Alla fine degli anni Novanta, la parola di Dejan Savicevic poteva tranquillamente essere considerata alla stregua di quella di un profeta, sceso in terra a portare in dono il calcio al popolo: fondamentale quanto chiacchierato. Comunque, insostituibile.
Savicevic, non certo il tipo che accettava di buon grado l'essere secondo a qualcuno, fece da apripista a una tendenza che, fortunatamente, lasciò presto il passo ad altro, tanto è stata estemporanea: i consigli per gli acquisti. E' il gennaio del 1997, il Milan non viveva la sua migliore stagione: lui andò dalla dirigenza rossonera, suggerendo il suo nome. "Prendete Miodrag Vukotic". Il club accettò.
George Weah, suo compagno di squadra al Milan, lo seguì a ruota nell'estate successiva: "Prendete Zizi". A Milano accettarono anche in questo caso. Risultato? Zero presenze e un mucchio di prestiti per quello che, ancora oggi, è considerato sia un attaccante che un difensore. Un oggetto misterioso.
Come Zizi Roberts, Vukotic non vantava certo un curriculum illustre: aveva giocato, da difensore, al Buducnost Podgorica e al Vojvodina, senza svolte clamorose. L'unica? L'aver incrociato più volte, in patria, Savicevic. Tramite importante. Arrivato a Milano lo guardano, lo analizzano. Sacchi lo studia: in dirigenza decidono di ingaggiarlo: "E' bravo", assicura "Il Genio". Niente.
Entrato a Milanello ha lo sguardo di un bambino nel paese dei balocchi, nello spogliatoio ammira Baresi, Maldini e Costacurta: deve essere un sogno. Lo è, effettivamente. Sacchi prima ne apprezza le doti fisiche, poi deve ricredersi, non riuscendo a inserirlo nel suo gioco. Forse per la scarsa velocità.
Viene schierato in un'amichevole contro il Chelsea, a febbraio, a San Siro: gioca pure benino, servendo un assist a Dugarry, ma non basta: la stagione termina con zero presenze in gare ufficiali. Perennemente scortato da Savicevic, si fa forza: il Milan in estate trova un acquirente.
L'Empoli di Luciano Spalletti, neopromosso in Serie A, è alla ricerca di un difensore da affiancare a Marco Pecorari, in una rosa quasi interamente composta da italiani: nel precampionato non convince. Ma la stagione è lunga, no?
Spalletti lo manda in campo all'esordio contro la Roma, al Castellani, gli ultimi cinque minuti: quelli che, a conti fatti, restano i primi e gli ultimi accumulati in Serie A. A gennaio ritorna al Milan che lo cede in Svizzera, allo Young Boys. Il resto della carriera non sarà indimenticabile.
Dal 2018 allena l'Under 21 del Montenegro, avversaria dell'Italia di Paolo Nicolato nella seconda sfida per le qualificazioni agli Europei: ripenserà alla sua esperienza italiana. Alle settimane al Milan e all'unica gara, disputata con l'Empoli. Breve, ma intensa.
