi giorni fa a Riyad in Supercoppa, nel Derby contro il Milan, e che lo hanno visto uscire da San Siro spiazzati dalla freddezza di un evento che potrebbe passare alla storia come il saluto di uno dei simboli nerazzurri, salvo colpi di scena. Si dice che a una relazione finita non corrisponde né un lieto fine né una fine violenta, quanto una fine. E basta.

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